PRINCIPALE

Tutte le notizie e le opportunità in ambito europeo.

Insegnare all’estero

Ogni tanto ci viene chiesto come si fa per insegnare all’estero: è una parola!

Dobbiamo fare prima di tutto alcune distinzioni, che riguardano il paese di destinazione, che cosa volete insegnare e in che tipo di scuola volete insegnare.

Per quanto riguarda le destinazioni, se parliamo di paesi europei si è arrivati, dopo molto lavoro di concertazione e allineamento, ad una certa uniformità (stati sovrani permettendo) dei percorsi di inserimento nella carriera professionale di insegnanti.

Consideriamo la scuola secondaria: in quasi tutti i paesi per insegnare si richiede un titolo di istruzione universitaria (laurea magistrale corrispondente al livello ISCED 7) nella materia da insegnare, con l’aggiunta di una formazione teorica di tipo pedagogico e didattico, e un periodo di prova pratica o tirocinio in servizio (in-school placement).
Sul sito Eurydice potete approfondire la questione.

Se volete andare a insegnare fuori dell’UE invece, ogni paese ha regole tutte sue, che vanno cercate nei siti ufficiali di quel paese specifico. In generale possiamo dire che sarà molto più difficile farsi riconoscere gli studi già fatti.

Per quanto riguarda la materia di insegnamento, ci sono canali molteplici e differenti in particolare per l’insegnamento della lingua italiana all’estero, mentre per le varie altre materie bisogna seguire il percorso previsto per i cittadini del paese scelto che vogliono diventare insegnanti (vedi sempre il sito Eurydice)

Vediamo quali sono le possibilità per l’insegnamento dell’italiano all’estero:

assistente di lingua italiana:
Si tratta di affiancare il docente di lingua italiana di ruolo per circa 12 ore alla settimana, in scuola di vario ordine e grado. La durata di questa esperienza corrisponde a quella dell’anno scolastico del paese di destinazione (questa esperienza si può fare in Belgio, Germania, Francia, Irlanda, Spagna e Regno Unito). Si accede a questo canale attraverso un bando che viene aperto dal MIUR ogni anno, di solito nei primi mesi, e possono Partecipare giovani under 30 con laurea magistrale/specialistica.

lettore universitario
Per fare il lettore presso le università all’estero invece bisogna passare il concorso triennale del Ministero degli Affari Esteri MAE/MIUR, ma è necessario essere già docenti di ruolo nella scuola secondaria in Italia ed avere una laurea in Lettere o Lingue Straniere.
In alcuni casi si può accedere a questa opportunità con incarico locale, per cui bisogna rivolgersi direttamente alle Università straniere.

insegnante negli Istituti Italiani di Cultura
Gli Istituti Italiani di Cultura sono sparsi nelle città di tutto il mondo e hanno il compito di promuovere e diffondere la cultura e la lingua italiana.
Per insegnare italiano all’estero presso questi istituti bisogna partecipare a concorsi pubblici indetti dagli istituti stessi, che dipendono dal Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale (MAECI).
Per insegnare all’estero in questo caso bisogna essere in possesso di una laurea magistrale in Lettere o Lingue e letterature straniere o simili con una votazione non inferiore a 110/110. E’ necessario anche avere una buona competenza nella lingua straniera del paese di destinazione, essere già assunti a tempo indeterminato nella scuola con almeno 3 anni di esperienza. Non per tutti, ecco.

docente supplente
Per insegnare italiano all’estero come supplente è necessario entrare in una specifica graduatoria, aggiornata ogni tre anni dal Ministero degli Affari E e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Per essere inseriti nelle graduatorie è necessario possedere il titolo di studio richiesto per l’insegnamento della classe di concorso per cui si chiede l’inserimento, mentre l’abilitazione all’insegnamento è un requisito preferenziale, ma non necessario.

docente presso scuole ed enti privati o scuole di lingue
Naturalmente c’è anche la possibilità di insegnare italiano all’estero anche inviando il proprio curriculum e una candidatura spontanea a soggetti diversi da quelli elencati sopra, come scuole private italiane operanti all’estero e enti gestori dei corsi di lingua e cultura italiana.
Sul sito Italiana si trova l’elenco delle “Istituzioni scolastiche italiane all’estero” e i corsi che vengono attivati dai Consolati o altri soggetti
In questi casi la domanda va inviata direttamente all’indirizzo delle istituzioni che promuovono il corso dove vogliamo insegnare.

Insomma, sicuramente è una carriera che va pianificata con un po’ di anticipo e che richiede tempo per arrivare alla posizione desiderata, ma non è impossibile.

Buona fortuna!

Un webinar per partire con YFEJ!

Chissà quanti di voi hanno pensato, anche più di una volta, di partire per un tirocinio o un lavoro all’estero. Ma come si fa? Da dove si comincia?

Un primo passo da fare è valutare attentamente la propria motivazione e le reali opportunità di trovare un impiego adeguato.

Capitolo motivazione: la motivazione per cercare opportunità lavorativa all’estero non può essere solo che qui non si è trovato un lavoro. Può essere un aspetto dell’interesse a partire, ma ci vuole anche altro. Bisogna avere una idea del settore di interesse, delle proprie capacità e conoscenze, del tipo di professionalità che si vuole sviluppare durante l’esperienza all’estero.

Capitolo reali opportunità: oltre a quello che ci piacerebbe fare, bisogna fare un lavoro di autovalutazione per essere certi di avere qualche buona carta da giocare sul mercato del lavoro di un altro paese. La prima valutazione che va fatta è sul livello di conoscenza delle lingua di quel paese, e sulla reale possibilità di raggiungere in tempi brevi o medi un livello adeguato a poter lavorare. La conoscenza della lingua va considerata anche in rapporto al ruolo o la professione desiderata: infatti è difficile lavorare in un ruolo commerciale, di servizi al pubblico o simili, se non si ha un buon livello della lingua usata dal soggetto che mi accoglie, come tirocinante o lavoratore. Poi c’è anche da valutare le conoscenze e le eventuali esperienze da poter dimostrare.

Tutto questo lavoro di valutazione e preparazione può essere molto difficile da fare da soli, ed è proprio per questo che esistono servizi pubblici, e quindi gratuiti, dedicati.

Abbiamo più volte parlato di Eures, la rete europea dei servizi pubblici per il lavoro, presente su tutto il territorio europeo, con consulenti preparati a rispondere alle nostre domande e a darci utili indicazioni sul mercato del lavoro estero.

Anche il progetto YFEJ – Your First Eures Job ha uno spazio dedicato nel nostro sito, ma la buona notizia oggi è che sta per arrivare un percorso di accompagnamento per chi sta seriamente pensando di partire per un tirocinio o un lavoro, magari dopo la laurea o il diploma!

Lunedì 1 e mercoledì 3 febbraio (dalle 15 alle 17) è infatti previsto un webinar su questi argomenti tenuto da Anpal in collaborazione con Eurodesk Italy e Eures Marche dedicato interamente ai giovani marchigiani tra i 18 e i 35 anni!

Il percorso è pensato non solo per presentare nello specifico le possibilità offerte dalla nuova edizione del programma YFEJ, ma anche per accompagnare concretamente i partecipanti nei primi passi da fare per realizzare il loro progetto di esperienza all’estero. Si lavorerà infatti sulla valutazione delle proprie possibilità e sull’inserimento del proprio profilo sul portale del programma.

Le iscrizioni sono già aperte, e si chiuderanno al raggiungimento del numero di partecipanti previsti.

Se non siete ancora pronti a cominciare a fare le valigie, ma vorreste saperne di più su queste opportunità, prendete un appuntamento e venite a parlarne con noi!

 

Time to Move 2020

Time to Move 2020!

Anche quest’anno Eurodesk, la rete di informazione sulle opportunità europee per i giovani di cui facciamo parte, lancia in tutta Europa, per il mese di ottobre, la campagna Time to Move!

Working Holiday in Nuova Zelanda

Le destinazioni più famose per un Working Holiday sono sicuramente Australia e Canada, ma molti giovani stanno riscoprendo la Nuova Zelanda, soprattutto dopo che le sue montagne, valli e isole hanno fatto da sfondo alla saga del Signore degli Anelli (il regista è originario della Nuova Zelanda, e qui ci sono i particolari di dove sono state girate le varie scene).

Anche in Nuova Zelanda il visto per vacanza lavoro si chiama Working Holiday Visa, ed è dedicato ai giovani di vari paesi che vogliono conoscere il paese e lavorare per mantenersi nel frattempo. Essendo la Nuova Zelanda un paese che tiene molto all’equilibrio tra vita privata e lavoro, e in generale alla qualità della vita, è specificato che il visto è pensato soprattutto per chi ha intenzione di fare una vacanza, mentre il lavoro dovrebbe essere una attività secondaria: un ottimo inizio!

Il governo della Nuova Zelanda dedica una pagina ai cittadini di ogni paese, dato che lo stesso visto Working Holiday può avere caratteristiche leggermente diverse a seconda della cittadinanza. Nella pagina dedicata ai giovani di cittadinanza italiana ci sono le prime cose da sapere per chi vuole andare a fare questa esperienza:

  • l’età per richiedere questo visto è tra i 18 e i 30 anni
  • il visto dura 12 mesi
  • con questo visto si può anche studiare o fare un tirocinio, per un massimo di 6 mesi
  • con questo visto si può lavorare, a patto che non si lavori con lo stesso datore di lavoro per più di 3 mesi

La domanda per il Working Holiday Visa si fa online, e il numero di visti che la Nuova Zelanda concede agli italiani è illimitato, a differenza di quanto accade in Canada e Australia.

Ecco cosa serve per fare domanda di visto:

  • avere un passaporto valido (assicurati che abbia una validità di almeno 15 mesi al momento dell’ingresso nel paese)
  •  essere in buona salute
  • avere un “buon carattere” (c’è un test online da fare, per assicurarsi che non siamo attaccabrighe o teste calde ;-D)
  • dimostrare di avere sul conto almeno 4200 dollari neozelandesi, più una somma per comperare il biglietto aereo di ritorno
  • avere una assicurazione medica privata per tutto il periodo della permanenza in Nuova Zelanda
  • non aver ottenuto già un Working Holiday Visa per la Nuova Zelanda

Una volta fatta domanda, i tempi per ottenere una risposta sono di 30 giorni circa.

Il costo per la domanda è di 280 dollari, da pagare online con carta di credito e che non vengono rimborsati nel caso la domanda venga respinta. Una curiosità è che in questa quota è inclusa una piccola tassa per la conservazione dei beni culturali neozelandesi.

Sul sito ufficiale dell’immigrazione c’è anche una pratica guida per facilitare le persone che stanno per trasferirsi in Nuova Zelanda, con indicazioni su come organizzarsi per tutti gli aspetti indispensabili di cui occuparsi, prima dell’arrivo e subito dopo. Lo strumento online crea una check list di cose da fare per prepararti a partire, a seconda della tua situazione specifica e dei tuoi progetti, così da aiutarti a non dimenticare niente. Poi ci sono consigli per tutte le piccole cose indispensabili quando si va in un paese diverso: trovare un dottore, prendere la patente, trovare lavoro, conoscere i tuoi diritti, e tanto altro. C’è anche una sezione dedicata alla cultura locale e alle abitudini di comunicazione e socializzazione, per non farti sentire un pesce fuor d’acqua!

Working Holiday in Canada

In Canada il Working Holiday Visa si chiama IEC – International Experience Canada, ed è una esperienza perfetta per chi vuole girare e conoscere questo grande paese.  In Canada il visto è valido per entrare nel paese, spostarsi e lavorare per diversi datori di lavoro in zone diverse, per un periodo di 6 mesi. Un mese prima della scadenza del visto, è possibile chiederne un altro come turisti, che permetterà di restare nel paese per altri 6 mesi (ma senza lavorare).

La richiesta del visto per il WH in Canada segue una procedura un po’ diversa da quella per il corrispondente visto australiano, ed è basata sulle pool of candidates. In pratica il candidato si inserisce in una sorta di lista dalla quale un datore di lavoro canadese può “pescarlo” e invitarlo a fare la vera e propria richiesta per il visto.

L’inserimento nella pool ha una durata predefinita, di solito di un anno. Alla fine dell’anno le pool vengono svuotate e se non si è ricevuto l’invito bisogna fare di nuovo la procedura di iscrizione.

I requisiti di base per partecipare sono la nazionalità e l’età compresa tra 18 e 35 anni. A non tutti i giovani è infatti permesso di ottenere questo tipo di visto, e la differenza è data dalla cittadinanza: per gli italiani è possibile, ecco perché ne stiamo parlando :-). Poi a seconda del tipo di lavoro per cui ci si offre ci possono essere altri requisiti secondari. Anche per il Canada la possibilità di utilizzare questo visto deriva dagli accordi con l’Italia, e il visto che si ottiene è un open work permit.

La procedura, illustrata brevemente qui, comincia con un breve questionario che assegna al candidato un personal reference code. Subito dopo si può procedere alla creazione di un account IRCC – Immigration, Refugees and Citizenship Canada. E’ il momento di caricare informazioni sul proprio profilo, anche professionale, per poter essere scelti da un datore di lavoro interessato (servirà un cv, o resumè).

Quando un datore di lavoro è interessato al nostro profilo, ci arriva una notifica via email, con una lettera allegata: da questo momento il candidato ha 10 giorni per avviare la procedura online della richiesta vera e propria di visto, e 20 giorni per completarla.

L’invito da parte dei datori di lavoro può avvenire secondo un preciso calendario di round of invitation (mandate di inviti), per cui in un anno in genere ci sono due o tre round. Dato che i visti assegnati per paese si esauriscono andando avanti con l’anno, una buona strategia è fare domanda all’inizio dell’anno, per essere pronti al primo round of invitation. Di solito il numero di visti assegnati all’Italia ogni anno è intorno ai mille, e nella pagina del calendario sono indicati i posti disponibili in tempo reale, e quando è previsto il successivo round of invitation.

Una volta accettato l’invito del datore di lavoro, questo ci invia un codice da inserire nella richiesta di visto, necessario a finalizzarla. A questo punto ci verrà richiesto di caricare tutti i documenti necessari (copia del passaporto, fototessera, eventuali esami medici e certificati penali) e di pagare il fee (di solito è il costo del visto e del permesso di lavoro, che si aggira intorno ai 230 dollari canadesi). Attenzione perché questo passaggio va fatto entro 20 giorni, quindi è bene preparare prima i documenti necessari (indicati sul sito).

A questo punto non resta che caricare i propri dati biometrici, secondo le istruzioni date, e attendere che tutta la documentazione venga controllata (ci vorranno fino a 56 giorni). Se tutto andrà bene e se verremo sorteggiati, saremo tra quelli che ricevono la POE – Port of Entry Letter, il documento che va portato con se al momento dell’arrivo in Canada. Solo arrivati sul posto infatti, si riceverà il vero e proprio visto per il Working Holiday.

I documenti che potrebbero essere richiesti durante il procedimento di application o appena arrivati sono diversi, quindi è sempre bene, prima di cominciare e per ogni fase del procedimento, leggere bene tutte le indicazioni, navigando su tutte le pagine relative alle modalità di domanda. Questo perché queste procedure cambiano, anche se di poco, abbastanza spesso. Se volete una panoramica delle domande e delle risposte più comuni, ecco dove trovarle, ordinate per argomento. Il sito offre anche un glossario di tutte le parole e espressioni usate, per maggiore chiarezza.

Sul sito ufficiale dell’immigrazione canadese si suggerisce anche, se si vuole, di utilizzare una RO, Recognized Organization, organizzazioni accreditate di supporto per chi vuole fare una esperienza di lavoro o studio in Canada.

 

 

working holiday australia

Working Holiday in Australia

Se hai scelto di tentare la fortuna Down Under sei tra le diverse migliaia di giovani che lo fanno ogni anno!

L’Australia è un paese che attira moltissimo i più giovani per il suo stile di vita rilassato e libero, in cui lo sport, spesso praticato sulle spiagge o in grandi spazi aperti, ha un ruolo di primo piano. L’Australia è in generale un paese sicuro per muoversi e riserva un’attenzione particolare ai giovani che si muovono lavorando. Ad esempio sul sito turistico ufficiale c’è una sezione a loro dedicata, con informazioni per la ricerca di lavori che si conciliano con il viaggiare, su itinerari da scoprire, posti in cui vivere, fare volontariato, e molto altro.

In Australia il visto Working Holiday Visa permette a giovani tra i 18 e i 31 anni (non compiuti al momento della domanda) di entrare nel paese, viverci, viaggiare, lavorare, e anche studiare (per un massimo di 17 settimane). Molti lo utilizzano prevalentemente per lavorare, così da avere più soldi da spendere durante il periodo in cui rimangono là, o per finanziarsi un corso di inglese, o semplicemente per guadagnare qualcosa e arricchire il cv.

Il WHV – Working Holiday Visa è perfetto per esplorare l’Australia, migliorare l’inglese e fare qualche esperienza di lavoro. Devi ricordare però che non è possibile lavorare con lo stesso datore di lavoro per più di 6 mesi. Il visto è valido in totale per 12 mesi, ed è rinnovabile per un altro anno nel caso in cui hai svolto un lavoro nel settore agricolo (nelle farm) per almeno 88 giorni, durante il primo anno di Working Holiday.

La richiesta del visto si fa online, registrandoti sul sito ufficiale dell’immigrazione del governo Australiano. Tra i visti dedicati a chi viaggia e lavora, quello per i giovani di nazionalità italiana (insieme ad un’altra ventina di nazionalità) è il subclass 417.

Per poter accedere alla procedura, devi avere i requisiti di età e nazionalità, registrarti e poi inserire i tuoi dati. Ricordati di avere a portata di mano il passaporto, che naturalmente deve essere valido, non scaduto, e il numero della carta di credito o carta prepagata, con un saldo di almeno 5000 dollari australiani più il costo del biglietto aereo di ritorno. Questo serve per essere sicuri di avere un fondo per mantenersi i primi tempi, oltre al necessario per rientrare nel paese d’origine prima dei 12 mesi in caso di necessità.

Tra le condizioni poste dal governo australiano per concedere questo tipo di visto ci sono le buone condizioni generali di salute, e non essere una minaccia per la stabilità sociale del paese, cioè non avere condanne penali.

Una volta inseriti tutti i dati e pagata la quota dovuta per il visto (intorno a 500 dollari australiani), per avere la risposta ci vuole da uno a due mesi. Dal momento in cui il dipartimento per l’immigrazione invia la risposta positiva, potrai prepararti per partire: prenotare il volo, un primo alloggio, fare l’assicurazione sanitaria privata e simili. In alcuni casi il dipartimento può inviare una mail con la richiesta di documentazione aggiuntiva (tipo esami medici o il certificato penale).

Una volta ricevuta la risposta positiva alla richiesta di visto, hai alcuni mesi di tempo per entrare nel paese, scaduti i quali bisogna ripetere da capo la procedura. I 12 mesi di durata del visto si contano a partire dal momento in cui si arriva in Australia.

Il secondo WHV lo puoi richiedere mentre sei in Australia, ma bisogna comunque mantenere il requisito di non aver compiuto i 31 anni. Insomma, ci sono diverse possibilità e c’è tempo per decidere di dedicarsi un anno e conoscere lo stile di vita Aussie!

Working Holiday in Australia, Canada e Nuova Zelanda

Il Working Holiday, letteralmente vacanza lavoro, è un tipo di esperienza all’estero molto affascinante e ricercata per tutti quelli che amano l’avventura in terre lontane e sanno mettersi in gioco. Il Working Holiday dura un anno e da la possibilità di conoscere altre culture e amici, divertirsi, lavorare e spesso anche studiare.

Si parla di Working Holiday nello specifico per l’Australia, il Canada e Nuova Zelanda: ma perché?
Non si potrebbe fare anche in altri paesi? Il fatto è che in realtà il Working Holiday è un tipo di visto di ingresso, che permette a giovani cittadini di altre nazionalità di entrare in paesi extraeuropei e restarci per un anno, viaggiando e lavorando. Si può fare la stessa esperienza in tutti i paesi membri dell’UE, naturalmente, ed è molto più facile perché per questi non ci serve un visto né per viaggiare, né per lavorare o studiare, grazie al fatto che cittadini dell’Unione.

Il Working Holiday, anche detto Working Holiday Visa, appunto perché si parla prima di tutto di un visto di ingresso per questi paesi, può essere richiesto da giovani con almeno 18 anni e, a seconda dei vari casi, entro i 31 o i 36 anni di età.
Ogni visto ha delle finalità ben precise, cioè va richiesto (seguendo la procedura online sul sito del dipartimento dell’immigrazione del paese scelto) per il motivo specifico per cui andiamo in un altro paese (turismo, lavoro, studio, ricongiungimento familiare, ecc). Il bello del Working Holiday è che include la possibilità di viaggiare, risiedere, lavorare, studiare e in alcuni casi anche fare un tirocinio.

Per molti ragazzi e ragazze è un modo per esplorare uno di questi paesi per poi decidere se chiedere un altro visto e trascorrere altro tempo rispetto ai 12 mesi di durata del Working Holiday Visa, facendo domanda per un secondo visto, uguale o diverso, a seconda dei casi.
La possibilità piuttosto diffusa in questi paesi di poter trovare lavori anche per brevi periodi è quella che rende il tutto così affascinante e divertente: si può decidere di rimanere in una città o una zona per alcuni mesi per poi spostarsi da un’altra parte, esplorare luoghi diversi e nel frattempo mantenersi lavorando.

Il Working Holiday è perfetto anche per chi vuole conquistare una solida conoscenza dell’inglese e ha intenzione di dedicare a questo obiettivo un tempo lungo, facendolo andare d’accordo anche con la possibilità di viaggiare, divertirsi e fare qualche esperienza di lavoro. Anche se è importante ricordare che ogni paese ha una sua versione dell’inglese, più o meno diverso da un ideale inglese standard, per pronuncia, parole e costruzioni della frase. In tutti questi paesi ci sono tantissime scuole di lingua dedicate agli stranieri che vogliono imparare l’inglese, con programmi specifici in base al tipo di competenze di cui si hanno bisogno (English for business, general English, academic English) e con servizi aggiuntivi per chi è trasferito da poco (escursioni, attività di gruppo, supporto per la ricerca del lavoro o tirocinio).

I tempi per fare domanda, caricare tutti i documenti necessari, ottenere una risposta e poi prepararsi sono ovviamente non brevissimi, e quindi è bene informarsi per tempo e programmare la partenza in modo strategico.

Segui i link per scoprire come funziona il Working Holiday in questi tre paesi diversi: Australia, Canada e Nuova Zelanda!

Lavorare all’estero

Partire e andare a lavorare all’estero, quanti di noi ci hanno pensato, almeno una volta?

L’estrema facilità con cui possiamo muoverci, viaggiare e raggiungere ogni angolo d’Europa in poche ore può darci l’illusione di poterci trasferire in pochi giorni e cambiare vita da un mese all’altro.

Lavorare all’estero però non è così immediato e, se in Italia possiamo avere difficoltà di trovare un lavoro, lo stesso può succedere anche in un altro paese. Tra l’altro “l’estero” è una indicazione molto vaga, ogni paese ha i suoi problemi, i suoi punti di forza e le sue opportunità da offrire.

Tutto sta nel prepararsi adeguatamente, per non rischiare una delusione e la perdita di tempo, energie e spesso anche risorse economiche.
Sia che il progetto sia di trasferirsi per un periodo di tempo limitato (che comunque difficilmente potrà essere meno di sei mesi), sia che l’idea sia di lavorare all’estero per un periodo più lungo, ci sono alcuni aspetti fondamentali su cui bisogna ragionare prima.

Il primo aspetto su cui ragionare è la motivazione per cui si decide di voler partire.
Le motivazioni possono essere tante e diverse, ma non tutte sono buone, nel senso che non tutti i motivi che ci spingono a considerare questa opportunità sono un buon punto di partenza.
Se sto principalmente fuggendo da una realtà che non mi offre quello che cerco o di cui sono insoddisfatto, è probabile che troverò simili problemi anche nel luogo di destinazione.

Se invece cerco nuove opportunità e sfide, e sono pronto ad affrontare un percorso più o meno lungo, con curiosità, grinta ed entusiasmo, le possibilità che l’esperienza sia positiva, formativa e valida sono molto più alte.

Il secondo aspetto che va considerato è quello del profilo professionale: quali sono le qualifiche, le specializzazioni, le esperienze che posso offrire ad un possibile datore di lavoro? Anche se ci pare evidente, ci teniamo a sottolineare che non è più il tempo (se mai lo è stato) in cui si può partire senza avere nessuna competenza specifica e aspettarsi di trovare all’estero il “lavoro qualsiasi” che non si trova vicino casa.
E’ importante avere ben chiare quali sono le proprie capacità, conoscenze, competenze, che vanno anche certificate e in qualche modo dimostrate.
Non è che sia impossibile partire e cercare lavori semplici, che richiedono poca esperienza, ma bisogna mettere in conto, in questo caso, che ci potrebbero volere alcune settimane per trovare qualcosa. Inoltre la concorrenza, nei lavori di questo tipo, è molto alta, ed è composta in genere da persone abituate a lavorare molte più ore, per un compenso minore, e spesso con poche garanzie e tutele.

Il terzo aspetto, comunque molto importante, è la conoscenza di una lingua straniera. Questo è in genere un problema abbastanza grosso per noi italiani, che per (recente) tradizione diamo scarsa importanza all’apprendimento delle lingue straniere o lo facciamo in maniera superficiale. Spesso capita che abbiamo qualifiche o esperienze di livello alto, ma non possiamo utilizzarle perché non abbiamo un corrispondente livello di conoscenza della lingua straniera.
La conoscenza delle lingua del paese in cui voglio andare è fondamentale per poter interagire con i datori di lavoro, con i colleghi, con i clienti, con gli uffici dei vari enti con cui mi dovrò relazionare. Ma anche per capire i contenuti dei siti che userò prima della partenza e durante la permanenza, per la ricerca di un alloggio, per la spesa, la farmacia, per prendere un aereo, un bus, o per andare a cena fuori.
In molti paesi, e soprattutto in aziende grandi, una conoscenza intermedia dell’inglese, come punto di partenza, può essere sufficiente. Ma non possiamo aspettarci che sarà abbastanza, soprattutto se pensiamo di stabilirci nel paese o di restarci per diversi mesi. Anche per quanto riguarda le relazioni e il tempo libero è importante avere gli strumenti per interagire con gli altri.

Dopo aver ragionato su tutto questo, da dove comincio?
E già, perché su internet c’è tutto, ma spesso si finisce per essere sommersi e confusi da tantissimi siti, non sempre affidabili e aggiornati.

Per i lavoratori che vogliono spostarsi per motivi di lavoro c’è Eures, la rete dei servizi per l’impiego a livello europeo. Eures è un portale con molte informazioni utili e aggiornate per chi vuole trasferirsi. C’è una sezione dedicata alle offerte pubblicate e ai cv dei candidati. Ma è anche una rete di consulenti sparsi per i paesi europei e disponibili a incontrare per una consulenza gratuita chi vuole progettare una esperienza di lavoro all’estero.

Per i più giovani esiste anche il progetto Your first Eures job, un programma pensato per aiutare chi ha tra 18 e 35 anni nel difficile percorso di ricerca di un lavoro o un tirocinio all’estero. Il programma offre non solo supporto e consulenza ma anche la possibilità di coprire alcune spese, come il riconoscimento dei titoli di studio o una formazione linguistica.

Niente paura però, perché esiste un programma gemello anche per gli adulti, e si chiama ReActivate!
Dato che il mercato del lavoro è diventato più dinamico e che il principio di libera circolazione delle persone in Europa lo permette, c’è un servizio anche per gli adulti che vogliono spostarsi per trovare migliori opportunità di carriera.

Se il progetto è quello di un lavoro stagionale all’estero, questi consigli sono utili e ne trovate altri qui.

In questo momento in cui il Covid sta cambiando velocemente le regole di libero movimento in Europa, verificate sempre la possibilità di poter entrare nel paese che vi interessa, con il portale Re-open EU .

Se vuoi parlarne con noi per capire da dove iniziare e come rivolgerti a questi servizi, contattaci per una appuntamento!

woofing

Woofing, volontariato rurale, biologico e sostenibile!

Woofing, ne avete mai sentito parlare? Forse sì, perché si tratta di un movimento nato decine di anni fa e diffuso in tutto il mondo, a cui prendono parte ogni anno migliaia di persone.

La sigla WOOF sta per Worldwide Opportunities on Organic Farms ed è un movimento mondiale che mette in relazione volontari e progetti rurali naturali per contribuire a costruire una comunità globale sostenibile.

Di che esperienza si tratta? Il Woofing mette in contatto persone interessate a conoscere tecniche di agricoltura biologica e uno stile di vita sostenibile con agricoltori e allevatori di fattorie che utilizzano metodi biologici per le loro attività. E’ un modo per imparare le tecniche o scambiare competenze nell’ambito dell’agricoltura biologica, entrare a far parte di questo circuito e vivere questo stile di vita in prima persona.

Non si tratta però di una sorta di apprendistato, o tirocinio lavorativo, ma di uno scambio culturale, basato sulla fiducia, tra persone che hanno un interesse comune nel condividere conoscenze, esperienze e del tempo insieme, immersi nella natura e lontano alcune “false comodità”, come alcuni le chiamano.

Per chi ama la vita all’aperto ed è curioso di entrare in contatto con altre culture, il circuito di Woofer permette di trovare accoglienza presso fattorie e produttori in molti paesi del mondo (anche in Italia, perché il nostro paese è ricco di differenze e tradizioni locali). In cambio di alcune ore di lavoro, si ottiene vitto, alloggio e la possibilità di incontrare persone di paesi e stili di vita diversi.

I volontari, o Woofer, partecipano alle varie attività tipiche che si svolgono nella fattoria o in una organizzazione rurale con orari e mansioni concordati prima della partenza. L’ospitalità dei woofers è garantita dagli host ed è uno scambio non monetario, ma educativo e culturale. Si vive tutti nella fattoria, si mangia insieme, si lavora insieme, si chiacchiera e ci si raccontano le proprie esperienze.

Vi piace l’idea? Come fare in pratica a trovare l’esperienza che fa per noi e partecipare?

I tipi di attività che potete fare sono tantissimi, e cambiano a seconda dell’host, del paese in cui andrete (ognuno ha le sue colture, tradizioni, soluzioni) e della stagione (anche se la maggior parte di queste esperienze si svolge nella bella stagione, quando le attività sono a pieno ritmo). Per esempio si può prendersi cura di un uliveto o di un orto, raccogliere frutti di bosco, recuperare un’area agricola abbandonata, aiutare nella cura di mucche o altri animali, addestrare cavalli o raccogliere fieno. La scelta è vastissima ed è importante farla bene, in base ai propri interessi.

Sul sito internazionale del Woofing si trovano informazioni generali sull’esperienza, sia per chi vuole partire come woofer che per chi vuole ospitare, e soprattutto si trovano i link ai siti ufficiali dei vari paesi.

Sì, perché poi per trovare il vostro host ideale dovete andare sul sito del woofing del paese scelto come destinazione. In genere è richiesta la registrazione con il profilo woofer e spesso il versamento di una piccola quota di associazione annuale (in Italia è di 35 euro) per poter accedere alla lista degli host, cioè delle fattorie che accolgono i volontari.

Il mio consiglio è di partire dal sito WOOF Italia, dove tutto è spiegato molto bene, con consigli su che cosa aspettarsi, che cosa ci si aspetterà da noi, che cosa portare e varie risposte su questioni pratiche.

Ci sono piccole differenze da paese a paese sulle modalità di partecipazione, ma in generale l’esperienza si fonda sugli stessi principi.

Per partecipare bisogna avere almeno 18 anni, anche se per esempio il Woof Italia prevede la possibilità, in alcuni casi, di valutare richieste di minori dai 16 anni.

Se non avete mai provato, e cercate un modo diverso di impiegare parte dell’estate, il Woofing è un’ottima soluzione!

Cv per l’estero

Tra le prime questioni da affrontare per andare a fare una esperienza di lavoro all’estero c’è il cv!

Preparare un cv per candidarsi o rispondere a un’offerta di lavoro all’estero presenta difficoltà aggiuntive, rispetto a quando se ne crea uno per il proprio paese. Solo per elencare le principali, ci sono la lingua, la traduzione delle proprie mansioni e titoli di studio e la differenza culturale. Ma non ci facciamo scoraggiare prima del dovuto.

Come si fa? Da dove si comincia?
Intanto diciamo subito che non bisogna semplicemente tradurre il cv italiano nella lingua del paese di destinazione. Va fatta una vera e propria trasposizione (come quando si trasforma un libro in un film) dei contenuti da una cultura a un’altra, adattando parole, espressioni, mansioni, formati e, soprattutto, l’approccio alla candidatura di lavoro.

Il primo strumento che ci viene in aiuto è il cv Europass, o formato europeo, studiato proprio per facilitare la creazione di un documento utile per la mobilità dei lavoratori in Europa, come abbiamo già detto qui, che sia comprensibile e riconoscibile nei vari paesi.

Ci sono però due aspetti per quanto riguarda il cv europeo, che non sempre lo rendono la miglior soluzione se state per creare il vostro cv per l’estero.
Il primo elemento da considerare è il destinatario: il cv infatti non è vostro ma, si potrebbe dire, del lettore! Cosa significa? Significa che mentre lo scrivete pensate alle vostre esperienze, studi e abilità, ma che vi dovete concentrare allo stesso modo sul destinatario. Che cosa cerca? Che cosa vuole sapere? E questo, come ripetiamo spesso, vale sempre quando preparate il cv, non solo per l’estero!

Il secondo elemento è la cultura della candidatura dei diversi paesi, cioè qual è la prassi, l’abitudine, come si fa di solito il cv nel paese dove volete andare.

Il cv europeo in genere è accettato nei paesi dell’Europa continentale, come la Francia, la Germani e la Spagna.
Sul sito ufficiale Europass c’è il form dedicato (nelle varie lingue)per inserire passo passo le informazioni e per scaricarlo una volta completato.

Non è invece apprezzato nei pesi anglosassoni e scandinavi, che preferiscono il cv detto appunto all’inglese. Vediamo come è fatto, partendo dalla struttura, che è abbastanza diversa, a partire dalla lunghezza (se non avete tantissime esperienze una pagina può bastare) e dall’organizzazione abbastanza schematica delle informazioni.

Vediamo come è fatto, partendo dalla struttura, che è abbastanza diversa, a partire dalla lunghezza (se non avete tantissime esperienze una pagina può bastare) e dall’organizzazione schematica delle informazioni.
Per cominciare viene dedicato molto meno spazio ai dati personali, che possono essere usati in maniera discriminatoria, oltre al fatto che spesso non hanno a che vedere con le vostre capacità e la posizione per cui vi presentate. Quindi nome, cognome e contatti in genere sono sufficienti.

La seconda sezione nel cv all’inglese è il Profile o Professional objective, poche righe di presentazione di delle proprie capacità, interessi, progetti per il futuro. Per noi spesso questa parte è difficile perché non siamo abituati a sintetizzare il nostro profilo professionale in questo modo, ma dopo aver visto alcuni esempi tutto è più facile.

Per quanto riguarda le esperienze professionali e la formazione, spesso si usa indicare mese e anno, a volte solo l’anno. Le informazioni vengono sintetizzate al massimo, usando parole chiave molto precise per definire mansioni, titoli, responsabilità e risultati.

Una parte rilevante, importante, è quella delle competenze trasversali, o soft skills, di cui abbiamo parlato tantissimo e in varie occasioni, e a cui abbiamo dedicato anche un format specifico, il nostro Be Smart. Sono tutte quelle capacità che non sono strettamente connesse al settore di cui ci occupiamo o alla nostra mansione, ma che definiscono e danno valore al modo in cui facciamo il nostro lavoro. Sono sempre più importanti in tutti i settori e in ogni paese, e qui ce ne sono solo alcune, in inglese, come esempio.

Nel cv all’inglese un ruolo importante ce l’hanno anche le attività extra-lavorative, ad esempio volontariato, sport, interessi personali, associazioni e gruppi di cui facciamo parte. Attività che riguardano la nostra sfera sociale, ricreativa, e che in breve ci definiscono meglio come persone, e non solo come lavoratori.

Vediamo anche qualche breve indicazione per preparare il cv per andare a lavorare in altri paesi, secondo quanto ci è stato indicato dai referenti Eures.
Il cv spagnolo, un po’ come quello italiano, deve essere creato pensando al destinatario: è importante che sia ben strutturato, di facile (e se possibile anche gradevole) lettura, sintetico ma completo delle informazioni rilevanti. L’ideale è non superare le due pagine di lunghezza, ed evitare (come sempre) errori di ortografie e battitura. Per questo è sempre utile farlo leggere ad un’altra persona, prima di inviarlo.

Il cv preparato per un lavoro in Svezia richiede un po’ di creatività: è importante che sia semplice, accattivante, con una particolare attenzione anche al layout, possibilmente personale, originale. Si può scegliere, un po’ come facciamo anche noi, se mettere prima le esperienze di lavoro o la formazione, e si preferisce l’ordina cronologico inverso (prima le esperienze più recenti e poi via via più datate, ma senza andare troppo indietro nel tempo). Le date vanno scritte indicando anno, mese, giorno, ed è consigliabile includere solo le informazioni rilevanti per la posizione desiderata.

In Olanda si preferisce un cv breve, semplice e to the point, cioè che sia creato appositamente per la posizione e includa solo le informazioni rilevanti. A differenza di molti altri paesi, esperienze e formazione vanno elencate seguendo l’ordine cronologico. Anche in Olanda i selezionatori sono interessati a sapere in quali attività vi occupate nel tempo libero, meglio se in qualche modo collegate al settore o alla mansione desiderata. E’ importante poi che il cv, anche qui di una, massimo due pagine, contenga dati e informazioni, mentre le motivazioni, le aspirazioni e simili vanno espresse nella lettera di accompagnamento. La lettera va scritta in olandese, a meno che nell’annuncio non sia specificato diversamente.

Il cv per la Danimarca può estendersi alle due pagine ma è importante che sia ben focalizzato sulla posizione desiderata e sulle richieste dell’azienda. Nella lettera di presentazione assicuratevi di includere le informazioni che rispondono accuratamente ai requisiti richiesti nell’annuncio, e di specificare che cosa l’azienda guadagnerà assumendo voi, più che quello che voi vi aspettate di imparare o ottenere dalla posizione. Naturalmente i selezionatori si aspettano anche di capire come mai avete scelto proprio quell’azienda.

Per la Norvegia il cv può essere scritto in inglese o in un’altra lingua scandinava. Pur non dovendo includere allegati e documenti, bisogna essere pronti a fornirli, dato che potrebbero essere richiesti, una volta visionato il cv. La lunghezza consigliata è sempre quella tra una e due pagine, e anche qui tra i dati personali sono sufficienti il nome e il cognome, l’indirizzo, e i contatti. Non è richiesta la foto.

Ultime indicazioni per facilitarvi il lavoro, in particolare per quanto riguarda la traduzione e la trasposizione delle figure professionali e dei titoli di studio.
Per le figure professionali vi suggerisco di utilizzare il portale europeo ESCO, che raccoglie le definizioni, complete di mansioni e competenze, della totalità (o quasi) delle figure professionali in Europa. Attraverso la maschera di ricerca potete trovare la descrizione della posizione che vi interessa e vedere le stesse informazioni nella lingua di destinazione, selezionandola dall’elenco nella parte gialla al centro.

Per l’equiparazione dei titoli di studio, cioè per capire ed esprimere correttamente a quale livello della classificazione internazionale il vostro titolo corrisponde, c’è il sito dell’ENIC-NARIC.

Bene, non vi resta che cominciare!

 

Come trovare offerte di lavoro sul portale Eures

Che sia per un lavoro stagionale o un lavoro a lungo termine, se cercate un lavoro all’estero il portale Eures vi sarà utile in diversi modi.

La funzione più utilizzata è sicuramente la pagina dedicata alla ricerca di lavoro attraverso gli annunci.
Vediamo come funziona e come usare al meglio la maschera di ricerca, per trovare proprio quello che state cercando. Dato che le offerte disponibili sono in genere alcuni milioni, è davvero essenziale sapere come scovare quelle che ci potrebbero interessare.

A sinistra, nella pagina Trova un lavoro, nella sezione Candidati alla ricerca di un impiego, ci sono una serie di box che permettono di restringere la ricerca. Potete scegliere in quali paesi cercare, e anche in quale regione specifica del paese scelto, per chi ha già le idee chiare su dove vuole andare.  Si può restringere la ricerca anche per tipo di contratto ricercato (tempo pieno, parziale, flessibile) e a seconda del livello di istruzione.

Tra le condizioni si può indicare se la posizione ricercata è nell’ambito del lavoro sociale, o quanta esperienza si può offrire (da nessuna a più di cinque anni).

Nel box “Tipo di posizione” si può anche scegliere, se è questo l’obiettivo, l’opzione lavoro stagionale. Il lavoro stagionale può essere estivo o invernale, ed è più facile trovare offerte se si inserisce la parola seasonal anche nella sezione centrale, come parola chiave. Le parole chiave sono importantissime e se ne possono inserire diverse, che riguardano la professione ma anche la lingua conosciuta, i benefit desiderati o altri parametri. Per le parole chiave utilizzate l’inglese o la lingua del paese che vi interessa.

Molto importante è il box laterale nel quale si può scegliere di visualizzare le offerte con contrassegno Eures: sono quelle che sono state pubblicate sotto la supervisione di un consulente Eures, che quindi fa una serie di verifiche sull’azienda. Sono sicuramente in numero ridotto, ma quelle da considerare per prime per chi cerca qualcosa di certificato e affidabile.

Una volta inserite tutte le specifiche della posizione desiderata, si può salvare il profilo di ricerca, così da non doverlo rifare ogni volta. Questa funzione è molto utile soprattutto se considerate che una buona ricerca vi impegnerà per un periodo di diversi giorni o settimane.
Il portale vi da altre due possibilità, per rendere la ricerca più efficiente: ci si può registrare con una email e ricevere le offerte interessanti (secondo il profilo salvato) che di volta in volta vengono caricate e pubblicate, così da non perdere occasioni e non dover ricordare di verificare ogni settimana le nuove offerte.

Sempre nella sezione verde Candidati alla ricerca di un impiego c’è anche la voce Il mio cv. Significa che potete inserire i vostri dati e le informazioni relative al vostro profilo professionale, creando il vostro cv nel database del portale Eures. In questo modo un datore di lavoro che cerca un collaboratore con le vostre caratteristiche vi potrà trovare facendo una ricerca nella sezione a loro dedicata.

Molto spesso le offerte sono pubblicate nella lingua del paese di destinazione: questo però non deve scoraggiare chi è alla ricerca. Non è detto, infatti, che il datore del lavoro sia interessato solo a lavoratori madrelingua. Una volta iscritti al portale, si ha anche la possibilità di leggere le offerte in traduzione, semplicemente cliccando su un tasto predisposto sotto il testo dell’offerta.

Insomma, per trovare qualcosa adatto a voi bisogna prima di tutto saper cercare! Non dimenticate inoltre che i consulenti Eures, sparsi sul territorio europeo e quindi anche non lontano da voi, sono disponibili a supportarvi nella ricerca.

Coronavirus e mobilità

In questo lungo momento di emergenza e rivoluzione delle abitudini, anche chi è fuori dal proprio paese per un volontariato o una formazione ha dovuto confrontarsi con il problema.

Per chi è all’estero in questo momento, come abbiamo già indicato attraverso i nostri canali Facebook e whatsapp, c’è una pagina ufficiale dedicata per avere informazioni su cosa fare e come comportarsi.

L’indicazione per chi è all’estero per un progetto Erasmus o Corpo europeo di solidarietà è quella di rimanere in contatto con l’Agenzia nazionale del proprio paese e concordare con l’organizzazione ospitante le attività da fare da casa. Per chi non può rientrare rimangono confermati tutti i diritti e i benefit di partecipazione al programma. Si ha quindi diritto al vitto, alloggio, al pocket money e tutti gli altri finanziamenti previsti dal programma a cui si partecipa.

Per chi era sul punto di partire proprio nei giorni in cui la possibilità di spostarsi è stata revocata potranno essere rimborsati i biglietti di viaggio acquistati e non utilizzati. Il progetto per cui si partiva potrà essere rinviato fino a 12 mesi a partire dall’inizio previsto.

Sono state inoltre previsti finanziamenti aggiuntivi per spese d’emergenza, ad esempio per chi è dovuto rientrare in anticipo (le spese saranno finanziate attraverso l’organizzazione ospitante).

Per poter invece partecipare a nuovi e futuri bandi, si è deciso di estendere il periodo di solito indicato per essere considerati recent graduate, da 12 a 18 mesi.

Per quanto riguarda le scadenze per la presentazione di progetti da finanziare, date le difficoltà del momento è stato previsto uno slittamento in avanti per tutte quelle di aprile. Inoltre è stato eliminato l’obbligo di presentare alla scadenza la lettera di partenariato firmata dai partner.

Poi c’è DiscoverEU, l’iniziativa che regala ai diciottenni un pass Interrail per girare l’Europa. Ogni anno vengono distribuiti i pass in due round: data la situazione che impedirebbe ai ragazzi di viaggiare, il primo round di quest’anno, previsto inizialmente per il 12 marzo, è stato rimandato, ma non sappiamo ancora a quando. Seguendo il sito ufficiale, o i nostri canali Eurodesk Ancona, sarà possibile sapere quando verrà aperto. Anche per quest’anno sono previsti in totale 60.000 pass, di cui circa 2.500 per i ragazzi e le ragazze italiani.

Per i diciottenni che avevano partecipato all’ultimo round di novembre 2019, e che avrebbero potuto partire e viaggiare proprio in questo periodo, c’è una pagina dedicata per tutte le informazioni, e la email hello@start-discover.eu per richieste specifiche. In generale diciamo subito che sarà possibile cambiare il biglietto già acquistato.

E per finire,una delle cose da fare più importanti in questo momento è informarsi (senza passare la giornata attaccati a tv e news, che non fa bene) e non cadere nella trappola delle fake news! Vi segnalo la pagina dedicata creata da Eurodesk, per sapere, senza girare troppi siti, cosa sta facendo l’UE in questo momento per l’emergenza coronavirus, e news da non perdere sui programmi europei destinati ai giovani.

DiscoverEU: 18 anni, un Iterrail pass e parti!

Il regalo più bello che puoi ricevere per i tuoi 18 anni è… un pass Interrail DiscoverEU!

Ed è proprio questo il regalo che l’Unione europea ha pensato di fare ai ragazzi e alle ragazze che compiono 18 anni, ogni anno dal 2018, con un budget sempre più importante. La possibilità di ricevere un pass Interrail per viaggiare e scoprire l’Europa e la sua storia, le sue città e le persone che ne fanno parte: nuovi cibi, nuovi orizzonti, nuovi amici.

Come si fa a ottenere un pass Interrail DiscoverEU? Naturalmente c’è un piccolo ostacolo, un facile quiz sull’Europa: cinque domande a risposta multipla e una domanda di spareggio. Tra tutti quelli che rispondono correttamente, i primi verranno premiati con il biglietto per viaggiare nei mesi successivi. Se non vinci subito, non ti preoccupare: ogni anno ci sono due tornate per partecipare, solitamente a marzo e a novembre. E poi c’è la lista di riserva: se qualcuno che ha vinto il pass per qualche motivo decide di rinunciare, altri avranno la possibilità di partire.

I candidati selezionati vengono contattati prima di iniziare ad organizzare i loro viaggi. Il pass è pensato per spostamenti per lo più in treno, ma per garantire un accesso inclusivo in tutto il continente è possibile usare anche bus, traghetti o, eccezionalmente, aerei. Insieme al pass i partecipanti ricevono anche sostegno e orientamento, ad esempio sui come organizzare viaggi sostenibili.

Per accedere all’iniziativa si comincia dal Portale europeo dei giovani, dove ci si può registrare quando viene aperta la call. Qui si trovano anche tutte le informazioni dettagliate e le risposte alle domande più frequenti. Che cosa serve per partecipare? Un indirizzo email, un documento di identità valido e…voglia di avventura!

Come funziona l’organizzazione del viaggio? Puoi viaggiare da solo/a o in compagnia di altri amici, con cui puoi presentare la domanda. Puoi viaggiare fino un massimo di 30 giorni, e scegliere tra due possibilità di itinerario. Se scegli l’opzione fissa puoi viaggiare all’interno di due paesi, oppure verso due città dello stesso paese. Con l’opzione flessibile invece non ci sono limiti nel numero di paesi da visitare, ma solo nel numero di giorni.

DiscoverEU copre i costi del viaggio e non degli alloggi, ma sul portale dedicato e sul gruppo FB dedicato ai partecipanti puoi trovare consigli e suggerimenti per organizzarti al meglio!

Ogni partecipante diventa Ambasciatore DiscoverEU e può partecipare alla competition “Che luoghi hai esplorato quest’anno con #DiscoverEU?”, postando foto o brevi video del viaggio sul profilo pubblico Instagram o Twitter.

Quindi, in attesa che venga aperta la call per partecipare, puoi studiare il tuo itinerario e preparare il viaggio dei tuoi sogni!

“Sinceramente, ciò che mi ha sorpreso di più è stato conoscere me stessa” ha detto una partecipante.

Campi estivi 2020

In questo momento più che mai muoversi e uscire è in cima ai nostri pensieri! Le restrizioni che stiamo rispettando e che dovremo seguire ancora per un po’ ci hanno sicuramente fatto riflettere su possibilità che davamo per scontate e su quanto sia prezioso il tempo speso in compagnia di altre persone.

Restare a casa ci sta insegnando quanto tutto quello che facevamo prima era importante per sentirci parte di un gruppo (di lavoro, del quartiere, della palestra), di una comunità (di coetanei, di concittadini, di compagni di classe), insomma di un insieme di altre persone con cui condividiamo qualcosa.

Un’altra cosa che sta diventando evidente è quanto sia importante il senso di comunità, per esempio seguire tutti insieme le stesse regole. Ancora più evidente è la primaria importanza di tutti quelli che fanno qualcosa per gli altri, per lavoro e non solo. Da un lato medici, infermieri, corrieri, commessi dei supermercati e dei negozi che sono rimasti aperti. Ma anche tutti quelli che dedicano parte del loro tempo al volontariato, attraverso le varie associazioni che si stanno attivando per aiutare chi è in difficoltà, chi è rimasto isolato, chi ha bisogno di qualcosa che non può procurarsi da solo.

Questo momento storico e l’improvviso cambiamento delle nostre abitudini ci sta insegnando quanto è vitale stare insieme, e ancora di più quanto siano fondamentali per la nostra sopravvivenza l’altruismo e il dono, pensare all’altro, ricordarsi di curarsi del benessere non solo nostro ma di tutti.

Quindi quest’anno ancora più degli anni scorsi ha senso pensare di partecipare a un campo estivo di volontariato, di lavoro o di conoscenza (si può dedicare del tempo a imparare qualcosa di nuovo o a conoscere altre persone e culture). Ricordando che queste esperienze sono più di una vacanza, più di un semplice dono del nostro tempo, più che qualcosa che facciamo per gli altri. I campi estivi sono regali che facciamo a noi stessi, prima di tutto, e qui abbiamo raccontato per quali motivi.

Come sempre, è importante pianificare, scegliere e prepararsi da adesso, per vivere una esperienza estiva da ricordare! Soprattutto per chi cerca campi estivi per minorenni, marzo è il momento ottimale per dedicarsi alla scelta. I programmi dei campi estivi stanno uscendo in questi giorni, e i posti nei campi per minorenni sono quelli che si riempiono prima.

Le organizzazioni che progettano e gestiscono i campi estivi (ma ce ne sono tutto l’anno) stanno naturalmente seguendo gli sviluppi della situazione attuale e tutto sarà gestito di conseguenza, per garantire come sempre la sicurezza dei partecipanti. Ecco alcuni suggerimenti:

Legambiente: associazione senza fini di lucro, fatta di cittadini e cittadine che hanno a cuore la tutela dell’ambiente in tutte le sue forme, la qualità della vita, una società più equa, giusta e solidale. Offre la possibilità di partecipare a campi estivi in Italia e all’estero.

Libera: rete di associazioni, movimenti e gruppi contro le mafie. Con l’iniziativa “E!state liberi” organizza ogni anno campi di impegno e formazione per la valorizzazione e la promozione del riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, per la conoscenza dei territori coinvolti e per la formazione dei partecipanti sui temi dell’antimafia sociale. I campi si svolgono in Italia e possono essere per singoli, per gruppi, per minorenni, per famiglie, campi tematici e campi aziendali.

YAP Italia: YAP – Youth Action for Peace è un’associazione di volontariato internazionale, laica, non governativa e senza fini di lucro, si occupa di educazione e solidarietà internazionale. Organizza e coordina campi di lavoro e volontariato in Italia e all’estero, sia per maggiorenni che per minorenni.

IBO Italia: Associazione di volontariato si occupa di favorire l’accesso all’educazione e alla formazione come diritti fondamentali di ogni persona e come fattore di sviluppo delle società. Organizza campi di lavoro solidarietà all’estero di breve, media o lunga durata.

Lunaria: associazione di promozione sociale senza fini di lucro, laica, indipendente, promuove la pace, la giustizia sociale ed economica, l’uguaglianza e la garanzia dei diritti di cittadinanza, la democrazia e la partecipazione dal basso, l’inclusione sociale e il dialogo interculturale. Organizza e coordina campi in Italia e all’estero.

Se non sai da dove cominciare e vuoi parlarne con qualcuno, noi siamo raggiungibili in tanti modi!

Tutti a casa, che fare?

Con l’estensione a tutta l’Italia delle indicazioni più restrittive per contenere il contagio del Covid-19, improvvisamente ci troviamo a dover riorganizzare le nostre giornate, e non solo per quanto riguarda il lavoro. Per tutte le nostre attività le indicazioni sono piuttosto chiare, e si riassumono in: uscire solo in caso di necessità reale (lavoro quando non si può fare diversamente, motivi di salute e spesa alimentare).

Ne consegue che tutte le altre attività, che possiamo chiamare tempo libero ma che per alcuni sono predominanti, dobbiamo rinunciare e fare altro, cambiando alcune nostre abitudini. Per questo periodo, che potrebbe finire il 3 aprile, ma non si può ancora dire con certezza, niente palestre, locali, cene, cinema, teatro.

Non potendo ricreare occasioni di svago in compagnia a casa propria (il contagio passa da persona a persona: se non andiamo al bar ma organizziamo una festa a casa con gli amici, le chiusure dei locali pubblici non servono a niente), ci dobbiamo inventare qualcosa per passare serate e giornate.

Come spesso accade, le crisi sono fonte di opportunità, basta guardarsi intorno e trovare quelle adatte a noi.
Ecco qualche suggerimento di cose da fare, non solo per passare il tempo che prima passavamo altrove, ma per utilizzarlo bene:

  • Impariamo qualcosa di nuovo: dalle lingue straniere (inglese, francese, spagnolo, tedesco e altre) all’informatica base, al settore digitale online si trovano tantissime risorse per migliorare alcune competenze che ci possono servire in varie situazioni: questo è il momento giusto per dedicarsi al miglioramento personale!
  • Muoviamoci: le palestre sono chiuse e comunque non tutti le frequentiamo. Ci sono soluzioni per mantenerci in forma anche da soli (naturalmente parliamo di ginnastica dolce o comunque misurata in base alle nostre possibilità, non facciamoci male proprio ora), ripetendo a casa gli esercizi che di solito facciamo in gruppo in palestra, o seguendo qualche canale instagram o youtube dedicato. Ricordiamo che le ultime disposizioni hanno vietato uscire per andare a passeggiare all’aperto, se non vicino casa: in questi giorni c’è meno traffico del solito e si può prendere una mezz’ora d’aria e luce anche senza allontanarci molto.
  • Leggiamo: quando ricapita di avere tutto questo tempo e potersi dedicare senza troppe distrazioni a un bel libro? La lettura è prima di tutto piacere e intrattenimento, se non l’avete mai coltivata, ecco l’occasione di fare una scoperta che vi migliorerà la vita. Chi legge non è mai solo e non sa cosa sia la noia. Ci sono anche gli audiolibri, per chi preferisce ascoltare. RaiPlayRadio ne mette a disposizione tantissimi, tra cui tanti classici, quelli che forse da soli non avremmo mai cominciato a leggere: non perdiamo questa occasione! Qui e qui ci sono delle liste di consigli ma se ne trovano per tutti i gusti.
  • Ascoltiamo podcast: ce ne sono per tutti i gusti, su tutti gli argomenti. Li producono testate giornalistiche, così da poter seguire trasmissioni e rassegne anche a distanza di tempo, critici, opinionisti e esperti in ogni campo. Qui e qui due serie di consigli, per cominciare.
  • Decluttering: liberare spazio in casa può migliorare il nostro stato d’animo e fare letteralmente spazio per il nuovo, alleggerirci e permetterci di cominciare la nuova stagione con più energie. Si trovano molte guide su come fare, in ogni caso è un buon modo di liberarsi (differenziando, donando o riciclando) di oggetti che non usiamo, e che alla fine ci stanno tra i piedi e ci impediscono di muoverci.
  • Progettiamo: sia per il fatto che abbiamo meno impegni, sia perché marzo è proprio il mese adatto per farlo, è il momento giusto per pianificare un campo di volontariato (escono proprio in questi giorni i nuovi programmi!) o una esperienza di viaggio e conoscenza per la prossima estate!
  • Teniamoci in contatto: soprattutto per chi vive solo, o chi si trova a dover limitare quasi del tutto i contatti, è importante non isolarsi. Fare una telefonata o due al giorno per sentire amici o parenti ci aiuta a sentirci meno abbandonati e a scambiare pensieri e emozioni, e possibilmente contenere paure e ansie. Non dimenticate che anche noi siamo raggiungibili al telefono e via web e social, anche se siamo chiusi al pubblico.

Sono molti i soggetti che si sono posti il problema di cui stiamo parlando, e tra questi c’è l’iniziativa del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, Solidarietà digitale, a cui hanno aderito imprese e associazioni mettendo a disposizione i loro servizi in maniera gratuita.

Quindi, come si dice, stiamo calmi e resistiamo, in questo strano stato di sospensione e restrizioni che però è il solo che ci permetterà di superare questa situazione difficile. A presto!

ivy interreg volunteer youth

Interreg, opportunità per i giovani nella cooperazione transfrontaliera

Come diciamo spesso, le possibilità di dare un contributo e lasciare un segno nella storia dell’UE del prossimo futuro sono molte. Il volontariato è uno dei modi più efficaci, e se siete interessati ad andare agli estremi confini dell’impero 🙂 ci sono opportunità di volontariato, sempre finanziato, grazie a IVY – Interreg Volunteer Youth!

Nel 2020 Interreg, il programma dell’UE che punta a incoraggiare la cooperazione territoriale tra regioni frontaliere, compie trenta anni, e si concentra per il 2020 su giovani, ambiente e coesione tra regioni vicine.

Nel 1990 l’Unione europea ha lanciato i programmi Interreg per promuovere l’integrazione nello spazio europeo, uno sviluppo equilibrato dei territori al di là delle frontiere nazionali e per cancellare le disparità tra le regioni europee. Di fatto in questi trenta anni l’UE ha investito nella realizzazione di azioni comuni e scambi tra soggetti nazionali, regionali e locali di diversi stati membri dell’UE, migliorando la vita degli europei che vivono nelle regioni.

L’obiettivo generale della cooperazione territoriale europea è promuovere uno sviluppo economico, sociale e territoriale armonioso nell’Unione nel suo insieme, e consente alle regioni e ai paesi di collaborare alla soluzione di sfide comuni. Finanziata con la politica di coesione, la cooperazione territoriale promuovere la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, la crescita economica, lo sviluppo sostenibile e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

“I progetti Interreg costituiscono un esempio concreto del fatto che le frontiere non sono necessariamente un ostacolo, ma possono rappresentare un’opportunità di crescita e di cooperazione fruttuosa” ha dichiarato Elisa Ferreira, Commissaria per la Coesione e le riforme, in occasione delle celebrazioni per i trenta anni del programma.

Ma come funziona, e come trovare l’esperienza che fa per voi? Il volontariato nei programmi Interreg sono regolati come il volontariato con il Corpo europeo di solidarietà: le spese per il viaggio, il vitto, l’alloggio e l’assicurazione del volontario o della volontaria sono coperte dal programma!

Possono partecipare giovani tra i 18 e i 31 anni cittadini di uno dei paesi membri dell’UE o dei paesi partner (Albania, Algeria, Armenia, Bielorussia, Bosnia Erzegovina, Egitto, Macedonia del nord, Georgia, Islanda, Libano, Liechtenstein, Montenegro, Norvegia, Palestina, Repubblica Moldava, Russia, Serbia, Svizzera, Tunisia; Turchia e Ucraina).

Per molte delle posizioni aperte è richiesta la conoscenza di almeno un paio di lingue. La durata del volontariato è in genere tra i 4 e i 6 mesi. Nelle call vengono indicate le mansioni che vengono affidate al volontario o alla volontaria, la sede di svolgimento e il nome specifico del progetto a cui si partecipa.

Ci sono continuamente posizioni aperte, se siete interessati ad una esperienza internazionale a contatto con altri coetanei di altri paesi, tenete d’occhio la sezione Placements offers, la vostra occasione potrebbe essere già online!

 

brexit

Cosa succede dopo la Brexit?

Dopo più di tre anni di passi avanti e passi indietro, quello che non avremmo mai voluto vedere purtroppo è successo: il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio scorso, dopo averne fatto parte per 47 anni.

Cosa significa? Che cosa cambia per chi vuole viaggiare, studiare o lavorare in UK? Vediamo quali sono le prospettive e, soprattutto, quali sono le fonti di informazione da tenere presenti per rimanere aggiornati, dato che tutto in questo momento è in fase di definizione.

La pagina dedicata del sito del Ministero degli esteri italiano riporta i passaggi finora avvenuti di questa triste storia e chiarisce che uno degli aspetti fondamentali su cui lavorare è lo status dei cittadini italiani residenti nel Regno Unito (oltre a quello dei cittadini britannici in Italia) per i quali si spera vengano riconosciuti i diritti già acquisiti).

Intanto diciamo subito che fino al 31 dicembre 2020 continueremo a essere nel periodo di transizione, chiamato transizione post-Brexit, durante il quale le norme che regolano le attività di cittadini, consumatori, imprese, investitori, studenti e ricercatori, sia in Europa che in UK, non subiranno sostanziali cambiamenti. Durante questo periodo di transizione, che potrà essere prolungato, UK e UE si impegneranno a negoziare gli accordi che definiranno le relazioni future tra i due, dato che comunque l’UE rimane un partner importante per il Regno Unito, e viceversa. 

L’uscita del Regno Unito naturalmente porterà una maggiore difficoltà, sia in uscita che in entrata, di circolazione delle persone, delle merci e dei capitali, con svantaggi, probabilmente sottovalutati da chi ha spinto in questa direzione, per entrambe le parti. Mentre aspettiamo di capire come cambieranno le cose nei dettagli, ecco alcune ipotesi su cui cominciare a ragionare, dal punto di vista di chi è interessato ad andare in UK nel prossimo futuro. 

Dal momento in cui il Regno Unito non fa più parte dell’UE, e terminato il periodo di transizione, per andare in UK diventerà necessario il passaporto e si dovrà chiedere, e ottenere, un visto d’ingresso.  Il visto è un documento che un cittadino di un altro paese deve chiedere prima di partire, e che viene rilasciato, se ci sono le condizioni, per scopi ben definiti: può essere per turismo, lavoro, ricongiungimento familiare, per studio, per affari, ma ce ne sono tante altre tipologie.

Entrare nel Regno Unito per turismo resterà probabilmente la motivazione per cui sarà relativamente facile ottenere un visto, soprattutto per i cittadini dell’UE. Il turismo è infatti uno dei settori economici in crescita, che contribuisce in maniera notevole alla ricchezza del paese. Bisogna però ricordare che in genere i visti di questo tipo non permettono né di studiare né di lavorare nel paese che li ha concessi.

Per quanto riguarda studiare in una università in UK, il sito ufficiale dedicato ha già preparato una serie di informazioni e risposte per chi sogna una formazione in stile Harry Potter. Se da un lato le università hanno tutto l’interesse di avere un alto numero di iscritti anche tra gli studenti internazionali (la formazione è anch’essa un business), dall’altro le restrizioni imposte potrebbero causare, tra l’altro, un aumento delle rette universitarie. Ricordiamo che al momento i cittadini UE hanno accesso non solo alle università ma anche a benefici di tipo finanziario (borse, agevolazioni, fondi dedicati).

Le università hanno, in UK come altrove, un ruolo fondamentale nella crescita non solo economica del paese e dell’area in cui si trovano, oltre che nelle relazioni culturali internazionali. Chi si trova al momento in UK e sta studiando là non vedrà cambiamenti nel proprio status di immigrato per tutto il periodo di transizione. Chi si iscriverà a corsi universitari ancora per gli anni accademici 2019/2020 e 2020/2021 si vedrà riconosciuti gli stessi diritti che avevano gli studenti cittadini dell’UE prima della Brexit, senza un aumento, per ora, dei costi di ammissione. Anche il programma Erasmus+ continuerà a funzionare come prima fino alla fine del 2020, e chi ha ottenuto una borsa o un finanziamento con questo programma continuerà a beneficiarne fino alla fine del periodo previsto, mentre per gli anni successivi al 2021 non sappiamo ancora se il Regno Unito resterà uno dei partner del programma o meno. Lo stesso sarà per il programma europeo Horizon, che interessa i ricercatori: fino a tutto il 2020 il Regno Unito ne beneficerà ancora.

L’argomento che solleva maggiori problemi è la circolazione dei lavoratori, che con la Brexit verrà sostanzialmente modificata. Come già detto, chi è già residente nel Regno Unito da almeno 5 anni ha garantita la possibilità di rimanere a tempo indeterminato (settled status). Per chi non ha ancora raggiunto i 5 anni di residenza, o entrerà nel Regno Unito entro la fine del 2020 c’è la possibilità di fare domanda per ottenere lo stesso permesso (pre-settled status).

Secondo quanto dichiarato proprio in queste ore dal governo britannico, in futuro la concessione dei visti per lavoro sarà determinata da diversi fattori, tutti piuttosto restrittivi. Anche nel caso in cui una persona abbia trovato un datore di lavoro disposto ad assumerlo, per ottenere il visto saranno necessarie altre condizioni. Il nuovo sistema di concessione dei visti per lavoro si chiama UK’s point-based immigration system e prevede un sistema a punti. Chi vorrà andare a lavorare nel Regno Unito ne dovrà totalizzare almeno 70: i punti si acquisiscono con la conoscenza della lingua inglese, un livello di istruzione elevato (saranno favoriti i ricercatori), un’offerta di salario che superi un certo livello e qualifiche professionali relative ai settori di interesse per il Regno Unito, nei quali c’è carenza di personale. 

In breve, l’idea è quella di allinearsi alle politiche di immigrazione, piuttosto rigide, di paesi come l’Australia. Da più parti è stato messo in evidenza che lasciare fuori lavoratori meno qualificati, e definire come low-skilled (poco qualificati) certi tipi di lavoratori, avrà un impatto negativo, soprattutto in quei settori che finora ne hanno fatto largo utilizzo (turismo, accoglienza, ristorazione, agricoltura e servizi alla famiglia) che non disporranno della manodopera necessaria. Già nel 2019 gli agricoltori lamentavano un calo dell’arrivo di lavoratori dall’UE, probabilmente scoraggiati dalle notizie sulla Brexit o che hanno deciso di non investire energie e tempo in un paese che non sembra voler loro offrire un futuro sicuro e dignitoso.

Nell’attesa di accordi negli altri ambiti che ci auguriamo vantaggiosi per tutti i cittadini UE e UK, non abbiamo che da prendere esempio da questa vicenda, per capire il valore delle libertà conquistate con l’Unione europea, e i vantaggi offerti ai cittadini dei paesi membri.

Your first Eures job 6.0 

Cerchi lavoro in Europa e non sai da dove cominciare? L’iniziativa Your first Eures Job è quello che potrebbe fare la differenza per te!

YfEj è un progetto promosso da Eures, la rete dei servizi europei per la mobilità professionale dei lavoratori in Europa. L’obiettivo del progetto è quello di aiutare giovani tra i 18 e i 35 anni, cittadini di uno dei paesi membri dell’UE, a trovare un lavoro o un tirocinio in un altro paese dell’UE.

Il progetto ha avuto finora più edizioni, e la nuova edizione 6.0 durerà fino a gennaio 2021. Con l’edizione 5.0 sono partiti molti ragazzi e ragazze italiani tra 23 e 30 anni (l’Italia è il paese che ha utilizzato di più questo programma) che sono andati per una esperienza professionale principalmente in Germania, Francia e Portogallo.

Your first Eures Job offre servizi di supporto alla mobilità professionale dei giovani, attraverso gli Eures Adviser, che si possono trovare nelle Marche presso i Centri per l’impiego. L’Adviser è la persona a cui rivolgersi per una consulenza personalizzata e gratuita sulle proprie possibilità di realizzare una mobilità lavorativa, per una consulenza sul cv e su come muoversi per cercare lavoro nel paese o nel settore scelto.

Your first Eures Job offre anche benefit finanziari che hanno lo scopo di facilitare il giovane candidato nella sua ricerca, nel processo di selezione e di trasferimento in un altro paese. In particolare i benefit previsti per l’edizione 6.0 sono questi:

  • sostegno per andare a sostenere colloqui di lavoro: fino a 600 euro (forfettario)
  • corso lingua: fino a 2000 euro (a rimborso)
  • supporto per esigenze speciali: fino a 500 euro per 2 viaggi (rimborso)
  • supporto per trasferimento per lavoro, tirocinio (retribuito) o apprendistato: fino a 1400 euro (forfettario)
  • integrazione per il tirocinio: fino a 600 euro al mese per massimo tre mesi (forfettario)
  • riconoscimento qualificazioni: fino a 400 euro (forfettario)

La cosa interessante è che, in caso di necessità, è possibile ottenere più benefit insieme. Inoltre si può ottenere il benefit per la preparazione linguistica anche in fase di preselezione, cioè per avere maggiori possibilità di essere selezionati.

L’edizione 6.0 prevede anche un accompagnamento del giovane al termine dell’esperienza all’estero. Nel caso voglia rimanere nel paese in cui si trova, potrà contare su un Eures Adviser locale per accedere ad altre opportunità lavorative, mentre nel caso voglia rientrare nel paese di origine verrà seguito per il reinserimento da un Eures Adviser nel paese di provenienza.

Rispetto alle edizioni precedenti, si prevedono pagamenti più veloci dei benefit, e corsi di lingua non solo online.

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