Affidabilità e lavoro

Questo articolo potrebbe intitolarsi “Perché tanti non trovano lavoro?” e parla di piccoli banali comportamenti che molti tengono regolarmente e che garantiscono il mancato accesso a un buon posto di lavoro. Per non parlare del passaparola, che in contesti piccoli come il nostro è molto rilevante.

Troverete sul web decine di articoli (tutti utili e validi) pieni di consigli su come prepararsi, come vestirsi, cosa dire e cosa non dire, come gestire il linguaggio del corpo e come salutare, ma qui parleremo di quella qualità, l’affidabilità, che è indispensabile prima di tutto il resto, per essere presi in considerazione da un datore di lavoro.

Dall’esperienza acquisita in anni di attività organizzate qui all’Informagiovani e dal confronto con numerosi datori di lavoro locali, emerge che molte persone, che pure si sono dichiarate in cerca (a volte urgentissima) di lavoro, di fatto non sembrano proprio interessate nemmeno a sostenere un colloquio.

Ecco i comportamenti che vi tagliano fuori dal mercato del lavoro (o che tagliano fuori i vostri figli, nipoti, amici):

Non rispondere alle telefonate
Avete inviato il vostro cv con i vostri contatti a diverse aziende, agenzie, banche dati: se il numero che avete dato è corretto (e capita che non lo sia), poi dovreste anche rispondere al telefono, anche se il numero che compare non è dell’amico o della mamma.
Nel caso in cui non abbiate sentito, o vi troviate impossibilitati a rispondere, è buona abitudine richiamare dicendo “Sono Tizio, ho ricevuto una chiamata da questo numero, potrei sapere chi mi ha cercato?”. Ricordatevi che a meno che non siate programmatori altamente specializzati o artisti di fama internazionale, nessuno vi richiamerà più volte.

Non saper chiedere maggiori informazioni o non saper rifiutare l’offerta
Siete al telefono con un possibile datore di lavoro: è il momento di valutare se è il caso di andare a fare il colloquio. Per far questo vi servono alcune informazioni di base: di che azienda si tratta, per che tipo di lavoro vi contattano, e quali sono i requisiti richiesti.
Chiedete con educazione queste informazioni e i contatti di chi vi sta chiamando, poi decidete cosa fare: se siete convinti che non fa per voi, rifiutate gentilmente e salutate, sarà per la prossima volta. Niente è più irritante di chi si assicura interessatissimo e disponibile, e poi scompare (vedi capitolo sotto).

Non presentarsi al colloquio
Dopo aver concordato un appuntamento, organizzatevi per andarci, altrimenti non ci arriverete, o non ci arriverete in tempo (arrivare puntuali significa essere già sul posto per l’orario concordato).
Assicuratevi di aver capito dove dovete andare (dovete farlo almeno il giorno prima): nonostante pensiate di conoscere la vostra città, ci sono zone e vie dove non siete mai stati, e ci metterete più del tempo che impiegate di solito per i vostri spostamenti.
Nel caso in cui siate costretti a non andare per qualche urgenza, è indispensabile contattare l’azienda il prima possibile (e non mezz’ora dopo il vostro appuntamento) e avvertire. Non aspettate che vi chiami chi sta attendendo il vostro arrivo: oltre a dimostrarvi inaffidabili, passerete da maleducati, e avrete chiuso con quella azienda, e non solo. Tra l’altro, il messaggio che arriva al vostro interlocutore è: se non vi presentate nemmeno al colloquio, figurarsi se poi avrete tempo e modo di andare a lavorare ogni giorno.

Ecco, l’affidabilità è tutto questo: essere in grado di rispettare un impegno preso, valutare le proprie capacità e interessi, rispondere ai contatti indicati in tempi adeguati.
L’affidabilità è anche saper gestire i piccoli inconvenienti che possono accadere a tutti, senza lasciare in difficoltà il nostro interlocutore, o fargli perdere tempo inutilmente.

Non è poi così difficile, basta organizzarsi un po’ e ricordarsi che il tempo degli altri vale (almeno) quanto il nostro.

Licenziamento: come uscirne (quasi) indenni

Trovare IL lavoro, si sa, è impresa ardua, e come se non bastasse capita anche di dover fare i conti con una realtà ancora più avvilente: quella del licenziamento.

Dato che il lavoro, meta delle strade che abbiamo scelto di percorrere (o che in alcuni casi abbiamo intrapreso senza troppa consapevolezza), plasma la nostra identità, ci definisce come cittadini e, ultimo ma non meno importante, ci fornisce una fonte di reddito, quando si riceve il benservito è facile scivolare nell’apatia e mettere in discussione se stessi; la tentazione di sentirsi completamente inadeguati è molto forte e può diventare una sorta di autentico lutto, soprattutto per quelle situazioni lavorative che si credevano consolidate.

Il periodo di crisi economica, insieme alla realtà che continua ad avanzare verso nuovi modi di concepire il lavoro, non potevano che lasciarsi dietro scie di dispersi, ma ciò non significa che non ci si possa “ritrovare”.  Dal canto nostro, vogliamo darvi alcuni consigli:

Non perdete tempo: dopo il licenziamento è normale sentirsi svuotati e con la sola voglia di piangersi addosso, ma questo è il momento in cui è più che mai vietato lasciarsi andare.
Datevi giusto qualche giorno per superare lo shock iniziale, poi dedicatevi alla cura del vostro curriculum, aggiornatevi e studiate i modi più innovativi per scriverlo – qualche idea possiamo darvela anche noi – cimentatevi nella creazione di un video cv e visionatene molti per prendere spunto (e anche per divertirvi un po’: alcuni, come questo, sono delle vere e proprie chicche).
Imparate a scrivere una lettera (o meglio, una mail) di presentazione e impegnatevi a migliorare la vostra formazione: che si tratti di un nuovo hobby o di veri e propri corsi atti a sviluppare una qualche competenza o addirittura a ottenere una qualifica professionale, non fatevi sfuggire l’occasione di imparare e, conseguentemente, rendervi più appetibili per il mondo del lavoro. Se vi serve qualche spunto, provate a dare un’occhiata alla nostra sezione sui corsi di formazione.

Create un piano con delle scadenze: sul filone del punto precedente, il nostro consiglio è sostanzialmente quello di non lasciarsi andare al “caos”. Rispettare una di tabella di marcia da voi ideata, con i vostri tempi e gli obiettivi che desiderate perseguire, vi aiuterà ad affrontare con una sorta di paracadute il salto tra la realtà scandita da ritmi ben definiti, come quella della maggior parte degli impieghi e il periodo di vacanza-che-vacanza-non-è (non lasciatevi ingannare) nel quale vi siete vostro malgrado ritrovati.

Fatevene una ragione: sono molte le cause per le quali si può ricevere la famigerata lettera di licenziamento. Esclusi i motivi per i quali sospettate sia stato leso qualche vostro diritto (in questo caso un’altra raccomandazione: agite! Non fatevi scoraggiare da fantomatiche spese da sostenere o tempi lunghissimi. Provare almeno a informarsi potrebbe svelare che situazioni apparentemente irrisolvibili possono essere dipanate più o meno con facilità), ciò è dovuto anche al fatto che il mondo del lavoro è diventato molto più fluido rispetto a qualche anno fa: dandoci un po’ da fare con la metafora, si è passati dall’impiego-roccia, al quale si poteva restare abbarbicati più o meno per tutta la vita, al lavoro-acqua, multiforme, che richiede molta più capacità di adattamento e che, soprattutto, difficilmente resterà sempre uguale a se stesso e soprattutto sempre LO stesso.
Prendere coscienza di ciò può dare la forza di reinventarsi e di sviluppare delle abilità o competenze che magari erano state tralasciate e che possono invece rivelarsi necessarie per affrontare il mondo del lavoro attuale, sempre più “smart” e orientato all’ IT.

E per ultimo ricordate: anche noi possiamo aiutarvi! Che siate alla ricerca di un nuovo lavoro dopo aver perso il precedente o che dobbiate trovare il vostro primo impiego, o che magari stiate vagando alla ricerca della vostra strada in seguito a una crisi esistenziale, venite a trovarci! Possiamo aggiornarvi sulle ultime opportunità, confrontarci con voi e consigliarvi sulle vostre idee.

Non perdete l’occasione di scoprire nuove possibilità!

I voucher tornano sul mercato

Aboliti a marzo (decreto legge n. 25/2017), i nuovi “voucher” sono stati reintrodotti sul mercato a partire dal 10 luglio scorso.

La legge di conversione del decreto 50/2017, approvata in Senato il 15 giugno scorso, introduce la “nuova disciplina delle prestazioni occasionali”.

La novità principale è dovuta alla differente modalità di ricorso al lavoro occasionale a seconda della natura giuridica del committente (persona fisica, azienda o pubblica amministrazione).

Il libretto di famiglia (Lf) e il contratto di prestazione occasionale (Cpo) sono le due formule, rivolte rispettivamente a famiglie e imprese, approvate dal governo per il pagamento dei lavori occasionali.

Le famiglie possono utilizzare i voucher per pagare lavori come le pulizie domestiche, le ripetizioni scolastiche, il giardinaggio o piccole manutenzioni.

Non si userà più il buono cartaceo che si comprava in tabaccheria; infatti ora il datore di lavoro verserà con un F24 una somma nelle casse dell’Inps e avrà un conto da cui provvederà a pagare le prestazioni entro il giorno 15 del mese successivo.

Il libretto famiglia, gestito on line dall’INPS, è un deposito prepagato contenente dei buoni del valore di 10 euro (8 euro netti), ognuno dei quali potrà essere utilizzato per pagare solo un’ora di lavoro.

Le imprese che possono ricorrere al contratto di prestazione occasionale sono solo le micro imprese, cioè quelle con non più di 5 dipendenti e tutti assunti a tempo indeterminato.

Non possono utilizzare i voucher, invece, le imprese dell’edilizia, quelle del settore minerario e lapideo e le imprese vincitrici di appalti sia di opere sia di servizi.

Ogni datore di lavoro può spendere in voucher, tra tutti i collaboratori che paga in questo modo, fino a un massimo di 5.000 euro in un anno.

Il costo orario è diverso da quello dei collaboratori familiari ed è di 9 euro.

Indipendentemente dalle ore effettivamente svolte, l’importo del compenso giornaliero non può essere inferiore alla misura minima fissata per la remunerazione di 4 ore lavorative, ovvero 36 euro.

Sia che si tratti di una famiglia sia che si tratti di un’impresa, chi paga in voucher da oggi deve iscriversi sul sito dell’Inps o attraverso il call center dell’istituto previdenziale.

Anche il lavoratore deve registrarsi sullo stesso sito e dichiarare come preferisce essere pagato: sul conto corrente, dichiarando l’IBAN; su una carta di credito, su un libretto postale o con un bonifico a domicilio.

Il voucher prevede l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e il pagamento dei contributi volontari nella gestione separata.

Allo stesso tempo il lavoratore pagato con voucher ha dei limiti allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Può guadagnare al massimo 5000 euro in un anno attraverso lo strumento del voucher e può lavorare al massimo per 2 datori di lavoro. Questi redditi non sono tassati ai fini Irpef, ma contribuiscono al calcolo del reddito necessario per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno e non modificano lo status di disoccupato.

Può svolgere al massimo 280 ore in regime di voucher in un anno.

La mancata osservazione dei limiti imposti per legge comporta delle sanzioni.

Continueremo a tenervi aggiornati sull’argomento.

Il lavoro che ci sta a cuore

Che cosa ci fa stare bene nel nostro lavoro? La risposta meno nobile, forse più immediata è “lo stipendio”. Quanto guadagniamo è (troppo) spesso il metro di misurazione della nostra felicità. Ci siamo abituati così soprattutto da quando abbiamo cominciato a trovare soddisfazione nelle cose che compriamo più che nelle esperienze che viviamo. E, si sa, per comprare le cose servono i soldi.

Altri, in maniera più nobile, potrebbero dare come risposta la possibilità di mettere in campo le proprie competenze, di sviluppare la propria professionalità; certamente è uno degli obiettivi che possiamo darci quando lavoriamo ma io credo che non sia sufficiente. Può bastare per il primo periodo, per superare tutta una fase iniziale in cui è più quello che impariamo di ciò che possiamo dare. A un certo punto della propria carriera professionale, seppur frammentata oggi tra esperienze e luoghi diversi, viene da chiedersi un intimo e grande: “perchè”?

Ecco, la risposta a quel perché non può essere trovata solo in noi stessi, dobbiamo allargare l’orizzonte e provare a capire se il senso del nostro lavoro può risiedere anche in altro. Credo (ma non ne sono sicuro perché non è il mio mestiere) che questo senso o motivazione ulteriore, per esempio, un medico lo possa trovare nel guarire le persone, un ricercatore o uno scienziato nel far progredire l’umanità, un insegnante nell’educare. Ma tutti gli altri? La risposta, in parte, si può trovare in questo aneddoto, tornato alla ribalta pochi giorni fa. Quando John Fitzgerald Kennedy visitò la Nasa, vide un uomo delle pulizie con una scopa in mano e gli chiese cosa stesse facendo. L’uomo gli rispose: ‘Signor Presidente, sto contribuendo a mandare un uomo sulla luna’. Avere uno scopo è quella sensazione di appartenere a qualcosa di più grande di noi, di essere necessari, di lavorare per qualcosa di meglio. Lo scopo è ciò che crea la vera felicità.

L’aneddoto è tornato in auge alla notizia che Facebook, secondo un’indagine del sito Grassdoor, risulta essere una delle aziende più apprezzate da chi ci lavora o vuole lavorarci. Il motivo fondamentale, secondo il fondatore del sociale network, è che chi sta in Facebook sente di appartenere a un progetto e a uno scopo che va oltre il denaro, le proprie competenze, la propria persona. Intervistato, un ingegnere di Facebook afferma che “la cosa davvero interessante è che siamo motivati costantemente a risolvere i problemi che ci stanno più a cuore”.

Credo che fare e impegnarsi per le cose che ci stanno più a cuore sia anche il segreto per costruire la propria carriera professionale fin dall’inizio, da quando andiamo a scuola o affrontiamo l’università A volte può sembrare paradossale, altre ci sembrerà di sprecare tempo, altre ancora penseremo che ci stiamo dedicando a qualcosa che è un passatempo e non un lavoro. Ma, sul lungo periodo, occuparci delle cose che maggiormente amiamo sarà un successo.

Smart Working: come il futuro ci renderà lavoratori intelligenti.

Cosa viene in mente quando si pensa alla parola ” lavoro “? Diciamoci la verità, la maggior parte di noi si figura la classica scrivania sotto la quale dover tenere i piedi dalle 9.00 alle 18.00, o comunque un posto in cui ci si deve recare fisicamente e in cui si deve restare per un periodo  prefissato di tempo.

Il suo opposto (ma è anche molto più di questo) si definisce invece Smart Working.
Ma partiamo dall’inizio: cosa significa Smart Working?

Ringraziando il super smart blog Medium, riportiamo testualmente la definizione che ne dà: ” Lo Smart Working è una pratica che si sta diffondendo sempre di più nelle società che operano nei cosiddetti Knowledge Works, o lavori di ingegno. Cioè tutti quegli ambiti lavorativi (grafica, design, sviluppo software, consulenza) che si basano, prevalentemente, sull’ uso del proprio cervello coadiuvato da strumenti digitali e software e che non hanno necessità, se non saltuariamente, di accedere a strumentazioni fisiche vere e proprie […] “.

Questa nuova (almeno in Italia) forma di lavoro – che dal mese di maggio è ufficialmente regolamentata e tutelata dallo Stato – si regge su alcune caratteristiche:

  • È flessibile: lo smart worker utilizza gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione per lavorare non più solo in ufficio – e nemmeno più solo in casa, perché smart working e telelavoro non sono sinonimi!- ma ovunque ci sia la possibilità di praticare il cloud computing (che, detto in maniera molto povera, sta a significare l’utilizzo di servizi in modalità remota grazie a software e spazi di archiviazione accessibili ovunque, con una semplice connessione Internet. Per chi vuole saperne di più, ecco maggiori info) quindi bar, biblioteche, spazi di coworking e chi più ne ha più ne metta.
    Flessibilità è anche quella oraria: con lo smart working i vincoli di orario perdono un po’ del loro significato, mentre assume molta più importanza il lavorare per un progetto o per un obiettivo.
  • Ha bisogno del supporto di alcune tecnologie: quella del cloud computing, come appena visto, ma anche quella delle mobile business application, applicazioni cioè che consentono di gestire completamente il lavoro, dalla customer relationship management alla logistica, a prescindere dal luogo in cui ci si trova.
    Inoltre, dato che lo smart working vive all’interno della dinamica aziendale e non può prescindere da questa, saranno necessarie tecnologie che consentano la comunicazione e il contatto tra colleghi in maniera costante e praticamente istantanea anche se non ci si trova fisicamente negli stessi luoghi: da qui si comprende quanto sia importante la tecnologia del social computing, cioè della connessione tra individui in rete.

Insomma, lo Smart Working sembra rappresentare il futuro, un futuro che con l’aiuto della tecnologia sta creando un lavoro sempre più agile, snello, connesso, – smart – se si vuole utilizzare l’invidiabile efficacia della sintesi anglosassone. Un lavoro che, pur restando inserito all’interno di una dinamica aziendale, “dona” una libertà abbastanza simile a quella del libero professionista.

Ma il cambiamento che forse non salta agli occhi è sicuramente quello più importante: fatti fuori i vincoli di orario e di presenza in una sede fisica, l’asse portante della definizione di “lavoratore” si sposta dai doveri di tempo e presenza in un dato luogo, a quello di maggiore responsabilità che il lavoratore, grazie alle sue nuove libertà dovrà assumersi, in quanto, ovviamente, la mancanza di “vincoli” non deve impattare sulle performance richieste dall’ azienda.

La direzione intrapresa quindi, sembra proprio quella che renderà i lavoratori più consapevoli e orientati al risultato, piuttosto che al tempo, e anche se questa rivoluzione (perché tale è la portata del cambiamento) non sarà immediata, non dovrà trovarci impreparati, soprattutto chi nel mondo del lavoro dovrà vivere ancora per molti anni.

Dal canto nostro, vi aspettiamo all’Informagiovani, dato che il nostro spazio è utilizzabile anche per lavorare!
Che siate degli smart worker in cerca di un luogo tranquillo o un aspirante libero professionista che ha bisogno di un posto ben attrezzato in cui cercare ispirazione e iniziare a muovere i primi passi, ma anche se fate parte di un gruppo di studio o di persone con in mente un progetto da far decollare, venite a trovarci durante i nostri orari di apertura, perché diventare smart è più facile di quanto sembra!

L’autovalutazione delle competenze: viaggio tra realtà e immaginazione.

Quante volte abbiamo letto, detto o sentito: “Se non sei tu il primo ad apprezzarti, non pretendere che lo facciano gli altri”?

Mentre questo è vero per alcune persone, altre non hanno bisogno dell’incoraggiamento della frase sopra citata, in quanto sono fin troppo “abili” a percepirsi come super: in sostanza, l’errata valutazione di se stessi e delle proprie competenze è all’ordine del giorno.

Senza andare a disturbare l’ Effetto Dunning-Kruger – una distorsione del pensiero dalle conseguenze talvolta esilaranti che porta a credere di avere conoscenze e abilità delle quali si è invece totalmente privi o quasi – capita spesso di non riuscire a valutare con la necessaria freddezza ed oggettività le proprie competenze (che, ricordiamo, consistono in quell’insieme di conoscenze ed esperienze tali da permettere di svolgere una certa mansione con risultati efficaci. Niente che si possa improvvisare, insomma).

Quando accade che siamo un po’ troppo benevoli con noi stessi la cantonata è dietro l’angolo e se non si è abbastanza pronti a riconoscere i propri limiti per ridimensionarsi e migliorarsi le cose non potranno che peggiorare; paradossalmente (oppure no?) è stato dimostrato proprio dai due psicologi Dunning e Kruger che la non consapevolezza delle proprie voragini è quasi sempre accompagnata da una assoluta sicurezza nell’atteggiamento, solidità e alta valutazione delle proprie competenze.

Altrettanto drammatica è la situazione inversa: quella dell’insicurezza che porta a sottostimare le proprie capacità (soprattutto in relazione agli altri) e che fa sentire non all’altezza di una determinata prova o situazione, fino ad arrivare a dei blocchi che causano una autentica e costante infelicità.

Ma lasciandoci alle spalle questi due estremi, alla maggior parte delle persone capita di oscillare tra momenti di fiducia nelle proprie abilità e altri in cui si ha l’impressione di trovarsi di fronte a delle prove (esami, colloqui) insormontabili.

Quindi come si fa a raggiungere il Nirvana della giusta percezione delle proprie competenze?

Come tutte le cose belle e durature, dietro c’è sempre tanto lavoro da fare: in questo caso, solo lo studio e la relativa pratica fanno sì che alla fine quelle competenze le facciamo nostre sul serio e sappiamo anche valutarne il livello; questo perché solo sapendo come si fa un certo lavoro si è in grado di sapere se lo si sta svolgendo bene o male.

Lo studio e la pratica daranno inoltre il La per un’altra questione fondamentale, che è quella del confronto con gli altri: se si è in grado di tenere sempre occhi e mente aperti, si potrà mettere in moto quel circolo virtuoso (e sottolineiamo virtuoso!) di confronto con i nostri colleghi e aspiranti tali, dai quali possiamo sia imparare come svolgere al meglio una certa mansione, che acquisire gli strumenti per valutarci in relazione a loro.
Insomma, l’unico modo per non perdere il contatto con la realtà e precipitare in uno dei due estremi è quello di stare sempre a contatto con gli altri, soprattutto di chi potrebbe saperne più di noi.

E voi, come valutate le vostre competenze?

Vi aspettiamo all’Informagiovani  per aiutarvi ad acquisire gli strumenti necessari a valutarsi correttamente e per darvi consigli su come arricchire il vostro bagaglio di esperienze, conoscenze, abilità, insomma di competenze necessarie a non farsi trovare mai più (inconsapevolmente) impreparati!

Come lavorare in ristoranti e alberghi

Come ogni anno la richiesta che arriva più o meno in massa in questo periodo è quella relativa alla ricerca di un lavoro per l’estate. Cercano lavoro gli studenti che vedono la fine (più o meno) delle lezioni, i ragazzi e le ragazze che vogliono mettere da parte qualche soldo per realizzare un proprio desiderio; cercano lavoro anche tutte quelle persone che non hanno ancora trovato una situazione lavorativa stabile e sanno che durante l’estate le occasioni possono essere maggiori in contesti turistici come quello in cui viviamo.

Insomma, a dispetto delle aspettative, gli ultimi giorni prima della piena estate, possono essere quelli in cui si può approfittare di occasioni last-minute nel mondo del lavoro. Una di queste occasioni è sicuramente l’evento che abbiamo organizzato in collaborazione con HR staff solution (questa la loro pagina Facebook) in calendario per il prossimo 30 maggio. HR staff solution è un’iniziativa di tre giovani provenienti dal mondo della ristorazione. Il loro obiettivo è quello di mettere in contatto chi sta cercando lavoro nel settore Ho.Re.Ca. (hotel, restaurant e catering, ndr) con gli operatori del settore (bar, ristoranti, alberghi, caffetteria e tutti i posti in cui ci sia bisogno di preparare e servire pasti al pubblico). Nel farlo mettono in campo la loro consocenza del mercato, l’esperienza maturata come operatori del settore e anche la garanzia di un livello di qualità per entrambe le parti (datore e prestatore di lavoro). L’offerta prevede sia lavori di carattere più duraturo, come può essere il lavoro stagionale, ma anche esperienze più brevi come quelli di lavoro extra.

Che cosa accadrà il prossimo 30 maggio? Ci sarà l’occasione di conoscere meglio e più da vicino le attività di HR staff solution: saranno presenti i fondatori di questa iniziativa che presenteranno le figure che stanno cercando e le posizioni ancora aperte per le quali ci si può candidare. A loro potrete rivolgere domande e chiedere chiarimenti sugli aspetti della proposta e il contenuto di lavoro e mansioni offerte. Ma non finisce qui! Perché durante l’evento sarà possibile candidarsi per le posizioni per le quali è aperta la ricerca e fare subito un primo colloquio di selezione. Alcuni di voi potrebbero essere scelti fin da subito per lavorare! In un’unica occasione avrete la possibilità di entrare in contatto con gran parte del mondo fatto di ristoranti e alberghi senza la necessità di doverli contattare singolarmente o andare a caccia di annunci di lavoro singoli.

Che cosa fare per approfittare?

  1. vai all’indirizzo informagiovaniancona.com/horeca e prenota il tuo posto (è gratuito ma i posti sono limitati!)
  2. prepara il tuo cv nel migliore dei modi e stampane una copia (se non sai come farlo chiedi a noi o vieni a trovarci!)
  3. segna in agenda l’appuntamento: martedì 30 maggio alle 16.30 presso l’Informagiovani

Potrebbe essere l’occasione che aspettavi da tempo, non mancarla! Ti aspettiamo !

Attenzione: per partecipare alla selezione è necessario essere maggiorenni

Il cv è un libretto delle istruzioni

Se c’è un lavoro che non smettiamo mai di fare è quello di aiutare le persone a scrivere al meglio il proprio cv. Questo documento, di cui tutti cominciamo a sentir parlare quando si avvicina l’età per lavorare, pare resistere nonostante la digitalizzazione ne abbia cambiato parecchio la sua funzione.

Il cv rimane, a mio modo di vedere, il documento con il quale ci presentiamo in una maniera completa e, soprattutto tecnica. Mi è venuto in mente che potremmo associarlo, per metafora, a un libretto delle istruzioni. Il cv è il libretto delle istruzioni della nostra sfera professionale: è lì che raccontiamo quali caratteristiche abbiamo, quali funzioni potremmo svolgere e anche, se siamo bravi, a quali bisogni sappiamo rispondere. Se ci fate caso i libretti delle istruzioni hanno tutti la stessa impostazione: c’è un indice, un glossario e quelli meglio redatti hanno spiegazioni semplici, chiare e veloci da leggere. Dentro questa generalizzazione ci sono poi anche casi estremi: i libretti istruzioni di Ikea sono senza istruzioni scritte, mentre se comprate un apparecchio meccanico tedesco il libretto delle istruzioni parte da almeno 300 pagine scritte.

Il nostro cv dovrebbe stare un po’ nel mezzo, senza disdegnare qualche passo nella creatività per attirare l’attenzione e concedendo qualcosa in più di scritto quando si raccontano progetti e attività interessanti. Fin qui il ragionamento non fa una piega. Poi l’altro giorno, dopo averla aiutata nella stesura del cv, parlo con una persona (a dir la verità con un senso pratico molto spicciolo, diciamo così) e mi chiede: ma tutte queste cose chi le legge? Interessano davvero?

Non so voi, ma in effetti personalmente non ho mai dato troppa attenzione ai libretti delle istruzioni. Mio malgrado perché poi mi sono trovato sempre in difficoltà e ci sono dovuto tornare successivamente, sprecando tempo ed energie. Ma questo non credo sia il comportamento più adottato dai datori di lavoro o da chiunque debba scegliere delle persone per ruoli di piccola o grande responsabilità. Le persone non sono un armadio dell’Ikea o una macchina tedesca: le “istruzioni” servono a capire meglio come, quella professionalità, ci può essere davvero utile.

Anche per questo motivo abbiamo scelto di dare il nostro contributo. Nella pagina che abbiamo chiamato “Fai con noi il tuo cv” (https://sviluppo.informagiovaniancona.com/cv) trovate alcuni modelli per il vostro cv: ci sono quelli semplici e quelli più complessi (da fare con apposite applicazioni web). Dateci un occhio e vedete se uno di quelli proposti può essere adatto a fare del vostro libretto delle istruzioni un documento attraente e interessante. In bocca al lupo!

Voucher aboliti ma sopravvivono

I voucher o buoni lavoro sono ormai da un po’ di tempo oggetto di particolare attenzione e notizia in continua evoluzione.

Ripercorrendo velocemente le tappe fondamentali, i voucher sono stati introdotti dalla legge Biagi nel 2003 allo scopo principale di far emergere il lavoro sommerso. Inizialmente rivolti a disoccupati di lunga durata studenti, pensionati, casalinghe utilizzabili per una particolare tipologia di lavori ad esempio: piccoli lavori domestici, lezioni private, pulizia di edifici. Poi negli anni  è stato legittimato l’uso per quasi tutti i tipi di lavoro, infatti nel 2012 la legge Fornero ha escluso qualsiasi vincolo nell’impiego del voucher.

Il Jobs Act 2015 ha previsto l’innalzamento del limite economico massimo annuo di compenso percepibile da cinque mila a sette mila euro netti  (due mila euro per committente), con il divieto di utilizzo nell’esecuzione di appalti e con obbligo di tracciabilità.

In parole semplici il voucher viene  acquistato dal datore di lavoro ad un valore di 10 € e alla riscossione il lavoratore percepisce 7,50 €, la differenza si concretizza in contributi.

Inoltre con il Job Acts è stata confermata la possibilità, per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, di effettuare prestazioni di lavoro accessorio, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro (lordo 4.000 euro) di compenso per anno.

La liberalizzazione nell’utilizzo dei voucher ha portato sicuramente ad una emersione del lavoro nero ma anche a molti abusi. Infatti molti datori di lavoro attivavano il buono solo quando scattavano i controlli, in modo che il lavoratore risultava in regola in quel momento e quindi con un solo buono venivano retribuite molte ore di lavoro.

Ecco che a marzo 2017 nel decreto legge n.25, pubblicato a tempo di record in Gazzetta Ufficiale, vengono aboliti i voucher, quindi dal 17 marzo è vietato l’acquisto dei voucher.

Quelli già acquistati possono essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017.

Come specificato nella nota del sito Inps, è attivo il servizio on line per attivazione, riscossione e rimborso dei voucher fino a fine anno.

Colpo di coda finale, ripristinata l’emissione dei voucher baby sitting, con una nota dell’INPS emessa ieri,  30 marzo 2017, a seguito  di una risposta affermativa ricevuta dal Ministero del Lavoro e dal Dipartimento Politiche per la Famiglia.

L’Istituto comunica di aver modificato la procedura in modo da consentire l’emissione dei voucher baby sitting – contributo asilo nido visto che non è stata prevista l’introduzione di strumenti alternativi per l’erogazione del beneficio dopo l’abrogazione dei voucher.

Quindi resta la possibilità per la madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, di scegliere la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting o per gli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.

Contributo prorogato per il 2017 e 2018 che continuerà con la stessa modalità dei voucher corrisposti in modalità telematica, secondo le istruzioni fornite dall’INPS con la circolare n. 75/2016, che contiene anche la procedura da seguire per l’utilizzo telematico dei buoni lavoro.

Per ulteriori aggiornamenti dedicheremo spazi ad hoc nel nostro blog visto il tema caldo.

Professionisti delle vacanze: secondo appuntamento!

Tutto pronto per il secondo appuntamento di Professionisti delle vacanze, il format dell’Informagiovani di Ancona pensato per far incontrare i potenziali professionisti delle vacanze con gli operatori del settore.

Durante l’incontro avrete modo di conoscere da vicino 4 agenzie di animazione e la loro offerta per la stagione estiva.

Ciascuna agenzia, infatti, presenterà le figure ricercate e le proprie attività e rimarrà a vostra disposizione per chiarire tutti i vostri dubbi e le vostre curiosità.

Alla fine della presentazione, i partecipanti potranno sostenere i colloqui di selezione con tutte o solo con alcune delle 4 agenzie.

Per partecipare ai colloqui occorre avere un c.v. con foto da lasciare alle agenzie.

Se no lo avete o semplicemente volete qualche consiglio su come migliorarlo, potete rivolgervi all’Informagiovani.

Le figure ricercate sono non solo quelle strettamente attinenti all’animazione turistica ma anche figure di altri tipo. Quali? Lo scoprirete giovedì.

Gli aspiranti professionisti delle vacanze dovranno possedere il requisito della maggiore età entro giugno 2017.

L’appuntamento è per giovedì 16 marzo all’Informagiovani.

L’incontro è gratuito ma è necessario iscriversi a questo link.

Facili prede

Questa è stata una settimana in cui, come ha già scritto qualcun altro su questo blog, abbiamo incontrato tanti ragazzi di un’età nella quale ci si trova davanti a una scelta importante per il proprio futuro: alla soglia dei 20 anni dobbiamo decidere che cosa faremo da grandi, la prima volta in cui abbiamo la consapevolezza di decidere del nostro futuro.

Di ragazzi e ragazze in questa fase ne abbiamo incontrati qualche centinaio nel giro di pochi giorni e voglio dirvi che ho provato due sensazioni distinte. La prima: ma quanto è bello avere 20 anni (o giù di lì) nel 2017? Credo davvero che questa sia un’epoca di grandi opportunità per chi è all’inizio della propria “carriera”. La seconda: come fanno a districarsi con tutto quello che arriva loro addosso? Come scelgono a chi dare retta? A chi si affidano? Ecco, penso che il tema dell’affidamento, della sana fiducia, dei riferimenti sia una questione sulla quale se fossi ancora giovane mi troverei in difficoltà (più oggi che allora quando è toccato a me).

Lo stesso pensiero sulla fiducia e su quanto al contempo rischiamo di essere ingannati lo ho avuto quando ho visto, su una vela promozionale, l’annuncio che vedete nella foto di questo articolo. Un annuncio promozionale, una pubblicità a pagamento per cercare collaboratori. Con la disoccupazione giovanile al 40% non vi sembra che ci sia qualcosa che non quadra? Ok, potrebbe darsi che il profilo ricercato sia difficile da trovare. Ma, ed è la seconda cosa che non quadra, nell’annuncio non c’è scritto chi cercano, cosa cercano (collaboratori, sì, ma de che?).

Quell’annuncio quattro-per-tre (sono le misure della vela, ndr) è lì ormai da qualche giorno e mi chiedo: quanti hanno inviato il proprio cv per mail? Che cosa ci hanno scritto? Quanti messaggi ha ricevuto il telefono messo come recapito? La mia speranza è che siano pochi, la mia paura è che siano troppi. Non riesco a cogliere il motivo vero per cui è comparso quell’annuncio (se non facendo appello alla mia malafede, ma non voglio farlo). Di certo è che con un minimo di spirito critico e un briciolo di ragionamento (basta poco, giusta l’avvio di un paio di rotelle del cervello) si può arrivare a capire che quella non è un’occasione ma una perdita di tempo.

Ora, mi sono immaginato questo: da una parte ci sono centinaia di ragazzi confusi, incerti e un po’ spaventati per il proprio futuro; dall’altra un’esca facile facile, che non pone tante domande, facile da raggiungere. Secondo voi, chi vincerà?

L’Informagiovani, il servizio per cui lavoro, ha come missione proprio questa: distogliervi dalle esche facili e provare a darvi delle indicazioni più utili e giuste. Ma chi è indeciso dovrebbe collaborare con un po’ di consapevolezza e capacità critica. Insomma, mi raccomando, sempre svegli! 

Professionisti delle vacanze: il lavoro estivo passa per l’Informagiovani

Torna anche quest’anno Professionisti delle vacanze, il format pensato dall’Informagiovani di Ancona per far incontrare gli operatori del settore con ragazzi e ragazze pronti a diventare potenziali professionisti delle vacanze.

Si tratta di un matching tra domanda ed offerta del settore in occasione delle selezioni per la stagione estiva organizzato in collaborazione con alcune agenzie di animazione selezionate dall’Informagiovani.

Possono partecipare ragazzi e ragazze interessati ad un’esperienza stagionale nel settore delle vacanze organizzate.

Gli unici requisiti richiesti a tutti sono la maggiore età (da compiersi entro giugno 2017), la disponibilità a viaggiare e spostarsi anche per lunghi periodi, la conoscenza delle lingue straniere, buone doti comunicative e buona capacità di adattamento.

Tra le diverse proposte di formazione e lavoro, l’ambito turistico e delle vacanze organizzate apre numerose possibilità interessanti e diversificate.

Per i ragazzi è una doppia opportunità.

Possono in primis sperimentare un confronto con il mondo del lavoro e con il processo di selezione: redigere un curriculum in maniera corretta, preparare una propria presentazione, affrontare un colloquio di lavoro sono esperienze che generano solitamente una certa ansia. Avere la possibilità di farlo all’interno di un contesto organizzato e curato da un servizio come l’Informagiovani mette al riparo dalle brutte figure più comuni ma anche dalle brutte sorprese.

L’Informagiovani, infatti, dà la possibilità ai ragazzi di revisionare o scrivere ex novo il proprio curriculum vitae sotto la supervisione gratuita degli operatori, al fine di migliorarlo e renderlo più appetibile.

La seconda opportunità per i ragazzi è l’occasione di poter eventualmente lavorare per un periodo, in Italia o all’estero, e conoscere il mondo del lavoro, sviluppare competenze utili per la propria crescita personale e professionale, mettersi alla prova concretamente con un lavoro regolare e retribuito.

Gli appuntamenti previsti sono il 14 febbraio e il 16 marzo alle ore 15 nella sede dell’Informagiovani di Ancona in piazza Roma.

Per ciascuna delle due date saranno presenti 4 differenti agenzie che presenteranno le figure ricercate e le proprie attività.

Ai tutti i partecipanti verrà poi data la possibilità di svolgere il colloquio di selezione.

La partecipazione è completamente gratuita ma è necessaria l’iscrizione. Si può partecipare ad una delle due date o ad entrambe.

Per iscriversi basta contattare l’Informagiovani di Ancona o andare sul sito dell’Informagiovani all’indirizzo https://sviluppo.informagiovaniancona.com/professionistivacanze

Il lavoro è una caccia al tesoro

Realizzare attività di orientamento professionale è un’attività molto simile ad una caccia al tesoro: abbiamo degli indizi, sappiamo cosa cerchiamo ma spesso non sappiamo cosa in realtà troveremo. Da un certo punto di vista questo setting potrebbe anche essere molto divertente; qualche volta invece risulta preoccupante e genera ansia e preoccupazione. La questione però è: c’è un tesoro alla fine del percorso? Rispondere a questa domanda è, secondo me, un po’ il cuore di un’attività di orientamento professionale. Quello che bisogna dire è che la risposta potrebbe non essere scontata come accade in un film o una storia con il lieto fine a tutti i costi (che poi, diciamolo, sono anche le storie meno affascinanti).

Trovare lavoro non è partecipare a una caccia al tesoro che qualcun altro ha architettato, ma costruire autonomamente un proprio percorso alla fine del quale il tesoro ce lo mettiamo noi. Quando nei primi giorni dell’anno abbiamo ospitato i ragazzi di una classe all’ultimo anno delle superiori, siamo partiti proprio con l’intento di individuare e disegnare lo scenario migliore in cui muoversi. Per farlo il modo migliore è quello di provare a confrontarci con noi stessi prima di tutto e chiederci: che cosa vogliamo diventare? Quali sono gli aspetti della nostra vita che maggiormente ci gratificano? Quali competenze ci rendono migliori di quello che siamo? Quando succede che stiamo bene con gli altri? Non sono domande esistenziali, ma gli unici interrogativi che davvero hanno un senso se vogliamo evitare che qualcuno ci trovi un posto nel mondo ma, realmente, quel posto vogliamo sceglierlo.

Questa parola, scegliere, troppo spesso finisce nell’ambito delle cose che solo qualcuno può permettersi, nella sezione delle nostre esperienze proibite oppure tra le cose a cui diamo poco importanza. E invece sarebbe il caso. soprattutto se siete giovani, che questa parola la rivalutaste un pochino. Discutevo l’altro giorno con alcuni “under 30” (li definisco così perché ultimamente la parola “giovani” faccio fatica a capire quando va utilizzata) ed è uscito questo concetto: qui non abbiamo abbastanza opportunità, dobbiamo accontentarci perché non abbiamo alternative e ogni proposta, anche la meno affascinante professionalmente, è meglio di niente. Questa condizione l’abbiamo definita, di “disperazione” (tra virgolette, perché la disperazione vera in realtà è fatta di altre ben più marcate sofferenze). Ecco io dico che le scelte che facciamo per “disperazione” non sono mai le scelte migliori. Sono giustificabili in quel momento, comprensibili per quel contesto ma mai auspicabili.

Accettare un lavoro umile e senza prospettive perché sono “disperato” non è la stessa cosa che farlo perché fa parte della mia strategia per raggiungere un risultato diverso. E non sto parlando di una strategia di carriera professionale, ma più in generale di come vogliamo impostare la nostra vita. Trovo che i tempi che viviamo siano già abbastanza duri ed emotivamente faticosi per evitare che noi per primi ci mettiamo il carico della nostra “disperazione”. C’è un libro che ho consigliato di leggere ai ragazzi con cui ho parlato che si intitola “Il potere è noioso” di Alberto Forchielli (lo trovate qui, leggete la sinossi), l’ho appena iniziato e ci sono due cose che mi piacciono e trovo che possano essere di incoraggiamento. La prima è l’invito a essere ostinati, fino a quasi a cacciarsi nei guai, pur di far sapere al mondo che esistiamo e abbiamo un valore (scrive l’autore “non litigate mai con un sottoposto, ma sempre con chi sta sopra di voi. Altrimenti, dove starebbe il divertimento?“). La seconda è la possibilità di ampliare gli orizzonti, di non guardare solo al qui e ora, al piccolo contesto che ci circonda; uscire e viaggiare (anche fosse solo attraverso internet (“se non avete tempo o soldi per viaggiare fisicamente, fatelo sull’iPad“) può farci scoprire cose incredibili… su noi stessi!

Animatore turistico: professionista delle vacanze

Cosa vi viene in mente quando sentite la parola animatore turistico? Trascorrere l’estate sulle più belle spiagge del mondo, spesati di tutto, guadagnando anche qualcosa?

Ebbene sì, questi sono i “vantaggi” di fare l’animatore turistico!

Ma chi è e cosa fa questa figura professionale?

L’animatore turistico è colui che per professione organizza il tempo libero di gruppi di turisti con attività ricreative, sportive e culturali presso villaggi turistici, grandi alberghi-vacanze, camping, residence, navi da crociera e grandi stabilimenti balneari.

In genere i luoghi di vacanza dove l’animatore turistico opera sono situati in località balneari o lacuali, ma non mancano le destinazioni montane.

Chi fa animazione turistica non ha quasi mai alle spalle una preparazione specifica, ma possiede, in genere, un bagaglio personale di esperienze sportive, culturali o di spettacolo alle quali si rifà nello svolgere le mansioni di animazione.

L’animatore turistico dovrà possedere buone capacità di adattamento, spirito di collaborazione e resistenza alle tensioni e allo stress, autocontrollo, nonché capacità organizzative.

Sono, inoltre, richieste una buona capacità comunicativa e una sensibilità che gli consenta di entrare in sintonia con le più diverse tipologie di turisti.

Completano il profilo un temperamento allegro, entusiasmo, spontaneità, creatività, fantasia e dinamismo.

Fondamentale ovviamente una grande disponibilità a spostarsi e viaggiare per lunghi periodi, e non ultima la conoscenza delle lingue straniere.

L’avvio alla professione come animatore è il primo gradino della carriera.

Dal profilo di animatore si può passare, dopo diverse stagioni di lavoro, al ruolo di capo animazione (responsabile dell’animazione e del relativo staff) e, nel giro di qualche anno, si può raggiungere la qualifica più alta di capo villaggio o direttore di villaggio.

Per diventare animatore occorre inviare un curriculum direttamente ai tour operator che reclutano tali figure oppure alle agenzie di animazione che per conto di tour operator, albergatori ed altri operatori turistici, gestiscono le attività di animazione.

Segue il sostenere prove e colloqui per la valutazione delle proprie capacità, competenze e motivazioni personali.

Le persone selezionate in genere partecipano ad un breve corso di formazione al termine del quale, se ritenuti idonei, si viene destinati ai vari villaggi.

Se pensi che potrebbe essere un’esperienza che fa per te, o semplicemente vuoi saperne di più, puoi partecipare a Professionisti delle vacanze, il format dell’Informagiovani dedicato a chi sta offrendo oppure cercando lavoro nel settore delle vacanze e del turismo per la stagione estiva.

Lavorare all’estero come “au pair”

Lavorare come “au pair” o “alla pari” significa vivere presso una famiglia straniera, aiutando ad accudire i bambini e a sbrigare leggere faccende domestiche in cambio di vitto, alloggio e una piccola retribuzione, variabile da nazione a nazione.

L’au pair  costituisce una categoria specifica che non è né quella di studente né quella di lavoratore. Infatti i programmi alla pari sono considerati progetti di scambio culturale per l’apprendimento e/o il perfezionamento di una lingua straniera.

Sono allo stesso tempo anche un’opportunità di crescita personale.

La ricerca della famiglia viene fatta generalmente tramite un’agenzia con sede in Italia.

Chi, invece, ha una buona padronanza della lingua straniera può rivolgersi direttamente all’agenzia nel Paese di destinazione oppure tramite internet per i paesi in cui esistono siti ad hoc.

Rivolgendosi ad un’agenzia i rischi di incappare in una famiglia “sbagliata” sono minori perché le famiglie ospitanti vengono selezionate e comunque si ha la garanzia di essere ricollocati presso un’altra famiglia nel caso la prima risultasse inadeguata.

La durata del soggiorno varia da 6 a 12 mesi (eventualmente prorogabili per ulteriori 12 mesi) e dipende sia dalla disponibilitá dell’au-pair e della famiglia sia dalle regole in merito del paese ospitante.

Le famiglie richiedono, in genere, un soggiorno minimo di sei mesi, ma anche nove o dodici, con partenza all’inizio dell’anno scolastico o a gennaio.

Anche gli orari di lavoro possono variare in base al paese ospitante. L´Au pair dovrebbe lavorare un massimo di 30 ore a settimana (ad eccezione degli USA, dove l’au pair puó raggiungere un massimo di 45 ore settimanali).

Ogni Au pair ha diritto di norma a 1 – 2 giorni liberi a settimana (in alcuni paesi almeno un giorno libero deve essere la domenica) ed in alcuni casi avranno anche il diritto di avere libero almeno un week-end al mese.

Durante i loro giorni liberi e le loro vacanze, gli Au pair dovrebbero essere invitati dalla famiglia ospitante a partecipare alle loro attivitá. Inoltre durante il periodo di vacanza i ragazzi alla pari sono liberi di rimanere presso la propria famiglia ospitante continuando a ricevere la solita somma di denaro, cosí come vitto e alloggio.

Di norma gli au pair frequentano un corso di lingua nel paese ospitante per migliorare le proprie competenze in materia e conoscere nuove persone.

Per diventare “au pair” occorre avere tra i 17 e 30 anni (anche se nella maggior parte dei paesi, l’età minima è fissata a 18 anni e la massima a 27),  essere celibi o nubili e senza figli,  avere una conoscenza almeno basilare della lingua del paese ospitante e ovviamente avere esperienza nell’accudimento dei bambini.

Il possesso della patente di guida e il fatto di essere non fumatori sono considerati requisiti preferenziali.

La famiglia ospitante, infine, deve essere una famiglia (ma può essere anche una madre o un padre single) disposta ad ospitare un ragazzo straniero rendendolo parte della stessa, avere almeno un figlio minorenne e avere una stanza libera a disposizione dell’au pair. 

Quanto vale una persona

Quanto vale una persona? Quanto vale una competenza? E un talento? Chiariamo: non in termini filosofici, sociali o psicologici. Intendo dire quanto vale in euro (dollari, yen, ecc.). Non si tratta di mercificare l’essere umano ma di capire in maniera obiettiva, anche se un po’ fredda, il valore di una persona. D’accordo, le persone hanno tutte un valore intrinseco legato alla dignità, al riconoscimento dei diritti, alle relazioni che hanno con gli altri. Ma siccome poi viviamo in un mondo che è fatto anche (per qualcuno “soprattutto”) di economia penso possa essere utile e interessante provare a capire quanto valgono le persone oggi.

Se prendiamo a riferimento i contratti di lavoro, rispondere a questa domanda è relativamente semplice: settore, mansione, inquadramento; per ogni posizione c’è una cifra (o un range di queste) che ne determinano il valore. Dal mio punto di vista però i contratti di lavoro non sono lo strumento più adatto per valorizzare le persone, per due ordini di motivi. Il primo è che molti di questi non riescono a intercettare professionalità e competenze che sono nate negli ultimi anni e, più in generale, non sono in grado di cogliere l’evoluzione di questa epoca; il secondo è che, a mio modo di vedere, stabiliscono il prezzo di una prestazione (a volte solo del posto in quella scrivania) ma non il valore di una persona.

La mia idea è che invece ci sia la possibilità di affermare in che modo e misura una persona (un gruppo di persone, quelle che qualcuno chiama risorse umane) contribuisce a creare valore per un’azienda, per un mercato. In altre parole: scegliere o avere al proprio interno certi collaboratori anziché altri può davvero significare fare la differenza nel proprio settore per un’impresa. Se questo fosse vero (e tra poco vi dirò anche chi lo ha dimostrato con uno studio scientifico), la conseguenza più immediata è che una selezione del personale fatta con criteri che premiano il merito, la capacità e le reali competenze di chi lavoro diventa essenziale. Vi state facendo anche voi la stessa domanda? La mia è: come selezionano il personale la maggior parte delle aziende? La risposta che forse condividiamo è “per conoscenza” (termine a cui possiamo dare una vasta gamma di interpretazioni). Sicuramente è un metodo efficace per i tratti della fiducia, della relazione, dell’empatia ma molto meno per l’efficienza. Per avere una spiegazione scientifica di quanto affermo, potete leggere l’articolo apparso qualche tempo fa su Lavoce.info e che spiega la questione grazie al rendimento effettivo delle competenze alfanumeriche: in pratica l’analisi illustra come ci sia una relazione molto stretta tra il rendimento delle competenze umane e la crescita di un sistema.  Se volete è una buona e istruttiva lettura anche per il week end.

Quando una passione diventa un lavoro di successo!

Ebbene sì, può succedere! È possibile vedere una grande passione che coltiviamo fin da bambini trasformarsi in un lavoro. Certo, direte voi, nulla di strano. Che so, magari fin da piccoli giocavate al dottore con il bambolotto e poi da grandi avete studiato medicina, oppure vi piaceva fare il cuoco con le pentole di mamma e ora lavorate in un ristorante. Un po’ più complicato per chi voleva fare il supereroe, o per chi, che ne so, aveva come passione quella di riordinare tutto. Perché i supereroi non esistono, così come non esistono i bambini che amano mettere in ordine direte voi. E qui vi sbagliate: Marie Kondo era una bambina che amava più di ogni altra cosa mettere in ordine la casa.

Ogni giorno trovava un modo nuovo per riordinare, studiava tutte le riviste sull’argomento, passava ore e ore catalogando ogni sorta di oggetto. No, non è diventata una massaia con disturbo ossessivo compulsivo per l’ordine, ma una donna di successo. E il suo successo nasce proprio da quella sua strana passione! Ora iniziate a capire anche voi. Avrete sentito parlare del best seller “Il magico potere del riordino”. Un libro ormai venduto e tradotto in tutto il mondo. C’è da ammetterlo, è una lettura interessante, che vede la capacità di riordinare un po’ come uno stile di vita. Riordinare la casa è come mettere a posto la propria esistenza, lasciando andare ciò di cui non abbiamo bisogno, e accogliendo ciò che fa parte del nostro presente, che ci emoziona e ci fa stare bene nel “qui e ora”.

Questa passione per il riordino si è trasformata in qualcosa di più profondo: la capacità di trasmettere agli altri un metodo per migliorare la propria vita. Ci sono persone che dopo aver riordinato da cima a fondo la casa (e da cima a fondo può richiedere anche mesi di meticolosa attività) hanno cambiato lavoro, partner, abitudini. E ringraziano con gioia la loro maestra di riordino. E cosa c’entra una casa ordinata con un nuovo lavoro? O una nuova visione della vita? Beh a sentire Marie Kondo, tutto. Perché è quando impariamo a capire cosa davvero ci piace e ci fa stare bene e ad eliminare ciò che non fa per noi che iniziamo a vivere davvero. E Marie evidentemente aveva chiaro fin da piccola ciò che le piaceva fare! A furia di leggere, tentare, creare e ricreare metodi diversi, Marie ha strutturato un metodo tutto suo in cui è, in effetti,  maestra indiscussa.

Questo l’ha resa famosa in tutto il mondo!!  Il suo libro ci da molte lezioni interessanti, e una di queste secondo me sta proprio nel fatto che se uniamo una grande passione alla costanza, alla creatività, al coraggio di sperimentare, alla tenacia… possiamo andare davvero molto lontano. Quando questa passione aiuta noi e gli altri a stare meglio, ad essere felici il risultato non può che essere un grande successo.

BORSE LAVORO OVER 30

La Regione Marche ha approvato l’avviso pubblico per l’assegnazione di 1000 borse lavoro per over 30, di cui 302 destinate alla provincia di Ancona. Con questo bando la regione intende favorire l’inserimento o il reinserimento lavorativo di persone di età compresa tra 30 e 65 anni, disoccupate certificate, residenti nelle Marche, con basso reddito ISEE e a prescindere dal titolo di studio, offrendo loro anche una possibilità di riqualificazione professionale.

Un soggetto che abbia i requisiti sopra descritti e che intende partecipare al bando dovrà cercare un datore di lavoro privato (impresa o ente senza fini di lucro) o uno studio professionale con il quale ideare e concordare un progetto di borsa lavoro da svolgere al suo interno per un periodo di 6 mesi, con un orario minimo di 25 ore settimanali e con una retribuzione di 650,00 euro lordi al mese.

Le borse lavoro in nessun caso configurano un rapporto di lavoro con i soggetti ospitanti.

Come il soggetto ospitato, così anche il soggetto ospitante deve rispondere al requisito della residenza in regione, requisito che si applica alla sede legale od operativa, e ad un’altra serie di requisiti previsti da bando.

Non è così semplice individuare una potenziale azienda ospitante; in questo, però, un aiuto viene fornito dai CIOF (Centri per l’Impiego) i quali pubblicano sul loro sito le disponibilità da parte delle aziende ad accogliere borsisti. Per la provincia di Ancona potete consultare la pagina dedicata alle offerte di lavoro di aziende private.

Un ulteriore aiuto lo potete trovate anche presso l’Informagiovani di Ancona che mette a disposizione degli utenti un apposito book con le offerte relative a questo bando.

Una volta individuata l’azienda ospitante e concordato con essa il progetto di borsa lavoro, il borsista dovrà presentare apposita domanda sia telematicamente attraverso il sistema informatico della regione, SIFORM,sia per raccomandata A/R  ad uno degli indirizzi indicati da bando.

Il termine di presentazione delle domande, inizialmente fissato per il 30/09/2016, è stato prorogato al 24 ottobre 2016.