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La mia Georgia

Forse non tutti sanno che… c’è uno spazio in questo spazio web anche per voi. Abbiamo dedicato una pagina alla collaborazione con voi lettori e qualche volta c’è chi se ne “approfitta” con nostro grande piacere. Questa volta tocca ad AIESEC che ci ha mandato la storia di Angelica.

georgiaCredo che la mia esperienza in Georgia non possa essere descritta con una sola parola, né una fotografia potrebbe in un click riassumere la mia estate in un paese di cui, ahimè, sappiamo ben poco. Ma l’esperienza AIESEC regala proprio questo, fortunatamente: permette di conoscere e vivere in prima persona un’altra cultura e regala esperienze di vita indimenticabili che nessun viaggio studio o vacanza fanno vivere.

Il progetto per cui lavoravo consisteva in diverse lezioni di inglese elementare per bambini e sessioni sugli argomenti più svariati per i ragazzi più grandi dell’ orfanotrofio SOS Villaggi dei Bambini di Tbilisi, la capitale. Io e l’altra stagista con cui lavoravo abbiamo trascorso con loro momenti di svago e altri di riflessione per parlare spesso di una vita incerta e di un futuro che per loro sarebbe stato difficile, ma non per questo buio. Perché la Georgia è un paese variegato e contraddittorio. Non è né Asia, né Europa; né ricca, né povera; né moderna, né tradizionale. Ammetto di aver avuto momenti difficili, ma grazie a ciò ho imparato a riconoscere il mio intuito che solo seguendolo saggiamente mi ha guidato nelle mie scelte.

Ho imparato ad essere più intraprendente; ho imparato a stringere facilmente amicizia con chi, chissà, forse non incontrerò mai più per via della lontananza, ma ho imparato però che al momento della partenza non bisogna mai dirsi addio, ma bensì “ci vediamo alla prossima”, perché nessun addio è per sempre. Ho trascorso diversi weekend nell’ Imerezia, antico regno della Colchide, famosa per il vello d’oro che Giasone conquistò per diventare re. Durante il viaggio nel minibus mi chiedevo più volte se avessi anch’io conquistato qualcosa, un po’ come Giasone. Ebbene sì, è successo.

Ho ritrovato le mie amiche, quattro meravigliose ragazze che ho riabbracciato dopo il nostro “arrivederci” in Italia. Perché loro, esattamente come me, grazie al programma AIESEC, erano partite per conoscere il nostro bel Paese, e proprio grazie all’associazione ho potuto rincontrarle. Sono queste le esperienze che solo un viaggio del genere può regalare; il viaggio alla ricerca della vera ricchezza, quella nel cuore. Non credo che serva aspettare il momento giusto (che poi non sembra arrivare mai) per partire e scoprire nuovi luoghi: a volte basta solo dire “perché no?” e mettersi in moto. E alla fine scopriremo che quei luoghi che credevamo impraticabili o così troppo lontani, una volta raggiunti e conquistati, diventeranno una parte di noi. E capiremo che erano solo le nostre paure così lontane e impraticabili da conquistare. Nel mio cuore porterò sempre con me delle immagini e delle emozioni che non potranno essere duplicate in nessun modo.

მადლობა! Grazie!

Personal branding: in English please

cover_BuildyourbrandVenerdì prossimo, dalle 17 in poi torneremo a parlare di personal branding. E lo faremo in un modo divertente e coinvolgente grazie all’aiuto di The Victoria Company, scuola di lingua con la quale stiamo collaborando per dare a tutti voi la possibilità di sperimentare e di esercitare non soltanto la lingua inglese ma anche una serie di altre competenze ed abilità.

Innanzitutto: che cosa è il personal branding? Dunque a dir la verità ne abbiamo già parlato diverso tempo fa, in questo post. Ma forse è opportuno svelarne, per chi non li conoscesse, qualche altro particolare. Dei due termini inglesi il primo non ha bisogna nemmeno di traduzione (personal) mentre il secondo, anche se ormai conosciuto, significa “marchio” (nel senso di marca, distintivo di un prodotto). Come tutti i marchi anche quello “personal” ha le sue caratteristiche specifiche e serve ad identificare in maniera quasi univoca il proprietario. Parlare di personal branding significa proprio questo: si tratta della capacità ed abilità di creare attorno alla propria figura personale una riconoscibilità valida. Così come quando vediamo una bottiglietta con la banda rossa e la scritta bianca immaginiamo che contenga la Coca Cola, così dovremmo essere in grado di creare qualcosa che ci riguarda che sia subito riconoscibile e riconducibile alla nostra persona e alla nostra professionalità. Magari senza che sia necessario appiccicarci addosso alcuna etichetta adesiva.

Fino a poco tempo fa questa cosa la chiamavano reputazione ed in parte il personal branding è anche questo. Però il concetto che sta dietro è più ampio: mentre la reputazione è qualcosa che gli altri raccontano di noi, quando parliamo di brand dovremmo essere in grado anche di governare e gestire il nostro marchio: scegliere noi le qualità da mettere in evidenza, decidere chi sono i destinatari della nostra proposta professionale, avere la possibilità di promuoverci anche in contesti in cui non c’è nessuno che ci conosce e che può parlare (si spera bene) di noi e di quello che facciamo.

Come si costruisce un brand che ci identifica professionalmente? Innanzitutto lavorando sulla qualità e validità delle nostre competenze. L’idraulico con il miglior personal brand è quello che chiamiamo e consigliamo agli amici senza dover far ricerche nell’elenco o su Google. Ma è anche quello che quando cerchiamo su Google esce tra i primi risultati con ottime recensioni. Sì, perché il nostro brand lo possiamo e dobbiamo costruire su due versanti: sulla qualità della nostra competenza cercando di far riconoscere qualità e affidabilità a tutti coloro con i quali collaboriamo. Sulla nostra capacità di comunicare quello che sappiamo fare meglio.

E se tutto questo lo vogliamo fare per andare a lavorare all’estero? Nessun problema! Venerdì 13 marzo, dalle 17 alle 19 c’è “Build your brand” un workshop utile e divertente per imparare  a costruire il proprio marchio per un pubblico internazionale. La partecipazione è gratuita ma è necessario iscriversi per prenotare il proprio posto a questo link. Il workshop sarà in lingua inglese ed è per questo necessario averne una conoscenza anche basilare (non preoccupatevi, chi lo terrà riuscirà a farvi capire tutto!). Se siete convinti che l’Italia vi va stretta e avete voglia di proporvi anche all’estero, questo appuntamento fa per voi, anzi: è imperdibile!