Le soft skill non sono così morbide

Le soft skill (sapete cosa sono? Leggete brevemente qui) sono già oggi tra le competenze che più dovremmo curare per poterci definire professionisti a tutti gli effetti. La preparazione tecnica specifica è sicuramente un fattore determinante nel posizionamento nel mercato del lavoro e tradotto in parole più semplici significa che senza un’adeguata e solida preparazione didattica si rischia di rimanere ai margini del mercato del lavoro, raccogliendo solo quello che gli altri (quelli preparati scartano). Le soft skill ci aiutano però per almeno due cose: distinguerci dagli altri con la nostra stessa preparazione e muoverci meglio nel sistema di contatti e opportunità nel quale viviamo (più genericamente potremmo dire nell’ambiente professionale).

Un’indagine fatta negli Stati Uniti ha rilevato che tra il 2000 e il 2012 sono aumentate le posizioni lavorative che richiedono le cosiddette capacità non-cognitive, quelle cioè che prevedono abilità come comunicare e lavorare in gruppo, contrapposte solitamente a quelle che prevedono un certo livello di quoziente intellettivo oppure la capacità di raggiungere risultati in un certo ambito. Significa che le soft skill sono diventate a un certo punto un valore aggiunto di qualsiasi candidato, anche quelli con una buona preparazione culturale, tecnica e scientifica. A validare questa ipotesi c’è anche una ricerca universitaria (sempre degli USA) che ha analizzato quelle che nel paese nordamericano chiamano STEM. L’acronimo sta per Science (Scienze), Technology (Tecnologie), Engineering (Ingegneria), Mathematics (Matematica).

Le STEM sono state, a partire dagli anni ’80, le dottrine che hanno colonizzato lo sviluppo e la crescita economica mondiale. Sono le materie con le quali, anche nel nostro Paese, si poteva trovare con una certa facilità un lavoro nella fascia lata del mercato; le materie della classe dirigente in buona sostanza. La formazione scientifica, che accomuna queste quattro categorie, è stata per anni il faro della civiltà (e lo è ancora per molti versi). La ricerca universitaria fatta da David Deming, economista della Harvard University evidenzia come la forza lavoro con maggior componenti di soft skill sia cresciuta più di quanto non lo abbiano fatto quelle con minor componenti di queste (le STEM). In buona sostanza nell’arco dei dodici anni che vanno dal 2000 al 2012, le soft skill hanno superato in crescita le competenze tecniche strettamente intese (nell’immagine che mettiamo questo meccanismo è ben evidente con le professioni con soft skill preponderante in minuscolo e le professioni più squisitamente tecniche in maiuscolo).

soft skill VS STEM

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Attenzione però, anche il ricercatore ricorda che questo non significa che bisogna abbandonare gli studi tecnici. Fa però porre l’attenzione su una tendenza di cambiamento, legata alla generale conquista dell’informatica e delle tecnologie di vari settori. Detto in parole molto semplici, mano a mano che i computer (passatemi questo termine per intendere fenomeni come il machine learning e l’intelligenza artificiale) imparano a eseguire compiti tecnici (dal calcolo in poi), noi esseri umani saremo sempre più importanti in abilità di tipo trasversale che le macchine fanno più fatica a crescere. Le soft skill, forse, alla fine saranno quelle che continueranno a regalarci un posto privilegiato nel mondo del lavoro.

Instagram: un nuovo strumento per il lavoro

Al giorno d’oggi tutti conosciamo Instagram, il social network che permette agli utenti di scattare foto, applicarvi filtri e condividerle in rete. L’app è stata lanciata il 6 ottobre 2010 e da allora milioni di persone la usano in tutto il mondo, particolarmente le donne. Solo in Italia è usato da 14 milioni di utenti ogni mese e da 8 milioni di utenti al giorno

Ma cosa rende Instagram una piattaforma così affascinante? È il social network delle immagini ma soprattutto perché permette di raggiungere più persone in minor tempo. Le sue caratteristiche virali hanno attirato l’attenzione degli utenti privati e delle aziende perché può essere una risorsa di grandissimo valore per promuovere il tuo lavoro, offrire visibilità alla tua attività e sviluppare la notorietà del tuo marchio. Grazie ai contenuti visual, l’app americana è lo strumento perfetto per creare campagne di comunicazione di successo.

Tanti sono gli imprenditori che usano Instagram come una finestra aperta dove mostrare ciò che sanno fare e generare una comunità che li segue. Secondo gli esperti, l’uso degli hashtag per definire il profilo è essenziale. Per quanto riguarda le aziende, quelle dedicate alla moda, alla gastronomia e al design, trovano su Instagram centinaia di migliaia di opportunità per valorizzare i loro marchi. I nuovi influencer, ad esempio, sono ideali per lanciare pubblicità a basso costo e con grande arrivo per raggiungere il pubblico.

Ma i social network non servono solo per rilassarsi, divertirsi e entrare in contatto con amici e familiari. Tuttavia, possono anche aiutarci a trovare un lavoro. Ci sono diverse aziende che inseriscono i profili dei candidati per conoscere il loro stile di vita, i loro valori e, naturalmente, la loro attività professionale. Questo è il motivo per cui Instagram è sempre più apprezzato dai reclutatori.

Approfittate delle opportunità che questo strumento vi offre e sviluppate la vostra creatività al meglio per fare “personal branding”. Questa ragazza francese ha creato il curriculum vitae con le storie di Instagram, l’immaginazione non ha limiti!

Cosa farò da grande?

Cosa farò da grande? La risposta a questa domanda ha una varietà di risposte che cambia con l’avanzare degli anni? Da piccoli diamo risposte fantasiose e creative (o lungimiranti, dipende dai punti di vista) come “l’astronauta”, quando cresciamo un po’ fantastichiamo di emulare personaggi dello sport, del cinema o anche dei cartoni animati (dipende dall’età e dalla capacità di sognare e di osare); quando arriviamo all’età in cui possiamo davvero scegliere la risposta diventa più difficile.

Nel momento della nostra vita in cui possiamo davvero scegliere siamo incerti, imbarazzati e spesso anche molto preoccupati della nostra scelta. Sarà quella giusta? Come andrà il mercato del lavoro? Punto alla carriera o a una posizione che assicuri tranquillità? Umanistico o scientifico? La risposta la cerchiamo sempre nel futuro cercando di indovinare che cosa accadrà per capire che cosa fare oggi. E siccome non è facile, ci si affida a chi sa, o dice di sapere, come andranno le cose. I più razionali si affidano agli economisti, quelli più emotivi agli psicologici e quelli meno furbi ad astrologi e cartomanti. Ma prevedere il futuro è, dalla notte dei tempi, impresa ardua che a nessuno è mai riuscita granché bene (tranne in qualche racconto mitologico e in alcuni film).

Ho l’impressione però che in questo processo di interpretazione del futuro e scelta delle nostre priorità, saltiamo un passaggio. Che è quello dell’analisi di ciò che abbiamo intorno, di quel che accade nel mondo: in realtà il futuro, spesso, ha già un sacco di indizi nel presente. Come segnala Annamaria Testa in uno dei suoi sempre notevoli post, c’è un video, dal titolo “Did you konw?“, che illustra bene questo aspetto segnalando con numeri e dati ciò che sta accadendo adesso nel mondo, sfatando miti, leggende e false convinzioni che troppo spesso non lasciano un po’ troppo all’oscuro la nostra consapevolezza.

Recuperare più informazioni, cercare di capire qualcosa in più non solo di quello che studiamo a scuola (o all’università) ma anche di ciò che accade nel mondo e come si trasforma la società può aiutarci davvero a capire che posto avremo noi nel mondo. Perché c’è una risposta che nessuno può darci a una domanda che, a dir la verità, spesso non ci facciamo: non è “Cosa farò da grande? ” ma, forse più acutamente, è “cosa sarò da grande?

Professionisti delle vacanze: le selezioni per il lavoro estivo

Come anticipato in un precedente articolo, anche quest’anno il format Professionisti delle vacanze prevede un secondo (ed ultimo) appuntamento per il 2018, che si terrà giovedì 15 marzo alle ore 15.00.

Quindi chi si fosse perso la prima data ha la possibilità di partecipare a questa seconda, che prevede la presenza di altre agenzie di animazione e non solo.

Infatti i partecipanti al secondo appuntamento avranno la possibilità di conoscere da vicino e di sostenere i colloqui di selezione con ben 5 agenzie, alcune delle quali gestiscono non tanto villaggi turistici quanto centri estivi sportivi rivolti ai bambini/ragazzi e centri di soggiorni studio all’estero.

Cosa significa ciò?

Significa che le figure ricercate variano dall’animazione turistica in senso proprio a figure di più ampio raggio: non solo animatore, istruttore fitness, istruttore sportivo, ballerini, coreografi, tecnici luci e suoni ma anche personale di segreteria, educatori professionali, sorveglianti, infermieri e personale assistenziale, insegnanti di lingua inglese e accompagnatori turistici.

Tutte figure che si adattano ad un lavoro stagionale rivolto in particolare ai ragazzi/e studenti/esse perché richiede un impegno di qualche settimana durante la stagione estiva e quindi probabilmente compatibile con gli impegni di studio dei ragazzi.

La fascia di età varia dai 18 anni (da compiersi entro giugno 2018) ai 30- 35 per i profili ricercati nei villaggi turistici mentre va dai 21 ai 35 anni per le altre figure.

La ricerca è aperta a tutti coloro che sono interessati a cercare un lavoro per la stagione estiva non solo in Italia ma anche all’estero. Per alcuni profili non viene richiesta un’esperienza pregressa; l’importante è sapersi mettere in gioco e sapersi adattare alle varie situazioni ed essere flessibili sia come orari sia come incarichi.

Certamente un’esperienza attinente ha il suo peso e il suo valore ma non averla non preclude la possibilità di entrare a far parte dello staff di animazione.  Questo è un punto sul quale le agenzie incontrate fino ad oggi battono molto per far capire ai ragazzi, soprattutto ai più giovani, di non avere timore a presentarsi perché quello che conta è la buona volontà di imparare.

Se quindi state cercando un lavoro per la stagione estiva, approfittate di questa occasione.

Partecipare è facile: basta prenotare il proprio posto cliccando sulla data (15 marzo) a questo link.

La partecipazione è gratuita.

L’importanza di conoscersi

Potrei giurare sul fatto che la prima cosa che molti di voi fanno nel momento in cui cercano un lavoro è quella di scavare tra gli annunci, quelli che hanno qualche guizzo in più prima sistemano il proprio cv; chi è dotato di un po’ di autocritica si interroga sul fatto di poter aggiornare le proprie competenze. Non sono passi scorretti ma sono quelli che si possono fare solo dopo aver preparato il terreno in altro modo. Dovreste partire invece dalle conoscenze.

Nel nostro bel Paese se qualcuno dicesse che per trovare il lavoro servono le conoscenze, partirebbero ammiccamenti e ampi cenni di consenso: ma l’approvazione sarebbe per il motivo sbagliato. Alla parola “conoscenze”, per una storia e una cultura che abbiamo un po’ troppo clientelare, le nostre menti pensano subito alla conoscenza amica, alla referenza interessata, al favore tra amici, alla raccomandazione. Ecco, il fatto di confondere e quasi far coincidere “conoscenza” con “raccomandazione” nel mondo del lavoro non ci aiuta perché ci preclude, di fatto, di seguire percorsi diversi dal solito e sviluppare una competenza relazionale sana. Nel mondo del lavoro è vero, bisogna avere le conoscenze; ma le possiamo avere tutti così come tutti dovremmo stare un po’ più attenti a sviluppare in maniera corretta una abilità  che si chiama intelligenza sociale.

L’intelligenza sociale è la capacità di mettersi in relazione con gli altri in maniera efficace e positiva. Lo psicologo americano Edward Thorndike l’ha definita, ormai un secolo fa, la “capacità di gestire saggiamente le relazioni umane”. Questa forma di intelligenza ci permette di interpretare le situazioni e le persone, di capire i discorsi, di spiegarsi e di cooperare; significa avere empatia. “E ancora: capacità di decodificare i ruoli sociali, di esprimersi in modo appropriato nelle diverse situazioni, di ascoltare, di intuire quello che gli altri pensano e sentono” (così come scrive Annamaria Testa in questo post).

Relazionarci con gli altri in maniera positiva può regalarci molte opportunità, come quella di riuscite a stabilire un dialogo costruttivo, far emergere le nostre potenzialità, farci conoscere e riconoscere come competenti in una certa materia. Il percorso per arrivare a un buon livello di intelligenza sociale prevede un passaggio per il riconoscimento e la consapevolezza dei propri valori ma anche, e forse soprattutto, dei propri limiti, difetti, imperfezioni. Anche quando riconoscerli non ci piace o, addirittura, ci può far male. Chi riesce a conoscere bene se stesso, riesce anche meglio a capire gli altri (il famoso “mettersi nei panni”, più facile a dare come indicazione che praticare come modalità di comportamento) e quindi con maggiore facilità presta più attenzione al quadro d’insieme, e non solo alla superficie gradevole, è più flessibile. Questa capacità, che come altre alcuni chiamano soft-skill, può essere la chiave di volta nel momento in cui vi trovate a dover cercare un lavoro. L’avreste mai detto che conoscere un po’ meglio voi stessi sarebbe stato il modo più agevole di trovare un lavoro?

Bonus lavoro giovani 2018

Il bonus assunzioni 2018 è l’incentivo all’occupazione che spetta ai datori di lavoro che nel 2018 assumeranno giovani, donne, lavoratori del Sud, neo diplomati che hanno seguito i percorsi di alternanza scuola-lavoro.

Queste sono tutte le agevolazioni previste dal Governo per il 2018 come strumenti volti a favorire l’occupazione in Italia.

In questa sede vogliamo trattare più nello specifico solo la misura rivolta al nostro target principale, i giovani.

Il bonus lavoro giovani o bonus occupazione disoccupati 2018 è un nuovo pacchetto di misure volto a favorire l’occupazione dei giovani in Italia, attraverso lo strumento dello sgravio contributivo.

Il nuovo bonus consiste infatti in uno sgravio contributivo della durata massima di 3 anni cui il datore potrà beneficiare se assumerà un giovane disoccupato.

Con il bonus giovani, in pratica, dal 1° gennaio 2018 le aziende che assumono giovani a tempo indeterminato verseranno solo il 50% contributi INPS obbligatori dovuti per ogni dipendente (con un tetto massimo di sgravio di 3000 euro), qualora il dipendente sia un giovane fino a 35 anni, (soglia di età valida solo per il primo anno di applicazione, poi scende a 29 anni) assunto a tempo indeterminato entro il 31/12/2018.

A CHI SPETTA

Il bonus occupazione 2018 spetta ai giovani:

  • che abbiano un’età massima di 35 anni compiuti; a partire dal 2019, il limite di età per beneficiare del bonus giovani, scende a 29 anni;
  • disoccupati;
  • che non abbiano mai avuto un contratto a tempo indeterminato;
  • non abbiano mai usufruito di nessuna agevolazione fiscale sull’assunzione.

Dall’altro lato, i datori di lavoro beneficiari del nuovo bonus occupazionale sono tutti i datori di lavoro a prescindere dalla regione in cui è situata la sede.

I datori di lavoro devono rispettare anche altri requisiti e cioè:

  • non devono aver effettuato licenziamenti nel corso dei 6 mesi precedenti;
  • non possono licenziare il giovane assunto prima dei primi 6 mesi;
  • devono essere in regola con il DURC;
  • non possono assumere giovani che hanno già beneficiato di altro bonus assunzione.

Tra i bonus rivolti ai giovani sono stati previsti anche quelli per neo diplomati e quelli per NEET iscritti al Programma Garanzia Giovani.

Solo il tempo dirà se queste misure hanno raggiunto gli obiettivi prefissati.

Diventare professionisti delle vacanze

Professionisti delle vacanze, il tradizionale appuntamento dedicato alle opportunità lavorative per la stagione estiva organizzato dall’Informagiovani di Ancona, compie 4 anni.

Risale, infatti, al 2015 la prima edizione del format che nel corso degli anni si è arricchita di contenuti nuovi, a cominciare dal numero di appuntamenti previsti e dal numero di agenzie presenti.

Anche per il 2018 sono previsti due appuntamenti e la presenza di agenzie nuove accanto a quelle ormai “affezionate” con le quali l’Informagiovani collabora da diverso tempo, segno questo di serietà ed affidabilità.

Lo scorso anno abbiamo poi indirizzato il format anche verso le opportunità di lavoro per la stagione invernale, con l’evento Professionisti delle vacanze invernali, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo.

L’Informagiovani è da sempre vicino alle esigenze dei “giovani” e per questo organizza eventi di vario tipo a loro rivolti, con l’obiettivo di orientarli nella scelta degli strumenti utili per trovare una propria strada formativa e lavorativa.

Professionisti delle vacanze è stato pensato proprio in quest’ottica, dal momento che tra le diverse proposte formative e lavorative, l’ambito turistico e delle vacanze organizzate apre numerose possibilità interessanti e diversificate.

In primo luogo, per i ragazzi si tratta di un modo con il quale entrare in contatto con dei potenziali datori di lavoro che svolgeranno infatti le selezioni per la prossima stagione estiva. I ragazzi dovranno quindi cercare di presentarsi al meglio ai selezionatori proponendo loro un efficace curriculum vitae ed affrontando un (per alcuni primo) colloquio di lavoro. Queste esperienze generano di solito ansia e preoccupazione ma avere la possibilità di farlo all’interno di un contesto organizzato e curato da un servizio come l’Informagiovani mette al riparo dalle brutte figure più comuni ma anche dalle brutte sorprese.

L’Informagiovani, infatti, dà la possibilità ai ragazzi di revisionare o scrivere ex novo il proprio curriculum vitae sotto la supervisione gratuita degli operatori, al fine di migliorarlo e renderlo più appetibile.

In secondo luogo, per i ragazzi è l’occasione di poter eventualmente lavorare per un periodo, in Italia o all’estero, e conoscere il mondo del lavoro, sviluppare competenze utili per la propria crescita personale e professionale, mettersi alla prova concretamente con un lavoro regolare e retribuito.

I requisiti richiesti variano ovviamente in base al tipo di ruolo che si vuole ricoprire. Sono, invece, richiesti a tutti la maggiore età (da compiersi entro giugno 2018), la disponibilità a spostarsi e viaggiare, buone doti comunicative, buona capacità di adattamento e non ultima la conoscenza delle lingue straniere.

Inoltre autocontrollo, spirito di collaborazione, capacità organizzative, flessibilità e sensibilità sono tutte caratteristiche richieste ad un futuro animatore ma anche soft skills che il lavoro stesso consentirà di sviluppare e che risulteranno utili non solo in contesti lavorativi ma nella vita in generale.

Gli appuntamenti di Professionisti delle vacanze 2018 sono due: il 6 febbraio e il 15 marzo alle ore 15.00 nella sede dell’Informagiovani di Ancona.

Ad ogni data saranno presenti 3 o 4 agenzie differenti che presenteranno le figure ricercate e le proprie attività e svolgeranno i colloqui di selezione.

Si può partecipare ad una sola o ad entrambe le date.

La partecipazione è gratuita ma occorre iscriversi o contattando l’Informagiovani o compilando il form sul sito al link https://sviluppo.informagiovaniancona.com/professionistivacanze.

Il CV non è un modello

Chi non si è mai confrontato con la scelta del “modello di cv” per candidarsi per un lavoro? E allora, cosa significa che il cv non è un modello?
Basta pensarci un attimo, e tutto diventa chiaro. Se riflettiamo su che cosa è un cv, e soprattutto sullo scopo che deve avere, capiamo subito che confidare in un “modello” spesso non è una strategia vincente.
Il cv è la presentazione del nostro profilo professionale, delle nostre esperienze e capacità, e questo ce lo siamo detto tante volte, anche qui sul nostro blog.
Ma è anche lo strumento attraverso il quale cerchiamo di evidenziare e far risaltare le nostre capacità, i nostri punti di forza, i nostri assi nella manica.
L’obiettivo che cerchiamo di raggiungere non è forse quello di distinguerci? E allora come potremmo farlo, se ci incaselliamo in un modello uguale per tutti, senza rivederlo in nessuna parte e senza adattarlo un po’ a quello che vogliamo dire?
Ecco, questo è quello che intendo quando dico che il cv non è un modello: bisogna fare in modo che la forma del cv contribuisca alla comunicazione del contenuto, che è per ognuno un po’ diverso.
Alcune aree di informazioni , come i contatti personali, sono indispensabili per tutti, ma ci possono essere altre informazioni che non trovano immediatamente un posto nel cv e bisogna trovare un modo per evidenziarle e valorizzarle. Potrei non avere molto da scrivere sotto la categoria “lingue straniere” ma magari ho capacità manuali o artigianali che ho appreso in contesti informali (cioè non a scuola o a seguito di un corso specifico) e allora potrei creare una sezione specifica per indicarle. Oppure posso non avere approfondite competenze informatiche ma ho sviluppato capacità di relazione in esperienze di viaggi e attività di volontariato o di gruppo. Come fare a dare uno spazio adeguato a questi elementi che mi distinguono, mi caratterizzano e spesso possono essere significativamente importanti per il lavoro per cui mi voglio candidare?

Vale la pena di prendere un modello come punto di partenza, ad esempio quelli che vi suggeriamo noi, e poi rivederlo pensando alle cose che vogliamo raccontare di noi al prossimo datore di lavoro a cui ci rivolgiamo (sempre tenendo a mente che cosa gli può interessare).
Aggiungo una nota: se vi viene richiesto un modello specifico, usate quello, in questo modo sarete sicuri di incontrare le preferenze del destinatario. Ad esempio, vi verrà richiesto il modello europeo ogni volta che parteciperete ad una iniziativa (una mobilità all’estero, un corso di formazione o altro) finanziata dall’Unione europea. Quasi sempre anche per la partecipazione a bandi e concorsi nel settore pubblico vi viene richiesto il modello europeo. In questi casi, cercate ugualmente di rendere al meglio il vostro profilo, ma seguendo il form già dato.
Ricordando sempre che un cv deve essere chiaro, leggibile, sintetico e completo, potrete comunque fare in modo che rispecchi la vostra esperienza e personalità, in altre parole, che sia unico, come voi!

Parla per te

Farsi accompagnare a colloqui di lavoro da un genitori, amici o fidanzati non è una buona idea, e di questo hanno parlato in tanti, tra gli addetti ai lavori e non solo. Ma lasciare qualcun altro parlare per noi è garanzia, se non altro, che non verremo presi sul serio.

Andiamo per ordine, e cominciamo con un consiglio: se non potete fare a meno di farvi accompagnare (sappiamo quanto premurosi e protettivi siano i vostri genitori e i vostri compagni di vita), dovete lasciarli fuori dall’edificio, e sicuramente lontano dalla stanza nella quale incontrerete il vostro selezionatore o possibile datore di lavoro. Mandateli a prendersi un caffè e una brioche al bar vicino, rassicurateli che ve la caverete (perché vi siete preparati, giusto?) e che li contatterete una volta completato il colloquio o l’incontro.
I consigli e il supporto dei vostri cari sono importanti, ma c’è un momento in cui solo voi potete fare la differenza.

Vediamo ora quali sono i motivi per cui è importante sforzarsi di andare da soli a un colloquio, ma anche presso uffici e agenzie per il lavoro, dal punto di vista di chi si trova dall’altra parte:

maturità e autonomia Sono due caratteristiche molto ricercate, quando non date per scontato. Chi vi valuta per un lavoro (ma anche chi vi incontra per darvi consigli, orientamento, suggerimenti per la ricerca di lavoro) vuole parlare con voi direttamente, e capire che percorso avete fatto fino a quel momento, che prospettive, obiettivi e interessi avete. Il modo in cui lo raccontate è importante quanto il contenuto, anzi, fa parte del contenuto.

competenze comunicative Come le due nominate sopra, sono tra le cosiddette soft skill, o competenze trasversali, importanti praticamente per qualsiasi ambito lavorativo. Come si fa a capire se sapete comunicare adeguatamente (e comprendere informazioni o indicazioni), scegliendo il giusto registro, tono e vocabolario adatto al contesto? Per non parlare dell’italiano, ma questa è un’altra storia. Oltre all’ovvia necessità di verificare questa capacità per tutte le professioni al pubblico, vale la pena di ricordare che non ci sono solo i clienti, ma anche i colleghi, i superiori, i partner commerciali, i mezzi di comunicazione tradizionali e i social media aziendali. Sarete inclusi in un sistema di comunicazione più o meno complesso, e anche qui il modo di esprimersi e relazionarsi agli altri è importante.

affidabilità, motivazione e interesse per il colloquio. Gestire la propria routine lavorativa non è cosa che si possa affidare a qualcun’altro, ognuno è responsabile degli impegni che si prende e di ciò che vuole o non vuole fare come lavoro (ne abbiamo parlato anche qui). Far parlare qualcuno al posto vostro inoltre da l’impressione che siate stati spinti a presentarvi dalla persona che parla, e quindi che il tempo dedicato al colloquio è perso, in quanto non siete veramente interessati ad essere lì.

Insomma, se il lavoro sarà il vostro, sta a voi occuparvene. Poi potrete raccontare come sono andate le cose, confrontarvi con i vostri famigliari e amici sulle informazioni ricevute, sulle vostre aspettative, su ciò che vi ha sorpreso, spiazzato o entusiasmato. Ma solo dopo, in separata sede.

Un ultima considerazione, questa volta dal vostro punto di vista: come fate a essere sicuri che chi parla al vostro posto sappia esattamente quello che volte, che cercate, che vi interessa sapere?
La probabilità di trovarsi in imbarazzo per ciò che viene detto su di voi è molto alta, come quella di dare la disponibilità per lavori che non vi interessano affatto, o per i quali non vi sentite adatti.
Questo è uno dei motivi per cui vi invitiamo a scrivere personalmente il vostro cv, senza affidarvi ad altri.

E poi, come abbiamo spesso ripetuto, c’è solo un’occasione di fare una buona prima impressione: giocatevela da protagonisti!

I professionisti delle vacanze invernali

Dopo il successo delle passate edizioni di “Professionisti delle vacanze” rivolte alla stagione estiva, l’Informagiovani di Ancona ha deciso di cimentarsi in una nuova esperienza.

Il 28 novembre, infatti, si terrà la prima edizione del format Professionisti delle vacanze rivolto alla stagione invernale.

L’obiettivo è sempre quello di far incontrare gli operatori del settore con ragazzi e ragazze pronti a diventare potenziali professionisti delle vacanze invernali.

L’evento è rivolto ai ragazzi/e tra i 18 e 33 anni che vorrebbero lavorare come animatore in un miniclub o nel settore fitness, oppure che conoscano bene una lingua (tedesco, olandese) anche senza esperienza.

A questo appuntamento sarà presente l’agenzia Hidalgo Animazione che opera in strutture sul territorio nazionale.

Avrete quindi modo di conoscere l’agenzia, le professioni richieste e se vi interessa partecipare alla prima selezione.

Oltre ai requisiti sopra menzionati, chi aspira a diventare animatore turistico deve possedere una notevole facilità di comunicazione, un temperamento allegro, spontaneità, creatività, fantasia, capacità di resistenza alle tensioni e alla fatica, dinamismo, autocontrollo e capacità organizzative.

Pazienza, comprensione, apertura mentale ed equilibrio sono doti altrettanto importanti, così come è fondamentale una grande disponibilità a spostarsi e viaggiare per lunghi periodi.

Tra le diverse proposte formative e lavorative, l’ambito turistico e delle vacanze organizzate offre numerose possibilità interessanti e diversificate.

Per i giovani partecipare ad un evento di questo tipo offre il vantaggio di mettersi alla prova con una (forse) prima selezione con un potenziale datore di lavoro. Per arrivare preparati a questo momento potete fare affidamento sui servizi dell’Informagiovani: supervisione e revisione curriculum vitae e consigli utili sul colloquio di lavoro.

Allo stesso tempo lavorare nei villaggi/strutture turistiche invernali rappresenta un’opportunità di sviluppare competenze utili per la propria crescita personale e professionale, mettersi alla prova concretamente con un lavoro regolare e retribuito.

Se siete quindi interessati a cercare un lavoro per la stagione invernale vi aspettiamo martedì 28 novembre all’Informagiovani. La partecipazione è gratuita ma occorre prenotare il proprio posto a questo link.

Alternanza scuola lavoro all’estero

Quale migliore occasione per trascorrere un periodo all’estero già durante gli studi , facendo una esperienza riconosciuta dalla scuola?

Le numerose ore di alternanza scuola lavoro previste per gli studenti del triennio delle scuole superiori possono essere svolte anche in un altro paese europeo, e possono diventare così doppiamente formative e interessanti, ma soprattutto molto più divertenti!

Le ore da dedicare all’esperienza dell’alternanza scuola lavoro sono infatti 400 in totale per il triennio sia delle scuole a indirizzo tecnico che per i licei. Questo significa avere a disposizione diverse settimane da impiegare in una attività di formazione sul campo, cioè un periodo di affiancamento e tirocinio presso una azienda, un ente o una organizzazione disponibili ad accogliere uno studente e a introdurlo ai segreti, ma anche alla routine, del mestiere.

L’accoglienza degli studenti presso le strutture ospitanti è regolata naturalmente da una convenzione, nella quale si indica chiaramente quali sono gli obiettivi formativi che si vogliono raggiungere e quali saranno le attività che lo studente in alternanza svolgerà, con quali orari e modalità, chi sono i tutor (uno interno alla scuola e uno interno al soggetto ospitante) del ragazzo o della ragazza.
Se ben progettata e programmata, l’alternanza ha un valore di prima esperienza lavorativa (anche da inserire nel curriculum) ma soprattutto di primo confronto con una realtà lavorativa, non tanto per i contenuti tecnici e settoriali che si acquisiscono ma soprattutto per la conoscenza diretta di un ambiente di lavoro, delle regole, le responsabilità, i doveri, la divisione dei compiti o il lavoro in equipe.

Come è possibile riuscire a organizzare tutto questo in un altro paese, considerando le differenze linguistiche organizzative e normative? Proprio per capire come può funzionare l’alternanza scuola lavoro all’estero e quali possono essere le possibilità, organizziamo periodicamente degli incontri sul tema qui all’Informagiovani, rimani aggiornato con la nostra newsletter o via WhatsApp!

Gli incontri sono aperti a studenti, docenti e genitori interessati a saperne di più!

Le capacità diverse

C’è una differenza sostanziale tra avere capacità tecniche e avere la capacità di svolgere un’attività lavorativa. C’è una differenza tra conoscere tutti gli aspetti di una professione e riuscire invece a esercitarla con “naturalezza” mi verrebbe da dire. Il motivo è semplice e al tempo stesso poco intuibile solitamente: l’ambiente di lavoro, qualunque esso sia non è fatto solo di competenze tecniche ma anche di altri aspetti fondamentali che sono legati ad altre nostre abilità, modi di fare e interagire di cui abbiamo poca percezione.

Tra le abilità di genere diverso, per così dire, ce ne sono un paio su cui vorrei portare l’attenzione. La prima è legata alla modalità e alla capacità che abbiamo di relazionarci con gli altri. Non significa essere i simpaticoni di turno o quelli che hanno sempre qualcosa da dire. Quella di costruire relazioni è una dote umana innata sulla quale noi possiamo incidere soltanto rispetto allo stile che vogliamo dare alle nostre relazioni (o che diamo senza neppure accorgerci). Il modo con il quale ci relazioniamo con gli altri è importante anche nell’ambiente di lavoro perché spesso condiziona anche la qualità di quello che facciamo: credo che sia abbastanza evidente il fatto che lavorare accanto a qualcuno che non parla quasi mai o, al contrario, a qualcuno che chiacchiera in continuazione, non sia il modo più agevole di farlo. Ma dobbiamo fare attenzione anche alle parole e agli atteggiamenti che abbiamo nelle nostre attività lavorative: dosare la confidenza con cui trattiamo i colleghi, rispondere con il giusto tono ad un responsabile, dimostrare affidabilità nel ricoprire le responsabilità. E anche cose meno evidenti come il modo di salutare, quello di parlare in pubblico e quello di rappresentare il posto in cui si lavora (specialmente se quel posto e lavoro sono facilmente riconoscibili all’esterno). La capacità di comunicare e di relazionarsi non è una capacità chiave per fare un lavoro, ma lo è di sicuro per trovarlo e mantenerlo.

La seconda capacità su cui voglio soffermarmi è la capacità creativa. È vero che spesso si è portati a credere che si tratta di un’attitudine che ha a che fare con l’essere artistici, istrionici o semplicemente originali, ma personalmente sono convinto che la creatività sia anche una capacità che tutti possiamo esercitare per migliorare. Di che cosa è fatta la creatività? In questo articolo di nuoeutile.it vengono descritte quali sono le quattro capacità creative fondamentali (fluidità, flessibilità, originalità ed elaborazione). Come sottolinea anche l’autrice Annamaria Testa, la creatività non è “spensieratezza” incosciente, ma “vuol dire, invece, avventurarsi in spazi creativi non ancora percorsi da nessuno, cercando soluzioni nuove ed efficaci. E sapendo che efficacia, semplicità e bellezza (o, in senso matematico, eleganza) spesso coincidono“. Perché la creatività può essere utile in (quasi) tutti i lavori? Secondo me perché il tempo che stiamo vivendo è mutevole, caratterizzato da forti e veloci cambiamenti ai quali possiamo reagire adattandoci velocemente o irrigidendoci sulle nostre posizioni. Il primo atteggiamento è quello che ci permetterà di sopravvivere, almeno professionalmente parlando e la creatività è un modo per mantenere sempre vivo un nostro atteggiamento positivo verso il cambiamento.

Somministrazione di lavoro: tre soggetti

Quando siamo alla ricerca di lavoro sia per inserimento che reinserimento lavorativo è consigliato attivarsi su più canali, uno tra questi è rivolgersi anche alle agenzie per la ricerca e selezione del personale che possono proporre un contratto di somministrazione di lavoro.

Vediamo nel dettaglio di che cosa si tratta e quali le principali caratteristiche.

La somministrazione di lavoro è un tipologia di relazione lavorativa introdotta dalla Legge Biagi ed ha sostituito il lavoro interinale. Si tratta di un rapporto di lavoro che coinvolge tre soggetti: il lavoratore, la società che ne utilizza il lavoro: l’utilizzatore (es. azienda) e un soggetto autorizzato come le agenzie di somministrazione detta somministratrice.

Il lavoratore conclude il proprio contratto di lavoro con la società somministratrice che è responsabile di tutti gli aspetti legati ad assunzione, retribuzione e fine del rapporto.

Poi il lavoratore viene inviato a svolgere la propria attività presso l’utilizzatore.

Quindi il lavoratore svolgerà la propria attività in favore e sotto la direzione e controllo della società utilizzatrice ma non firma alcun contratto con l’utilizzatore dove viene mandato a lavorare.

A sua volta la società somministratrice stipula un contratto separato con la società utilizzatrice. In questo contratto si stabilisce quale attività il lavoratore svolgerà presso l’utilizzatrice e per quale periodo.

Il contratto di somministrazione deve essere stipulato in forma scritta, altrimenti è considerato nullo ed i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

Il contratto può essere a tempo determinato oppure indeterminato, ma è comunque un contratto di lavoro subordinato. Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato è soggetto alla disciplina generale di tali rapporti di lavoro; durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore. Durante i periodi di inattività, al lavoratore spetta un’indennità di disponibilità.

Nella somministrazione a tempo determinato si deve fare riferimento ai limiti contenuti nel contratto collettivo applicato dall’impresa utilizzatrice.

Comunque il lavoratore ha diritto a percepire la stessa retribuzione che spetta ad un lavoratore dell’impresa utilizzatrice che svolge la stessa attività, uguale stipendio, Tfr, ferie, contributi previdenziali ed eventuali premi di produzione.

L’utilizzatrice deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi allo svolgimento del lavoro, deve formarli all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo svolgimento dell’attività prevista oppure quest’ultimo obbligo può essere adempiuto anche dall’impresa utilizzatrice.

Ricordiamo per i meno esperti che l’inserimento del lavoratore nelle banche dati dei soggetti autorizzati, le agenzie di somministrazione, è gratuito.

Invece l’utilizzatore nel contratto di somministrazione con l’agenzia deve dichiarare che si impegna a: rimborsarle gli stipendi e i contributi pagati al lavoratore; comunicare alla società di somministrazione la retribuzione che versa ai propri dipendenti che svolgono mansioni paragonabili a quelle dei lavoratori in regime di somministrazione;pagare direttamente al lavoratore lo stipendio e versare i contributi nel caso in cui la società somministratrice non provveda (ovviamente con il diritto di richiedere il rimborso a quest’ultima).

Se ci chiediamo perché le aziende utilizzatrici applicano questa tipologia di contratti la risposta non è nell’aspetto economico perché il lavoratore costa di più, ma l’impresa guadagna in flessibilità, infatti può impiegare il personale già selezionato solo finché ne ha bisogno.

Come sempre restiamo a disposizione per eventuali approfondimenti rispondendo alle richieste che potete inviare alla nostra mail: lavoro@informagiovaniancona.com

Contratto a chiamata, intermittenza, job on call

Il contratto a chiamata è una tipologia di contratto alternativo per inquadrare le prestazioni di lavoro occasionale. Quando il datore di lavoro ha necessità di servirsi di alcune mansioni svolte da un soggetto, senza tuttavia la necessità di instaurare con lo stesso un rapporto di lavoro continuativo, è possibile attivare il contratto a intermittenza, a chiamata o lavoro intermittente In inglese job on call, introdotto dalla famosa Legge Biagi, poi modificati a seguito della riforma del lavoro Jobs Act di Renzi.

Questo contratto non prevede un impegno continuo e costante del lavoratore, ma l’azienda o il datore di lavoro lo possano chiamare quando ne hanno effettivamente bisogno; è un tipo di contratto di lavoro subordinato, in quanto i tempi e il modo in cui deve essere svolta la prestazione, sono decisi dal datore di lavoro.

Quindi il presupposto fondamentale, su cui si fonda questo contratto è l’intermittenza. Quando è stato introdotto aveva l’obiettivo soprattutto di regolarizzare le “giornate” tipiche di chi lavora nei ristoranti, nei bar, magari anche durante i congressi. In tutti quei settori, come il turismo, la ristorazione, lo spettacolo dove il lavoro non è sempre così stabile e continuo, anche in contesti diversi che riguardano gli addetti al centralino, alla reception.

l contratto a chiamata può essere a tempo determinato: quando il contratto ha una precisa scadenza; a tempo indeterminato: quando il contratto non ha scadenza.

l contratto a chiamata può essere stipulato in due casi: per esigenze di prestazione di carattere discontinuo o intermittente secondo quanto specificato all’interno contratti collettivi nazionali anche con riferimento allo svolgimento di prestazioni in periodi determinati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In questo caso la causale è oggettiva ed è possibile individuare determinati periodi in cui si svolgerà il lavoro.

Oppure per lavoratori di età inferiore ai 24 anni o superiori a 55. Le prestazioni a chiamata si devono comunque concludere entro il compimento del 25 esimo anno. In questi casi, la causa è soggettiva.

l contratto a chiamata può essere di due specie:

  • con garanzia di disponibilità che ti obbliga contrattualmente a rispondere alle chiamate una volta che arrivano, percepisci una sorta di compenso durante il periodo di inattività – ossia quando non ti chiamano e non lavori. Tale indennità è stabilita dai contratti collettivi di lavoro e non può essere inferiore al 20% del minimo tabellare, indennità di contingenza, ratei di mensilità aggiunti e previsto per quel tipo di mansione.
  • Senza garanzia di disponibilità: il lavoratore è libero di accettare o meno di fare quel lavoro e non è obbligato a rispondere positivamente alla chiamata. Viene pagato per le chiamate accettate.

Ogni volta che chiama, il datore di lavoro ha l’obbligo, di dare una comunicazione amministrativa preventiva via SMS se la prestazione deve essere espletata entro le successive 12 ore alla chiamata,o e-mail. Per i datori di lavoro che non rispettano le regole della comunicazione preventiva, sono previste delle sanzioni

La durata massima del contratto a intermittenza non può superare i 400 giorni in 3 anni, fatta eccezione di alcuni settori, quali:Il settore del turismo;dei pubblici esercizi; dello spettacolo. Nel caso in cui, il lavoratore a chiamata, dovesse superare il suddetto limite di durata, il contratto si trasforma in automatico in un contratto a tempo indeterminato full time, ad esclusione dei settori sopra elencati.

Il lavoratore, può avere più contratti a chiamata contemporaneamente purché:non vi sia concorrenza tra le due imprese e sia possibile lo svolgimento dei due lavori.

Il contratto a chiamata, per essere valido deve essere scritto, deve indicare la durata del contratto (det.o indet.) la causale (oggettiva o soggettiva), luogo e modalità di svolgimento, il preavviso di chiamata ed il trattamento economico con o senza eventuale indennità di chiamata, le modalità di chiamata del lavoratore ed eventuali norme sulla sicurezza del lavoro.

Infine un accenno alla retribuzione del contratto a chiamata, questa è regolata dal principio di proporzionalità, nel senso che al lavoratore a chiamata deve essere riconosciuto uno stipendio analogo ad un altro lavoratore di pari livello con le stesse mansioni, anche se assunto con altro tipo contratto.

Essendo un contratto subordinato, si maturano ferie e permessi in proporzione alle giornate lavorate,il datore di lavoro deve versare i contributi a fini pensionistici in maniera proporzionale alle ore effettive di lavoro effettuare dal lavoratore, così come per il TFR il trattamento di fine rapporto.

Vista l’esistenza di questo tipo di contratto e soprattutto il target  ed i settori a cui è rivolto riteniamo sia utile presentarlo tra le tipologie contrattuali durante i laboratori sui contratti di proposti agli insegnanti di orientamento delle scuole superiori. I servizi dell’Informagiovani in forma di workshop o individuali sono gratuiti quindi per saperne di più potete contattarci come gruppo classe o individualmente.

Ritornare in campagna: il nuovo sbocco lavorativo

In un mondo dominato dalla tecnologia, dove tutto avanza più rapidamente e dove lo stress dovuto al nostro lavoro ci invade giorno dopo giorno, ogni volta sono sempre di più le persone che decidono di stravolgere la propria vita e trasferirsi in campagna dalla città.

Contrariamente a quello che potremmo pensare, come si è potuto constatare negli ultimi anni, molte di queste persone che decidono di compiere questo grande passo sono persone che godono di un buon salario e di un lavoro stabile. D’altra parte, è presente anche una gran numero di giovani molto preparati a livello professionale che, disillusi dalla crisi economica e i conseguenti lavori precari, si cimentano in questa vita alternativa.

Le ragioni che li portano a cambiare la loro routine sono sempre più o meno le stesse: un’infelicità cronica causata dalla mancanza di tempo con la propria famiglia, il proprio compagno, gli amici e anche con se stessi. Queste persone, stanche di lavorare per gli altri e di sentirsi frustrate professionalmente, decidono di prendere le redini della propria vita e rischiare per intraprendere nuovi progetti propri molto più soddisfacenti. Alcuni di loro semplicemente propongono facili idee di auto sostentamento per la propria famiglia come un orto e degli animali. Altri, chiamati imprenditori agricoli, pensano in grande e decidono di creare un proprio commercio di prodotti naturali.

Senza dubbio, l’agricoltura ecologica è una delle più grandi tendenze attuali della nostra società perché recentemente sta aumentando sempre di più l’interesse per la nutrizione, una vita salutare e il consumo di prodotti di qualità. Anche se la vita in campagna non è così bucolica come sembra, perché per avere successo come imprenditore agricolo non basta la buona volontà, è vero che oggi è una professione fruttuosa. C’è sempre più supporto a questi giovani imprenditori che vogliono investire il proprio futuro nell’agricoltura e ci sono piattaforme come ColDiretti Giovani Impresa che aiutano a trovare modi di finanziamento. Inoltre, ci sono anche tante iniziative, fiere e festival, sia a livello locale che internazionale, che contribuiscono a promuovere questi prodotti di qualità e farli conoscere al grande pubblico.

Certamente, viviamo in un mondo tecnologico e per avere successo è necessario combinare le attività agricole con l’informatica. Internet svolge un ruolo importante perché con l’e-commerce la vetrina è mondiale. Sono sempre più piattaforme online che combinano queste due aree, come ad esempio Artimondo: secondo loro questo mix rappresenta un nuovo modo di lavorare e di creare ricchezza; in altre parole, il futuro. Che ne pensate?

Un mercato del lavoro competitivo

Il mondo del lavoro è molto competitivo. Talmente tanto che la definizione di mercato di lavoro è diventata, col tempo, sempre più azzeccata. Perché, nel tempo, anche l’idea di mercato è cambiata. Mi ricordo che fino a qualche tempo fa facevo questo esempio nelle scuole quando dovevo spiegare la dinamica di domanda e offerta nel mondo del lavoro. Dicevo agli studenti di immaginare il mercato del lavoro come un mercato reale, quello con le bancarelle, in cui il loro obiettivo era quello di presentare a tutti al meglio la propria “merce” (competenze) perché non avrebbero saputo in anticipo quale tra i passanti sarebbe stato il loro cliente.

Era un modo come un altro per raccontare con una metafora come fossero importanti non solo gli invii dei curriculum, ma anche tutto il lavoro di relazione, comunicazione e, in sintesi, di costruzione della reputazione di se stessi. Oggi quel mercato si è un po’ affollato, popolato della gente più diversa: tra le “bancarelle” c’è più concorrenza, competizione, nascono nuove proposte. Ma anche tra chi va al mercato per acquistare (assumere) ci sono delle differenze rispetto al passato. La ricerca del personale si è fatta più elaborata grazie, per esempio, a internet e i social media. Questo rende il tutto molto più veloce e anche più ricco di informazioni.

Se state cercando lavoro questa cosa rappresenta una grande opportunità, perché siete nella condizione di conoscere molti aspetti del mercato del lavoro prima di metterci i piedi. I siti aziendali vi informano sulle attività e sulle esigenze delle imprese, i forum vi possono dare consigli e suggerimenti di chi ha partecipato a percorsi di selezione già conclusi, i social media vi possono far conoscere chi già lavora in un determinato contesto. Oggi voi potete così personalizzare e arricchire la vostra offerta di competenze (la bancarella) con molte cose e sfruttare molti consigli.

Sui consigli però bisogna fare attenzione e scegliere chi ascoltare. Rammentate l’adagio “non accettare caramelle dagli sconociuti”? Più o meno siamo nella stessa situazione. Per esempio circola la notizia che ci sono imprenditori che non trovano lavoratori perché si presentano candidati poco adeguati (come si legge in questo articolo de IlSole24Ore) o altri perchè i ragazzi interpellati preferiscono fare tardi la sera piuttosto che andare a lavorare la mattina (l’articolo in questo caso è di Leggo). Se frequentate poi una piattaforma come Linkedin, il social network professionale, trovate una serie storie sparse che un po’ di ansia la mettono: persone rimpiazzate in 10 minuti, candidati trattati come dei Rambo che devono essere pronti a tutto, giovani che dovrebbero avere una disponibilità 24/7 anche per un lavoro di ufficio. Dunque è vero che il mercato del lavoro è diventato così competitivo che dobbiamo rispondere a qualsiasi esigenza? No. La selezione è sicuramente più dura che qualche tempo fa, ma la soluzione non è quella di mostrarsi disponibili alla qualunque. E i giovani, magari voi che state leggendo, avete la stessa dignità e lo stesso valore (perlomeno umano) di chi vi sceglie. Dovete proporvi in maniera avvincente, non svendervi in maniera indecente. E questo sarà un valore anche per chi vi sceglierà per costruire insieme a voi una professione e un’azienda. Lo spiega meglio in questo articolo anche Osvaldo Danzi, recruiter professionista; ci ricorda anche che “La selezione del personale è un investimento alla pari in cui entrambe le parti devono dare e ricevere con equilibrio

È nel lavoro il senso della vita?

Sul tema del lavoro, c’è un libro uscito quest’anno di un noto sociologo italiano (Domenico De Masi) che si intitola “Lavorare tutti, lavorare gratis” che pone, tra le altre, una questione importante in questi tempi in cui la disoccupazione sembra non essere più di tanto arginabile: perché pretendere un comportamento e un’etica ritagliati sul lavoro quando il lavoro viene negato? Il libro non l’ho letto, l’ho comprato da poco ve ne renderò conto più avanti, ma già il titolo mi ha riportato alla mente un pensiero che mi frulla in testa da tempo. Mi chiedo sempre più spesso se ciò che restituisce senso e significato alla nostra vita sia quasi esclusivamente il lavoro.

Una possibilità diversa ci può essere ed è ben spiegata in questo articolo comparso sul The Guardian. La considerazione da cui parte lo storico Yuval Noah Harari è simile a quella di De Masi e a pensarci bene è abbastanza semplice: il lavoro a cui ci siamo abituati per tanto tempo sta scomparendo; quello inteso come fatica, impegno, energia profusa a fronte di una ricompensa sembra manifestare tutte le caratteristiche di una crisi profonda. L’intelligenza artificiale, l’automazione robotica, la digitalizzazione di molti processi oltre a fornire vantaggi economici, elidono mano a mano un sacco di lavori. Le “macchine” (che termine novecentesco!) stanno sostituendo l’uomo ma ancor di più: gli algoritmi stanno imparando a fare cose che faceva l’uomo. La questione non è, come scrive, Harari, creare nuovi posti di lavoro ma creare posti di lavoro che gli uomini possano fare meglio degli algoritmi.

Il passaggio successivo della riflessione è: ma se ci tolgono il lavoro che cosa facciamo? E, oltre alla necessità di trovare una soluzione materiale per la sopravvivenza, come reagiamo se scompare un pezzo così importante della costruzione della nostra identità, sociale e individuale? Avrà ancora senso l’articolo 1 della nostra Costituzione che recita “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”? A me piace la “soluzione” che propone Harari perché mi fa sperare che il lavoro non sarà per sempre il nostro punto di riferimento. A sostituire il lavoro nel dare senso alla nostra vita sarà la nostra capacità di occupare mente e cuore in attività che ci possano gratificare come accade con il lavoro, che ci coinvolga e ci appassioni a tal punto da farci sentire contenti e soddisfatti. L’unica capacità che abbiamo e può aiutarci in questo è la stessa che ci fa credere in una religione così come ci coinvolge in un videogame: è la nostra immaginazione. Il significato della nostra vita è generato dalla nostra immaginazione, non dal nostro lavoro. Che ne pensate?

Lavoro autonomo: il futuro è laggiù?

Darwin docet: sopravvive solo chi si adatta meglio all’ambiente e ai suoi cambiamenti. Ovviamente, questo vale anche per il multiforme ecosistema del lavoro.

Al netto di quei mestieri che vanno scomparendo in quanto poco appetibili per le nuove generazioni (tra questi ci sono impieghi perlopiù artigianali, come quello di produttore di poltrone e divani, pellicciaio e falegname) ce ne sono molti altri che la tecnologia ha cancellato o modificato al punto da farli diventare irriconoscibili, e non tutti siamo pronti a quello che si sta prospettando sempre più chiaramente nel futuro. Una cosa è certa, soprattutto secondo il  World Economic Forum: il 65% dei bambini che frequentano oggi le scuole elementari svolgeranno lavori che oggi non esistono, alcuni dei quali non riusciamo nemmeno a prevederli.

Ma cos’è che si vede all’orizzonte? Poche ma fondamentali certezze.

Punto primo, già ampiamente dibattuto: il lavoro da dipendente a tempo indeterminato, quello alla Fantozzi fatto di cartellini e fughe da centometrista all’orario di uscita, sarà solo un ricordo per le nuove generazioni; il futuro ci vede come soggetti sempre più attivi e impegnati, più formati e qualificati, ma soprattutto sempre più competitivi. Sembra una prospettiva angosciante, ma in realtà ci viene chiesto solo di essere più consapevoli, in poche parole, meno dipendenti e più autonomi.

E una delle chiavi sembra stare proprio qui: il fatto che sempre più aziende preferiscano avvalersi, invece che dei classici dipendenti, di consulenti esterni, ha fatto sì che molte delle nuove professioni stiano fiorendo proprio nel contesto del lavoro autonomo, in alcuni ambiti più che in altri.
Uno su tutti è ovviamente quello del digitale: quasi superfluo nominarlo, in quanto può essere paragonato al cavallo che traina la carrozza del futuro e quindi del futuro del lavoro; l’infiltrazione sempre più importante della tecnologia nelle nostre vite e in quella delle imprese richiederà un numero sempre maggiore di figure in grado di gestire non solo “il mettere in rete” di un’azienda (dove per “mettere in rete” si intende una moltitudine di cose: dall’avvio di un e-commerce alla gestione efficace dei social, dalla creazione di materiale pubblicitario che sfrutti tutte le potenzialità dell’on-line allo spostare alcuni dei servizi in modalità cloud) ma anche il loro restarci in modo efficace, senza perdersi nell’insidioso oceano del web.
IT security manager, sviluppatore di app, community manager ed esperto di SEO saranno alcune delle figure lavorative più richieste e molte di queste lavoreranno in modo autonomo; al momento per voi sono parole che significano niente? Allora date un’ occhiata qui.

Il progresso tecnologico di questi decenni ha ovviamente “aggredito” tutti o quasi gli ambiti lavorativi, trascinandoli in quella che può essere tranquillamente definita come la quarta rivoluzione industriale; quindi è del tutto ovvio ritenere che la tendenza della sostituzione della tecnologia alla manodopera nei processi produttivi (e non solo) non farà che accrescersi, spazzando via entro pochissimi anni, ben 5 milioni di posti di lavoro tra le prime 15 economie del pianeta.

Di fianco ai nuovi mestieri che nascono nel grembo dell’ Information Tecnology e che volenti o nolenti, saranno tra i pochi a salvare le nuove generazioni dalla disoccupazione, cammina un altro modo di lavorare, che non si deve fare l’errore di pensare sia in contrasto con l’avanzata del digitale: quello dei mestieri artigianali, una nicchia di lavoro (quasi sempre autonomo, per l’appunto) in cui si possono esprimere competenze legate alla creatività e a un “saper fare” che molto difficilmente potranno essere sostituite dalle macchine. Pasticcere, falegname, meccanico, orafo, sono solo alcuni dei lavori di cui stiamo parlando e che spesso vengono messi in secondo piano soprattutto dai giovanissimi (o forse dalle loro famiglie?) credendo siano poco redditizi, mentre un altro dei segreti del lavoro del futuro è quello della nicchia di mercato e della specializzazione, caratteristiche che, nemmeno a dirlo, vanno molto d’accordo con il mestiere artigiano.

Se, oltre a ciò che abbiamo appena presentato, si unisce il fatto che il lavoro autonomo e/o imprenditoriale sta fra le prime scelte dei Millenials che vedono nel diventare imprenditori una delle soluzioni per affrontare il mondo del lavoro esprimendo le proprie competenze e specializzazioni (e titoli di studio), è facile provare a intuire che questo potrebbe essere il modo di lavorare del futuro.

Anche se accostare le parole lavoro e futuro, in questo periodo di transizione tra due modi quasi opposti di intendere il lavoro, getta addosso alle spalle una copertina di ansia, è importante tenere sempre in mente che quasi tutti abbiamo le potenzialità per rinnovarci e se necessario ricostruirci, sempre sfruttando e facendo tesoro del percorso che ci ha portato a sviluppare alcune abilità e caratteristiche.

Potreste cominciare, per esempio, scoprendo cosa offre il mondo della formazione!