Cercare lavoro è un lavoro

Cercare lavoro è un lavoro”: quante volte vi siete sentiti dire queste parole? Sicuramente tante volte ma non è mai abbastanza per far capire che cercare lavoro richiede impegno, preparazione, costanza, pazienza e determinazione che sono le principali doti da mettere in campo.

Doti che non sempre appaiono visibili sulle persone che sono alla ricerca di un lavoro. Troppo spesso, infatti, chi sta cercando lavoro si rivolge ai “servizi” per l’impiego (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro, società di selezione del personale, Informagiovani) con l’idea e la falsa aspettativa che siano questi servizi a trovare un lavoro per loro. Ma non è propriamente così.

Perché? Perché nessuno, se non voi stessi, può sapere qual é il lavoro a sé più adatto. Se questa affermazione sembra ovvia, tuttavia così non lo è agli occhi di molti alla ricerca di lavoro, siano essi disoccupati o inoccupati.

Quotidianamente all’Informagiovani arrivano persone, giovani e meno giovani, alla ricerca di un lavoro e di consigli utili su come muoversi. La domanda che più spesso ci sentiamo rivolgere è: avete un lavoro per me?

Di fronte a tale domanda, a noi operatori viene spontaneo chiedere all”interlocutore: a quale lavoro saresti interessato? E qui arriva puntuale la risposta: qualsiasi.

Secondo voi, chiunque può essere in grado di svolgere qualsiasi tipo di lavoro? Ovvio che no.

Ogni lavoro richiede una formazione specifica, di grado più o meno elevato a seconda del ruolo che si ricopre.

È allora importante focalizzare l’attenzione sulle offerte lavorative più attinenti al proprio profilo professionale e formativo; ciò non toglie che nell’arco della vita non si possa o non si debba cercare di orientarsi su altro o perché così ci impone l’evolversi del mercato del lavoro o perché ci siamo accorti (il che è perfettamente legittimo e possibile) che il percorso di studi intrapreso non è effettivamente quello che ci interessa veramente.

E allora occorre un cambio di rotta sul proprio percorso professionale e formativo che richiede sicuramente un notevole impegno e impiego di risorse sia materiali che fisiche, perché magari occorrerà rimettersi a studiare oppure seguire un corso di formazione professionale e comunque in ogni caso rimettersi in gioco.

Chi è più intraprendente, magari è in grado di muoversi in maniera autonoma alla rcerca del proprio percorso professionale. Chi invece è più titubante o semplicemente più confuso e incerto può fare affidamento a servizi di orientamento e consulenza, come quello svolto dall’Informagiovani, che in forma del tutto gratuita mira ad aiutare le persone a diventare autonome nella ricerca del proprio percorso, sia esso formativo, professionale o personale (come spiegato in questo nostro precedente articolo).

Vorrei riportare qui una citazione che credo sia significativa per chi voglia mettersi in gioco:

Anche un viaggio di mille miglia inizia con un primo passo…” (Laozi).

Proviamo a elencare qui quali sono, secondo noi, i passi che ci possono portare a trovare non solo un lavoro ma il lavoro giusto per noi.

Il punto di partenza deve sempre essere rappresentato dalle proprie passioni e dai propri interessi per poter aspirare a risultati duraturi nel tempo; questo vale in generale per tutto quello che vogliamo fare nella vita, che sia scegliere un percorso di studi, cercare lavoro, scegliere un corso di formazione.

Redigere un curriculum vitae per ogni annuncio a cui rispondete: sconsigliamo vivamente di inviare un unico c.v. per qualsiasi posizione di lavoro alla quale vogliate rispondere; al contrario vi consigliamo di redigere sempre c.v. mirati al tipo di azienda e al tipo di lavoro per il quale lo inviate.

Quello che differenzia i candidati, spesso anche a parità di requisiti, è la migliore capacità di alcuni di saper raccontare e valorizzare le competenze maturate durante il proprio percorso. È, quindi, fondamentale porre attenzione a questo aspetto anche nell’elaborazione del proprio cv, perché è questo un passaggio propedeutico al colloquio.

Si tratta di imparare a valorizzare le competenze che abbiamo maturato, cercando di evidenziare le corrispondenze tra le cose che sappiamo fare e che non sempre possono essere tutte racchiuse in un job title e quello che viene richiesto da una specifica selezione.

Rispondere all’offerta giusta per te: consigliamo vivamente di selezionare e concentrarsi sui lavori per i quali pensate di essere il candidato ideale; infatti tu devi essere giusto per il lavoro ma anche il lavoro deve essere giusto per te.

Arrivare preparti al colloquio: se avete risposto all’annuncio, vuol dire che siete interessati a lavorare in quell’azienda; allora dimostratelo documentandovi sulla stessa. Grazie a internwt orami potete sapere come l’azienda si racconta e cosa di ce di sé, quale tipo di business tratta, quali sono i valori di cui si fa portavoce e qual è la mission aziendale.

Al colloquio siate voi stessi, fate domande e domostratevi curiosi: la sincerità è l’arma vincente; non mostratevi per quello che non siete ma al contrario mettete in evidenza i vostri pregi facendo esempi concreti di come vi siete comportati in certe occasioni e avete vercato di trovare soluzioni.

Infine fate domande sull’azienda e sul tipo di lavoro che andreste a ricoprire.

La decisione se accettare o meno un lavoro è anche vostra e per valutare meglio l’offerta occorre sciogliere tutti i dubbi e fare domande.

Certamente questo tipo di lavoro richiede molto impegno ma alla lunga potrete ottenere i risultati sperati.

In bocca al lupo!

Disinteresse giovane

Lavoro da anni in un posto che si chiama “Informagiovani” e, quindi, da anni sento parlare di giovani (all’inizio ero anche io uno di loro). Parlare, però. Perché la parte del “fare” è sempre un po’ mancata. Da qualche tempo dico che i giovani sono un po’ come i panda, una razza (scusate la parola) in via di estinzione (soprattutto nel nostro Paese).

Il calo di natalità non alimenta la fascia di popolazione che più di ogni altra dovrebbe assicurare il futuro di una comunità, per cui quello che sta accadendo è che in Italia i giovani sono sempre di meno e, forse per questo, sempre meno considerati. Per dirla meglio, ho l’impressione che vengano considerati come “fenomeni” e non come cittadini. Credo che a rappresentare al meglio la situazione possa essere questo paragrafo tratto da un articolo de Lavoce.info: “ Tutto quello che riguarda i giovani è sconsolatamente al ribasso nel nostro paese rispetto al mondo con cui ci confrontiamo. Le nascite sono al ribasso, il peso elettorale dei giovani è al ribasso, gli investimenti in formazione, ricerca e sviluppo sono al ribasso, la loro presenza attiva nei processi di crescita del paese è al ribasso, di conseguenza anche la loro fiducia nelle istituzioni è bassa. Ciò che è cresciuto in questi anni tra i giovani è l’incertezza nel futuro e la mobilità verso l’estero. Quello che, a danno delle nuove generazioni, abbiamo messo in atto è il piano migliore in Europa per non far crescere il paese. E ci siamo riusciti.

Scrivevo che si parla molto ma si agisce poco. In effetti quello che manca non è più, a questo punto, il protagonismo giovanile. A mancare sono più che altro spazi (in senso lato) in cui i giovani (in senso più stretto, perché credo sia quantomeno ambiguo decretare lo stato di giovinezza oltre i 30 anni) possano fare qualcosa piuttosto che spazi in cui dei giovani se ne parla (e a parlare sono di solito gli adulti). Progetti, dibattiti, eventi spesso sono organizzati PER i giovani ma non CON i giovani: se ci pensate è davvero un po’ come quando si va allo zoo (a vedere il panda, appunto); il panda sta lì, per carità, tutti gli vogliamo bene e cerchiamo di fare in modo che abbia il suo benessere, ma nessuno si chiede davvero se può esserci un modo (e un mondo) diverso in cui il panda starebbe anche meglio.

La stessa dinamica (che io chiamo “osservare la bestia”) si riscontra nel mondo del lavoro che, parlando di giovani, si riempie di stereotipi e schemi interpretativi che hanno almeno 50 anni: i giovani non hanno voglia, sono disinteressati, non hanno obiettivi, sono superficiali. A me sembrano giudizi sempre molto affrettati se non addirittura frasi fatte per coprire il misfatto: un sostanziale disinteresse per i giovani. In ogni caso non raccontano la realtà ma sempre una parte presa per il tutto (una sorta di sineddoche sociale). I ragazzi e le ragazze sono meglio di come li rappresentiamo, si tratterebbe di dar loro risorse e modo di dimostrarlo.

Cv a puntate: istruzione e formazione

Stai scrivendo il tuo il cv e dopo aver indicato i tuoi dati non sai come continuare? Ecco come preparare una buona presentazione della tua istruzione e formazione!

Hai scelto come impaginare il tuo cv e hai già iniziato con i tuoi dati e contatti: bene, e adesso? La sezione che segue i dati può essere quella della formazione o delle esperienze professionali, a seconda dei casi.

Quando è meglio mettere prima la sezione istruzione e formazione?
– se hai da poco finito di studiare
– se sei molto giovane e non hai ancora esperienza lavorative
– se il tuo titolo di studio è particolarmente rilevante per la posizione per cui ti presenti, o hai fatto da poco un aggiornamento o un corso che ti qualifica in modo particolare.

Che cosa va inserito in questa parte del cv? Sicuramente il titolo di studio, o i titoli di studio, cominciando dal più recente che hai conseguito e poi andando indietro nel tempo. Per esempio, la laurea, e sotto il diploma, oppure il diploma e sotto la qualifica triennale, se ne hai una. Non serve indicare licenza elementare o media, a meno che non siano il titolo di studio più alto che hai.

Per ogni titolo indicato specifica in che anno hai completato il percorso di studi, come si chiama esattamente il tuo diploma o laurea, e in quale università o istituto superiore hai studiato.

Questa sezione include però non solo la tua istruzione scolastica e universitaria, ma è il posto giusto in cui indicare un corso di formazione che hai frequentato per imparare a usare un software, un mezzo di trasporto specifico, o che ti ha permesso di specializzarti in una mansione e approfondire un settore (che sia sanitario, turistico, tecnico o creativo).

In questi casi assicurati di specificare il periodo in cui hai fatto il corso (il mese, o i mesi, e l’anno) oppure l’anno e il numero di ore: in questo modo chi legge potrà farsi un’idea della consistenza del corso e di quanto potresti effettivamente aver imparato. Un corso di 40 ore può essere abbastanza per imparare qualche preparazione di cucina o pasticceria se hai già una formazione o una esperienza di base, ma non è sicuramente sufficiente per assicurarti la conoscenza approfondita di un mestiere.

Se il corso non rilascia, alla fine del precorso, una qualifica professionale, una certificazione riconosciuta o una abilitazione, puoi indicare il nome del corso (corso per barman, corso di inglese base, corso per apicoltori) oltre naturalmente al periodo o la durata, e l’ente di formazione che ha organizzato il corso.

Puoi decidere di specificare, per ogni titolo o corso, che cosa hai imparato, soprattutto nel caso in cui il percorso di formazione non sia standard o molto diffuso.

Un errore che si fa spesso è quello di dare per scontato che chi legge conosca il percorso che ho fatto, ma non è così! Nella descrizione dei corsi di formazione specialmente, bisogna imparare a essere sintetici ma chiari su che cosa si è imparato.

Alla prossima puntata!

Cari giovani, vi aiutiamo o no?

In questi giorni stiamo lavorando a un progetto che, se tutto andrà bene, servirà a fare delle belle cose in questa città per i giovani, interessando ambiti e contesti diversi. L’obiettivo del progetto è quello di poter creare, nella città di Ancona, attività, servizi e occasioni che aiutino i giovani. Ecco, su questa parola, “aiuto”, ho avuto modo di confrontarmi con un’altra persona, che stimo, “addetta ai lavori” (che poi, i lavori in questo caso, sarebbero le persone più giovani). La questione è: cari giovani, vi aiutiamo o no?

Il confronto è nato dal fatto che secondo l’opinione dell’altra persona i ragazzi e le ragazze hanno bisogno comunque e sempre di una qualche forma di accompagnamento e stimolo alla scoperta di quelle che per loro sono, oggettivamente delle novità (il primo lavoro, la prima esperienza all’estero, la scelta di una carriera professionale o più in generale la direzione da prendere nella vita). Per intenderci: non è che stiamo parlando di un tutor (o una badante) fisicamente sempre presente. Piuttosto di una serie di soggetti, preparati e facilmente reperibili, che diano informazioni, consigli, suggerimenti, idee, ecc.

Pur condividendo il fatto che un ambiente (città, regione, nazione) in cui ci siano servizi efficaci sia migliore di uno in cui non ce ne sono (basti vedere il su e il nord del nostro Paese, dell’Europa e forse anche del mondo), credo però che la giovinezza (gioventù?) sia anche una fase della vita da dedicare alla sperimentazione e all’errore, due aspetti su cui oggi forse ai ragazzi e alle ragazze è concesso poco (con lo spiacevole corollario, secondo me, di ottenere esagerazioni, esasperazioni, hangover fisici e psicologici). A farmi venire in mente questa cosa sono due episodi (ripetuti ahimè) che ho vissuto direttamente proprio qui all’Informagiovani. Il primo riguarda la richiesta di certezze praticamente matematiche sulla “bontà” delle aziende presenti nei nostri annunci. Per carità, è sacrosanto cercare di evitare fregature o cadere in trappole da lavoro-facile-guadagno-alto, ma è altrettanto vero che per sapere se quella che state contattando sarà l’azienda dei vostri sogni, l’unico modo è conoscerla davvero. Che poi magari scoprite pure che siete voi a non essere il loro candidato ideale. Voglio dire: mandate la candidatura, incontratela e poi valutate (mandare un cv non è una dichiarazione notarile irrevocabile). Insomma, animo e coraggio!

Il secondo episodio, più preoccupante secondo me, è quello che capita quando riceviamo candidature in risposta ad annunci che pubblichiamo sul nostro sito in cui c’è scritto però che, evidentemente, a cercare personale non siamo noi (lo stesso dicasi per chi ci telefona chiedendo come inviare il cv, chi è il responsabile, come funziona il lavoro, cadendo nello stesso “malinteso”). Eppure gli annunci non sono romanzi complessi e leggerli con un briciolo di attenzione forse aiuterebbe anche a rispondere con maggior cura e selezioni a quelli più vicini alle proprie competenze.

Credo che entrambi i casi siano accomunati da una medesima incertezza, da una stessa ricerca di un aiuto e di un supporto, dalla stessa paura di non sbagliare. Come scrivevo sopra dalla stessa mancanza di sperimentare e di sbagliare che sono l’essenza della crescita. E allora torna la domanda: ma non è che mettendo troppi supporti nell’incerto cammino della gioventù, anche servizi come il nostro finiscono per non aiutarvi a imparare a camminare da soli? Non è che la nostra società sta diventando un po’ troppo ansiosa nei confronti dei giovani? Non è che, per caso, rischiamo di essere troppo apprensivi e, quindi, anche poco educativi? Insomma, cari giovani, vi aiutiamo o no?

Cv a puntate: impostazione e dati personali

Devi fare il cv e non sai da dove cominciare? Ecco punto per punto come preparare una buona presentazione!
Una delle domande che ci fate più spesso è “Devo fare il curriculum, come si fa?”
Oltre a suggerirti come impostarlo attraverso la nostra pagina dedicata, qui spieghiamo, sezione per sezione, quali sono le informazioni da inserire, in quale ordine e, soprattutto, perché.
Cominciamo con la scelta di un layout, o impostazione, o come molti lo chiamano, di un modello (attenzione però, ricordati che il cv non è un modulo da riempire, come abbiamo spiegato qui).
La scelta di come organizzare le informazioni sulla pagina è personale, ma va fatta soprattutto pensando al destinatario del cv: chi è il soggetto a cui lo invierò? per quale posizione o figura professionale? Sia che il tuo cv serva a rispondere a un annuncio sia che lo invii come auto-candidatura, queste sono le prime domande da farsi.

Il primo grande dilemma di solito è cv europeo o no? Il cv europeo, che molti considerano l’unico “valido”, è quello che ti servirà di sicuro se partecipi ad una iniziativa che prevede l’uso di fondi europei (un bando per borse lavoro, un corso di formazione, un’esperienza di mobilità all’estero) e per le selezioni e i concorsi della pubblica amministrazione. Alcune aziende lo preferiscono e ti chiederanno di inviare quello, ma non è detto che sia sempre la scelta migliore. Ripetiamo che il cv serve a evidenziare le caratteristiche che ti distinguono (in positivo, naturalmente) dagli altri candidati, e non a incasellare titoli e conoscenze in una griglia uguale per tutti, che in definitiva appiattisce il tuo profilo, e ti rende almeno a prima vista uguale agli altri.

Se non sai che impostazione scegliere, fai una ricerca su internet per immagini, verranno fuori molte versioni e modelli diversi a cui ti puoi ispirare per crearne uno adatto a te. Attenzione: molti siti offrono la possibilità di scrivere il cv inserendo i tuoi dati sul sito stesso. In questo modo quello che otterrai alla fine è un file da scaricare non modificabile, impaginato in maniera rigida e spesso non ottimale, e dovrai tornare sul quel sito ogni volta che devi fare una modifica.

Un consiglio che credo sia veramente utile è quello di organizzare tutte le informazioni su una pagina (due al massimo, ma solo se hai molte esperienze di lavoro e diversi corsi di formazione relativi alla figura per cui ti presenti), in modo chiaro, coerente, sintetico e completo.

Ricordati di assumere il punto di vista di chi non ti conosce, o comunque di chi non sa tutto di te: mettersi nei panni della persona che legge è fondamentale per non finire nel cestino dei cv non letti! Dall’altra parte c’è un’altra persona, spesso con molti impegni e poco tempo, e se gli presenti qualcosa che non leggeresti nemmeno tu, figurarsi lei, o lui. Pensaci!

Una volta scelta l’impostazione grafica, la prima sezione del cv è senz’altro quella dei tuoi dati e contatti. In questa parte vanno inseriti il nome e il cognome, la data di nascita, il numero di telefono al quale rispondi, l’email, e dove abiti. Se hai un domicilio diverso dalla residenza, indica il luogo in cui abiti al momento: questo dato serve a chi legge per capire se ti trovi già in zona, se devi spostarti e quanto, o se dovrai trasferirti nel caso ottenessi il lavoro. In questa sezione indica se hai un profilo LinkedIn, un contatto Skype, puoi inserire il link al tuo sito, blog o spazio online, sempre che sia coerente con la figura per cui ti candidi.
Questi sono i dati fondamentali di cui un datore di lavoro ha bisogno nel caso voglia contattarti per un colloquio. Per abitudine, o per cultura, molti si aspettano di trovare anche altri dati, che però a pensarci un attimo hanno poco a che vedere con il profilo professionale, con le capacità e le conoscenze necessarie a un lavoro o a un altro. Luogo di nascita, cittadinanza o stato civile sono dati personali che non cambiano, non aggiungono né tolgono alle tue capacità, a meno che non vuoi sottolineare che sei nato/a ad esempio in Francia, e fornire così un dato che spieghi la tua conoscenza del francese di livello madrelingua. Nel mondo anglosassone, ad esempio, sono dati che non vanno inseriti, perché soggetti ad essere usati in maniera discriminatoria.
Cercando in rete troverai siti di vario genere che parlano di cv, e alcuni sostengono che inserire il tuo stato civile serve al selezionatore a valutare la maggiore o minore disponibilità, soprattutto se donne. Secondo questa visione, che si augura superata, la tua situazione personale dovrebbe automaticamente corrispondere ad una disponibilità oraria o ad una capacità predefinita di organizzare la tua giornata. La scelta di inserire o meno questo dato è personale, ma ricorda che nella maggior parte dei casi vai a candidarti per una posizione relativa a ciò che sai e che sai fare, e non all’organizzazione della tua vita familiare e privata.
Un altro dato che è utile inserire in questa sezione è se hai la patente di guida, e quale. Nel caso in cui il luogo di lavoro sia poco raggiungibile con i mezzi di trasporto pubblici o includa orari serali, quando la possibilità di spostarsi con i mezzi è scarsa, indica se sei automunito/a, cioè se hai la possibilità di usare un’auto per gli spostamenti.
Quando hai completato di scrivere il tuo cv, ricontrolla i contatti che avete inserito: non ci crederai, ma spessissimo sono sbagliati, e così perdi un contatto di lavoro che potrebbe portare a qualcosa di buono!

 

Annunci di lavoro, offerte ingannevoli e avvertenze varie

Cercare lavoro, lo diciamo spesso, è un lavoro! E bisogna saperlo fare bene, a partire dalla scelta delle offerte a cui rispondere.

Oggi facciamo il punto proprio su questo aspetto, dato che spesso ci viene chiesto se gli annunci che pubblichiamo siano affidabili, o se lo sono le aziende che li diffondono (su che cosa ognuno di noi intende con il termine “affidabile” possiamo discutere un mese, ma questa è un’altra storia). Ne abbiamo già parlato, anche facendo esempi pratici, ma scommettiamo che un ripasso non sarà di troppo.

Le probabilità di trovare un lavoro attraverso annunci sono in genere scarse, questo va detto subito, perché ci sono altri canali e modalità di ricerca del personale che evitano alle aziende di ricevere decine di telefonate o email, e che permettono loro di intercettare più facilmente il tipo di candidati a cui sono interessate.

A livello locale, però, esiste ancora un margine di possibilità di trovare qualche contatto, sempre che siamo in grado di interpretare e scegliere gli annunci. Se volete provare non c’è niente di male, vi consigliamo solo di fare attenzione ad alcuni segnali. Per non perdere tempo e spesso soldi, ma anche speranza e fiducia.

 

Ci sono alcuni semplici segnali che ci possono subito far venire il dubbio che dietro all’annuncio o alla richiesta di contatto molto probabilmente non c’è una grande occasione di lavoro, o l’offerta non è esattamente quella che ci viene fatta immaginare, ed ecco quali:

  • nell’annuncio non c’è scritto per quale tipo di lavoro stanno cercando una persona, oppure le mansioni sono varie e diverse, e molto generiche. Quando trovate scritto solo “per ampliamento organico” o “azienda in crescita”, senza descrizioni specifiche del tipo di settore, o di professionalità necessaria e dei requisiti, potete già capire che non si tratta di una posizione di lavoro convenzionale.
  • vengono promessi o garantiti contratto e buoni guadagni, anche senza avere esperienza. Ricordate che il contratto è d’obbligo sempre, non c’è bisogno di scriverlo sull’annuncio, ed è molto improbabile pensare a lavori per i quali si guadagna tanto senza saper fare niente (lo sapevate già, vero?)
  • non sono specificati i requisiti necessari a candidarsi. Per quanto semplice possa essere il lavoro (e in questo caso difficilmente è necessario pubblicare un annuncio per trovare una persona), ogni impiego è diverso e richiede qualche dote specifica. Può essere un diploma, la patente, la conoscenza dell’uso del computer, di programmi di grafica o caratteristiche quali puntualità, flessibilità oraria, robustezza o resistenza fisica o un minimo di esperienza in mansioni simili, ma non ci sono lavori che non richiedono caratteristiche o competenze specifiche
  • quando chiamate o scrivete per avere maggiori informazioni vi dicono che le avrete solo presentandovi di persona: il nostro consiglio è di lasciar perdere, un’azienda seria è disposta a darvi almeno informazioni di base su mansioni, qualifiche e capacità richieste, luogo di lavoro, numero di ore o giornate lavorative
  • vi viene chiesto denaro: non si paga per lavorare
  • vi viene chiesta la firma o i vostri dati completi prima che abbiate capito bene di che cosa si tratta e abbiate deciso di accettare: chi vi mette troppa fretta in genere non vi sta offrendo l’occasione della vita, e nemmeno l’occasione dell’anno.

 

Facciamo qualche esempio pratico di offerte ingannevoli, che abbiamo ormai individuato e che evitiamo di diffondere attraverso il nostro sito.

C’è un’azienda, che cambia spesso nome, che pubblica ogni settimana un annuncio per segretarie e magazzinieri, oppure per operatori di inserimento dati, anche senza esperienza, ma poi a coloro che si presentano propone di lavorare come procacciatore di contratti di vario tipo. Attenzione, può succedere che vi promettono un certo compenso una volta concluse alcune decine di contratti (e ci potreste riuscire, magari attraverso le vostre conoscenze), e che poi alla scadenza del mese, quando state per raggiungere il vostro scopo, veniate mandati da un presunto cliente che poi non esiste: quindi niente contratto concluso, niente target raggiunto, niente compenso.

Ci sono aziende, che cambiano spesso nome, che pubblicano annunci vaghi, non dicono di che settore si occupano e cercano molte figure diverse, senza indicare requisiti, ma soprattutto danno un indirizzo a cui non troverete una sede dell’azienda indicata con una vera insegna, ma un capannone, una stanza in uno stabile anonimo, con il nome della presunta azienda stampato su un foglio di carta appiccicato sulla porta e poco altro. Questo è già un buon segno per capire che non è una azienda strutturata, stabile (soprattutto se avevano scritto di occuparsi di commercializzazione o logistica).

Altri soggetti vi propongono di fare un corso a pagamento (a costi anche molto alti) che magari include uno stage di sei mesi (non retribuito, in quanto curricolare) per poter poi avere il posto di lavoro. Anche questa è una modalità discutibile: una azienda interessata a voi e alle vostre caratteristiche vi offrirà un percorso di inserimento e formazione gratuito, incluso nel contratto.

Purtroppo questo tipo di tattiche di reclutamento sono abbastanza diffuse, e ce ne sono anche di più elaborate (trovate qui un elenco dettagliato). L’unico modo per non venire ingannati e non perdere tempo è scegliere con attenzione e fare le dovute ricerche.

Recentemente siamo venuti a conoscenza anche di una sorta di agenzia per il lavoro che assume personale, con contratto e busta paga, ma poi non paga i contributi se non in minima parte, per cui vi accorgete solo mesi dopo, verificando il vostro fascicolo previdenziale all’Inps, di non aver ricevuto tutto il dovuto. Questo tipo di illecito è praticamente impossibile da individuare in anticipo, per cui ricordatevi di controllare spesso il vostro profilo Inps e verificare i versamenti di contributi.

Qualche breve e semplice suggerimento per non finire in situazioni spiacevoli e complicate:

  • informatevi il più possibile sull’azienda, prima di rispondere e soprattutto prima di dare i vostri dati completi e andare a fare un colloquio.
  • ricordate che non esiste periodo di prova fuori dal contratto, ma esso è compreso, con la possibilità da entrambe le parti (lavoratore e datore di lavoro) di recedere dal contratto (cioè di interromperlo).
  • non firmate niente che vi venga messo sotto agli occhi senza la possibilità di leggere bene di cosa si tratta. Prendetevi qualche ora di tempo, prima di accettare un lavoro, per valutare l’offerta che vi viene fatta e magari per fare qualche ricerca su aspetti che non avete chiari, per confrontarvi con qualcuno, per capire se avete avuto tutte le informazioni necessarie.

Ultimi consigli per evitare brutte esperienze: ricordatevi che è molto difficile che qualcuno vi chiami a casa per proporvi un lavoro (a meno che non siate esperti di qualcosa, o chi vi chiama sia un amico). Ogni volta che qualcuno vi contatta al telefono, ricordate di prendere nome, telefono, indirizzo, e se non lo avete capito subito, non abbiate paura di chiedere due volte la stessa cosa e capire bene. Scrivetevi tutto e poi fate le dovute verifiche.

In definitiva, il rimedio per non essere vittime di tutta una serie di brutte esperienze durante il difficile periodo di ricerca del lavoro, è quello di essere cauti, informarsi bene e non credere al guadagno facile.

 

Ogni settimana noi ricerchiamo, selezioniamo e pubblichiamo annunci di lavoro: facciamo molta attenzione a evitare di diffondere quelli che possano in qualche modo rientrare nelle categorie descritte sopra. Vi ricordiamo che non è sempre possibile verificare, come spesso ci chiedete, che l’azienda sia seria, se non arrivando al contatto diretto o al colloquio e valutando che l’offerta si adeguata alle vostre aspettative, oltre che rispondente a quanto dice l’annuncio.

La casistica è vastissima, ma se avete dubbi su uno specifico annuncio di lavoro, venite e confrontatevi con noi, saremo felici di aiutarvi. In bocca al lupo e buona ricerca!

Test accesso università: novità 2019

Dopo l’esame di maturità con le relative novità introdotte già per la sessione di giugno 2019, gli studenti del quinto anno che scelgono di proseguire gli studi iscrivendosi all’università dovranno sostenere i test di ingresso per accedere ai corsi a numero programmato nazionale o locale.

I corsi di laurea ad accesso programmato nazionale sono: il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria erogati in lingua italiana, lo stesso corso erogato in lingua inglese, il corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina Veterinaria, il corso di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico direttamente finalizzati alla formazione di Architetto ed il corso di laurea delle Professioni Sanitarie.

Con un decreto ministeriale pubblicato lo scorso 28 marzo 2019 sono state introdotte nuove modalità per i test d’ingresso anche queste saranno già attive da settembre 2019.

I test d’ingresso organizzati dal Miur (Ministero istruzione, università e ricerca) per accedere ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale sono prove che si svolgono in contemporanea in tutte le università statati italiane in un giorno stabilito dal Ministero. É sempre il Miur che definisce il numero di posti disponibili, gestisce il test e le graduatorie nazionali.

Il calendario per l’a.a. 2019/2020 è già pubblico, si inizierà il 3 settembre con Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria erogati in lingua italiana, il giorno successivo ci sarà il test per Medicina Veterinaria ed il 5 settembre il test per Architettura. Poi l’11 ed il 12 settembre seguiranno i test  per le Professioni Sanitarie e per Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria erogati in lingua inglese.

Come al solito tutte le prove inizieranno alle ore 11.00 e avranno una durata di 100 minuti, duranti i quali i candidati dovranno rispondere a 60 quesiti a risposta multipla.

La novità, relativa  a tutti i test d’ingresso, consiste nel contenuto delle domande: meno logica  e più cultura generale. Infatti è stato dimezzamento il numero dei quiz di ragionamento logico che passano da 20 a 10, per aumentare di ben 10 domande i quesiti di cultura generale. Resta invariato il ‘peso’ delle altre materie.

Per le professioni sanitarie le prove d’ingresso non seguono un modello di test nazionale uguale per tutte le Università, ogni Ateneo ha la libertà di redigere il proprio test, ma il Miur detta delle linee guida a cui i diversi Atenei devono attenersi per formulare il loro test. Linea guida che ad oggi non sono ancora state pubblicate ma che gli scorsi anni prevedevano dei test con modalità identiche a quelle del corso di laurea di Medicina e Chirurgia.

Per le modalità di iscrizione ai test ancora non è stata resa pubblica alcuna nota ma come gli scorsi anni ci si dovrebbe iscrivere prima al portale Universitaly, dove indicare le proprie preferenze. Una volta conclusa la procedura indicata nel bando del Miur, si dovranno seguire le istruzioni contenute nei bandi delle singole università per perfezionare l’iscrizione e partecipare ai test 2019.

Un aspetto che non ha subito cambiamenti è quello riguardante l’assegnazione dei punti: il candidato potrà raggiungere al massimo un punteggio pari a 90 punti rispondendo correttamente all’intero questionario dato che per ogni risposta esatta si acquisisce 1,5 punti, per ogni risposta errata si perdono 0,4 punti e 0 punti per ogni risposta omessa.

Tutte le prove di accesso programmato a livello nazionale sono molto selettive quindi gli studenti che intendono provare, dopo essersi preparati al meglio, è bene che abbiano pronto un piano B. Questo potrebbe consistere nel valutare l’iscrizione ad un corso di laurea uguale ma presso le università private oppure l’iscrizione ad un diverso corso di laurea in università statali in cui sia previsto il numero chiuso ma a livello locale, ossia quando il test d’ingresso viene gestito autonomamente dal singolo Ateneo, con date e prove diverse in tutta Italia. Per la conoscenza dei bandi e delle relative scadenze vi invitiamo a consultare autonomamente i siti delle università oppure a contattarci via mail: formazione@informagiovaniancona.com per una ricerca specifica o un colloquio orientativo.

Buono studio per i prossimi mesi!

BeSmart, abbiamo il libro

Avete presente quando alla fine di un gran lavoro, una fatica, un grande impegno tirate un sospiro di sollievo? Ecco ieri pomeriggio un po’ tutta la nostra equipe (chi più e chi meno profondo) ha tirato un profondo e rigenerante sospiro di sollievo. Quel sospiro di sollievo conteneva anche tanta soddisfazione per qualcosa che abbiamo costruito insieme e che rappresenta un bel traguardo per il nostro servizio.

Scrivere un libro, anche se in questo caso forse il termine più adeguato è forse manuale, è un lavoro fatto di tanti pezzi: la visione di insieme che aiuta a focalizzarsi sul messaggio da mandare, l’attenzione ai dettagli che servono a rendere ciò che si legge davvero interessante, la creatività per rendere il tutto anche originale. L’obiettivo di tutto questo, nel nostro caso, non era affatto egoistico.

Abbiamo scritto un manuale delle competenze per i lavori del futuro sostanzialmente per due motivi. Il primo è che, davvero, abbiamo idea che possa essere una risorsa davvero utile per chi sta cercando lavoro e anche per chi, nel mondo del lavoro, cerca di orientarsi al meglio. Non è un trattato sociologico su questioni lavorative, più semplicemente una raccolta di testimonianze, di pratiche che raccontano quelle che abbiamo chiamato smart skill. Sono storie e, come tutte le storie, solitamente lasciano sempre un segno in chi le legge.

Il secondo è che con BeSmart abbiamo organizzato più di un evento durante lo scorso anno a cui hanno partecipato molte persone. Sui social la voce si è diffusa e “Besmart” è diventato conosciuto. Ma per noi era importante riuscire a capitalizzare le esperienze e i racconti raccolti durante queste iniziative perché possano essere contagiose di quante più persone possibile.

Nel libro, chi lo ha avuto ieri in copia omaggio lo sa già, oltre alle storie dei testimonial sulle smart skill ci sono anche altri contenuti bonus: schede di approfondimento, contenuti esclusivi e anche qualche esercizio. Eh sì, per BeSmart è un libro che può aiutare chilo legge anche ad allenarsi. Le smart skill non sono prerogativa di qualcuno in particolare e men che meno le caratteristiche di qualche supereroe. Ognuno di noi può trovare quella che gli è più congeniale e far diventare la propria smart skill la chiave di successo per il proprio lavoro del futuro. Buona lettura!

PS: per avere una copia dle libro e conoscere le prossime iniziative c’è un sito apposito: besmart.informagiovaniancona.com

Piccoli suggerimenti per orientarsi

In questi giorni stiamo lavorando alla pubblicazione dedicata alle smart skill esplorate durante i nostri appuntamenti Be Smart. Scrivere un libro (o un manuale) è un lavoro faticoso e a volte stressante (lo sa bene Luca che lo sta seguendo più da vicino e con intensità). In questo caso però è anche una piccola operazione amarcord, nonostante il tempo passato non sia così tanto (l’ultimo evento è stato lo scorso 26 ottobre).

Ripercorrendo le cose dette dai relatori dell’edizione dello scorso anno abbiamo trovato un sacco di cose che continuano a convincerci del fatto che per guardare un po’ meglio al futuro il segreto non è quello di indovinare la mossa giusta ma muoversi nel modo giusto. Tutti i relatori ci hanno parlato metodo, progetto, di attitudine e quasi mai di scelte, perlomeno di scelte pratiche. Qualcuno ha esortato a fare le scelte, ma nessuno ci ha detto cosa scegliere nello specifico. Studiare matematica o approfondire italiano, scegliere giurisprudenza piuttosto che medicina (ma anche non fare alcuna scelta universitaria), partire per l’estero o avviare un’attività sono tutti passaggi che riguardano ciascuno di noi in maniera troppo individuale perché si possa lasciare a qualcun altro il dovere (e il diritto) di farlo al posto nostro.

Nel libro che presenteremo probabilmente il prossimo mese di marzo ci sono invece un sacco di suggerimenti (ed esperienze) su come muoversi, adattarsi, darsi degli obiettivi, riuscire a raggiungerli. E anche su qual è la strategia migliore per essere soddisfatti, entusiasti e felici. Trovo veramente che sarà un documento prezioso per tutti quelli che stanno cercando una strada che si fa fatica a vedere con chiarezza e di questo devo ringraziare in particolare i 12 relatori che hanno dato il loro meglio.

Mentre stavo scrivendo mi è tornato alla mente un episodio di qualche giorno fa. Padre e figlio seduti davanti a me: il più grande, malcelando apprensione con una forzata serenità, chiedeva indicazioni e suggerimenti per la scelta professionale futura del figlio. Il più piccolo, mostrando una sincera e apprezzata noia mista a insofferenza, si interrogava sull’utilità di quell’incontro. E aveva ragione. Nonostante tutte le precauzionali indicazioni sul fatto che io non fossi un oracolo, il padre voleva da me la scelta che il figlio non stava facendo. Il figlio invece aveva capito (o magari solo intuito senza consapevolezza) che nel contesto in cui si trova non avrà una sorte chiara, predefinita e soprattutto certa. Dovrà informarsi un po’, sperimentare qualcosa, stare sempre all’erta: muoversi seguendo un flusso i cui contorni non sono così definiti. Diventerà qualcosa (e così il padre sarà contento, forse) ma soprattutto sarà qualcuno. Ecco, il libro su cui stiamo lavorando e che presenteremo a marzo, non serve a diventare qualcosa ma, mi auguro e in qualche caso ne sono certo, a essere qualcuno.

Il cv in formato europeo

Per molti esiste solo questo, per molti altri è quello “giusto”, per alcuni è più professionale o più serio.

Proviamo a capire come usarlo e quali sono i vantaggi e le criticità di questo tipo di documento di cui si parla spesso.

Il cv in formato europeo fa parte di una serie di strumenti elaborati per facilitare la comprensione delle competenze e delle capacità dei cittadini nell’ambito del mercato del lavoro a livello europeo. Per questo motivo l’intento è quello di organizzare le informazioni in modo ordinato e dettagliato, cercando di far emergere tutti i elementi rilevanti delle varie sezioni. L’insieme di questi documenti è detto Europass, e infatti il formato europeo si chiama anche cv Europass.

Il cv Europass cerca di integrare le esigenze e le modalità di stesura del cv di tanti paesi diversi, e per questo è molto articolato, dettagliato e a volte complesso da compilare, soprattutto per chi non si è mai confrontato prima con la scrittura di un curriculum.

Essendo stato studiato pensando ad un lavoratore che si sposta da un paese all’altro, il formato standard vi chiede di inserire per ogni esperienza di lavoro e per ogni formazione l’indicazione della città, e anche dell paese. Per lo stesso motivo viene richiesto di inserire il livello della formazione in base al EQF – Quadro europeo delle qualifiche, che serve a far capire a un datore di lavoro di un altro paese a cosa corrisponde la vostra laurea o diploma nel suo sistema di formazione.

Tutti questi dettagli rendono spesso il cv Europass inadeguato alle esigenze di chi cerca un lavoro a livello locale: che senso ha, infatti, indicare il paese per ogni voce, o il livello di corrispondenza europeo del mio titolo di studio, se ho studiato e lavorato sempre nella stessa regione, e mi sto candidando per una posizione in zona? Sono informazioni ridondanti, cioè dati non rilevanti, e quindi finiscono solo per appesantire il mio cv.
Inoltre il cv in formato europeo ha una impostazione rigida, molto legata all’ordine cronologico delle esperienze, e per questo molti trovano difficile inserire le informazioni del proprio percorso, spesso frammentario, all’interno di questo schema.

Un’ultima osservazione che possiamo fare è legata all’ordine delle varie sezioni: seguendo il cv in formato europeo finiscono in fondo alla pagina, e molte volte nella seconda pagina (a cui i selezionatori nemmeno arrivano) informazioni sempre più rilevanti. Mi riferisco alle soft skill, anche dette competenze trasversali, che sempre più spesso sono importanti quanto il percorso formativo e professionale: siete in grado di imparare cose nuove in poco tempo? Siete capaci di gestire un ritmo di lavoro elevato? Di definire le priorità? Di organizzare il vostro tempo? Siete affidabili? Ecco, queste sono tra le informazioni che un datore di lavoro vuole conoscere per prime.

Parliamo poi dello scopo che il cv deve avere: se non dobbiamo occuparci di problemi di comprensione reciproca dovuta alla differenza di lingua e cultura, è importante ricordare che il cv serve per distinguerci dagli altri candidati, e non ad appiattire il nostro profilo all’interno di una griglia preimpostata (ne abbiamo già parlato tempo fa).

Allora, quando va usato il cv in formato europeo, e perché spesso ci viene richiesto o consigliato?

Il cv formato europeo vi viene richiesto ogni volta che partecipate ad un progetto o una iniziativa promossa e finanziata dall’UE (un corso di formazione, un bando per borse lavoro, un finanziamento per una mobilità all’estero).
Questo formato è anche quello richiesto in caso di selezioni pubbliche, forse per esigenze di standardizzazione (parliamo di concorsi per enti pubblici, quindi Comune, Regione, Asur, aziende partecipate, università e simili).
Usatelo ogni volta che vi viene richiesto espressamente: inviare un cv significa presentarsi al meglio, ma sempre pensando al destinatario e alle sue preferenze. Se siete in dubbio su quale formato usare, potete anche chiedere al referente della selezione se preferisce questo formato o uno scelto da voi.

In generale, le aziende non lo preferiscono, perché gli impedisce di capire subito chi siete: il formato europeo di cv (come qualsiasi altro modello preimpostato) è impersonale perché uguale per tutti, e non vi permette di organizzare le informazioni sulla pagina mettendo in risalto le vostre specificità, a seconda del profilo per cui vi presentate e del vostro percorso.

Alcuni selezionatori invece lo preferiscono, perché trovano le informazioni organizzate secondo uno schema che già conoscono.

In conclusione, ricordate che il formato europeo di cv è uno strumento, usatelo quando è il migliore per raggiungere l’obiettivo!

Il nuovo Esame di Maturità

Vecchio Esame di maturità addio! Già da ottobre 2018 il MIUR aveva reso nota la circolare con tutte le novità introdotte dalla Riforma dell’Esame di Maturità, modificata ulteriormente dal Ministro Bussetti.

La prima importante modifica è l’abolizione della terza prova, il tanto temuto quizzone a carattere multidisciplinare che negli anni passati non ha fatto dormire sonni tranquilli ai maturandi.

Da giugno 2019 infatti le prove scritte saranno solo due: la prima prova di italiano, la seconda prova basata su due materie caratterizzanti ogni indirizzo. L’elenco di queste materie è stato pubblicato sul sito del MIUR nei giorni scorsi. Alcuni esempi: Latino e Greco al Liceo classico, Matematica e Fisica allo Scientifico, Scienze umane e Diritto ed Economia politica per il Liceo delle Scienze umane – opzione economico sociale, Discipline turistiche e aziendali e Inglese per l’Istituto tecnico per il turismo, ecc.

Per sostenere gli studenti nella loro preparazione, il MIUR ha previsto le simulazioni delle due prove scritte che si svolgeranno tra febbraio e aprile.

Altra importante novità è rappresentata dalle griglie nazionali di valutazione in base alle quali verranno corrette entrambe le prove scritte. Le griglie sono state elaborate con lo scopo di consentire alle commissioni di garantire una maggiore equità e più omogeneità nella correzione degli scritti.

Al posto della terza prova scritta è stato introdotto il TEST INVALSI, che servirà a valutare le competenze dei maturandi in italiano, matematica e inglese.

I TEST INVALSI non costituiscono però requisito per l’ammissione all’esame di maturità e il loro esito non conterà ai fini del voto finale d’esame. Verranno svolti un paio di mesi prima dello stesso; il MIUR ha già stabilito le date che vanno dal 4 al 30 marzo 2019.

Anche la prova orale subirà dei cambiamenti: la commissione proporrà ai candidati di analizzare testidocumenti, esperienze, progetti problemi per verificare l’acquisizione dei contenuti delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica e personale, anche utilizzando la lingua straniera. Nel corso del colloquio, il candidato esporrà, con una breve relazione o un elaborato multimediale, le esperienze di Alternanza Scuola-Lavoro svolte. Il colloquio accerterà anche le conoscenze e le competenze maturate nell’ambito delle attività di Cittadinanza e Costituzione. La commissione dovrà comunque tenere conto del percorso scolastico dell’ultimo triennio, indicato in un documento di classe stilato dai docenti interni in cui viene indicato il percorso scolastico effettivamente svolto.

Per essere ammessi all’esame occorre invece avere la sufficienza in tutte le materie, condotta compresa;è ammessa una sola insufficienza ma in questo caso il maturando viene ammesso all’esame con un numero di crediti inferiore.

Cambiano, infine,anche i punti per le prove scritte e per l’orale.

Dopo tante novità non ci resta che dare le date di svolgimento degli esami: 19 giugno (prima prova), 20 giugno (seconda prova) mentre le date degli orali sono definite dalle singole scuole.

In bocca al lupo a tutti i maturandi 2019!

L’Informagiovani non è il centro per l’impiego

Ogni giorno l’Informagiovani di Ancona viene contattato da utenti che vi si rivolgono pensando di parlare con il Centro per l’Impiego. Probabilmente agli occhi dei non addetti ai lavori questi servizi sembrano uguali ma nella pratica così non è.

Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza.

Sia i Centri per l’impiego sia gli Informagiovani sono servizi per il lavoro ma differenti sono sia l’origine di questi servizi sia le modalità con le quali operano.

I Centri per l’Impiego sono uffici pubblici, attualmente gestiti dalle Regioni, che offrono servizi ai cittadini e alle imprese. Sono stati istituiti con il D.Lgs 469/97 che ha abolito gli Uffici di collocamento e ha assegnato ai Centri per l’impiego una serie di funzioni e attività: informazione e orientamento, incrocio domanda e offerta di lavoro, supporto per la gestione di pratiche burocratiche.

Attualmente, però, i centri per l’impiego svolgono soprattutto attività amministrativa: gestiscono l’elenco anagrafico dei lavoratori, nel quale viene registrata la storia lavorativa (compresi i periodi di disoccupazione) di ogni persona che ha domicilio nel territorio di competenza del Centro per l’impiego; si occupano dell’ iscrizione alle liste di mobilità e dell’iscrizione agli elenchi e graduatorie delle categorie protette; registrano le assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro presso aziende private e Enti pubblici.

Iscriversi al Centro per l’impiego oggi è diventato una questione più che altro burocratica, nel senso che è necessario iscriversi per sottoscrivere la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID), con la quale si ottiene lo stato di disoccupazione, ossia il riconoscimento formale del proprio stato di disoccupato. Questo è un documento amministrativo che vi consentirà di richiedere l’esenzione dal ticket sanitario, l’indennità di disoccupazione (Naspi) se ricorrono i presupposti di legge, di godere delle agevolazioni per le assunzioni di disoccupati e giovani inoccupati, e di partecipare a bandi della Pubblica Amministrazione che richiedono il requisito dello stato di disoccupazione (corsi FSE, iscrizione a Garanzia Giovani, borse lavoro, ecc…). L’ottenimento dello stato di disoccupazione comporta la necessità periodica (ora diventata annuale) di confermare tale stato e la disponibilità al lavoro.

Non basta però essere iscritti al Centro per l’impiego per trovare lavoro; occorre attivarsi nella ricerca, quindi cercare offerte di lavoro attinenti al proprio profilo professionale. I Centri per l’impiego pubblicano sui loro siti le offerte che passano tramite il loro canale ma come potete immaginare queste non sono tutte. Quelle relative ai CIOF delle Marche le troverete a questo link.

Altre offerte di lavoro si possono trovare rivolgendosi ad altri servizi per il lavoro tra i quali gli Informagiovani. Questi sono servizi pubblici, in genere comunali, nati con l’obiettivo di fornire informazioni ai giovani ma allo stato attuale la fascia d’età degli utenti si è notevolmente spostata in avanti.

Questo in linea generale, perché poi ogni ufficio Informagiovani si connota in maniera specifica per alcuni servizi rispetto ad altri.

L’Informagiovani di Ancona nel corso degli anni ha sviluppato una serie di servizi che vanno oltre la semplice informazione, offrendo infatti consulenza e orientamento su vari settori: lavoro, formazione, estero, casa, sociale e tempo libero.

In questa sede mi preme evidenziare le attività e i servizi che l’Informagiovani di Ancona offre nel settore lavoro: dalla messa a disposizione delle offerte di lavoro sia in forma cartacea che on line alla pagina dedicata, al servizio di revisione e consulenza del curriculum vitae, ai servizi di orientamento nella ricerca attiva del lavoro, al servizio di banca dati lavoro, un servizio di incrocio domanda – offerta di lavoro di cui possono usufruire sia le persone in cerca di lavoro sia le aziende in cerca di lavoratori.

Tutti possono accedere e usufruire in maniera gratuita dei servizi dell’Informagiovani che vengono erogati con lo scopo prioritario di rendere gli utenti AUTONOMI nella ricerca del loro percorso professionale, formativo, personale.

Gli operatori dell’Informagiovani “non trovano il lavoro” ma danno le basi per muoversi in maniera autonoma nella ricerca dello stesso. Nessuno può cercare e trovare al tuo posto il lavoro a te più adatto, solo tu puoi farlo partendo sicuramente da un buon orientamento.

Se volete saperne di più potete venire a trovarci nei nostri orari di apertura; troverete operatori pronti a consigliarvi varie strade e opportunità.

Scuola: è tempo di iscrizioni

Come ormai da qualche anno, le iscrizioni al primo anno delle scuole di ogni ordine e grado, ad eccezione delle scuole dell’infanzia, devono essere effettuate on line, così come quelle ai corsi dei centri di formazione professionale delle Regioni che hanno aderito al sistema (tra le quali ci sono anche le Marche).

Come sempre l’iscrizione on line è obbligatoria per le scuole statali mentre rimane facoltativa per quelle paritarie.

Ma quest’anno c’è una novità: il periodo delle iscrizioni è stato anticipato. Le iscrizioni per l’a.s. 2018/2019 saranno infatti aperte dalle 8.00 del 7 gennaio alle 20.00 del 31 gennaio 2019. Ma già a partire dalle 9.00 del 27 dicembre 2018 si potrà accedere alla fase di registrazione su www.iscrizioni.istruzione.it.

Le domande di iscrizione, però, non sono vincolanti e quindi le famiglie possono chiedere il trasferimento a un altro indirizzo di studio o a un’altra scuola entro l’inizio della scuola o nei primi mesi del nuovo anno scolastico.

Un’altra interessante novità riguarda l’app Scuola in Chiaro grazie alla quale tutte le famiglie potranno scaricare facilmente sul loro tablet o telefonino le informazioni relative agli istituti di loro interesse attraverso QR code che saranno resi disponibili sui siti delle scuole o nel corso degli open day che si stanno svolgendo in tutta Italia per la presentazione dell’offerta formativa.

La procedura online prevede alcuni passaggi.

In primo luogo occorre registrarsi sul sito del MIUR (a partire dal 27 dicembre) per ottenere le credenziali di accesso; chi è già in possesso di un’identità digitale SPID non deve fare la registrazione e potrà accedere direttamente al servizio per le iscrizioni.

Ottenute le credenziali, si procederà con la compilazione on line della domanda di iscrizione e con l’invio della stessa alle scuole scelte (dal 7 al 31 gennaio). Nella domanda, infatti, è possibile indicare, in ordine di preferenza, fino a tre scuole di interesse.

Segue poi una terza fase in cui le famiglie vengono aggiornate sullo stato di avanzamento della domanda e l’eventuale accettazione da parte della scuola.

In caso di eccessive domande per una stessa scuola, verranno applicati i criteri di scelta stabiliti dal MIUR, tra i quali non rientra la precedenza temporale in base all’ordine di arrivo delle domande. Quindi avete tutto il tempo per prendere informazioni sulle varie scuole e sui vari indirizzi esistenti.

Se avete ancora qualche perplessità sulla scelta della scuola, all’Informagiovani potete trovare operatori pronti a fornirvi chiarimenti e a orientarvi nella scelta.

Ohana meetup, come cambiare il mondo (del lavoro)

Quante volte avete (abbiamo) pensato che la situazione lavorativa in cui ci troviamo non è quella che speravamo? Quante volte vi siete (siamo) detti: “bisogna fare qualcosa?” Quante volte poi, alla fine, avete davvero fatto qualcosa? Non so che idea ha chi legge questo post, ma io credo che cambiare qualcosa la prima mossa spesso è quella di cambiare un po’ noi stessi. Non vorrei che questo risultasse un invito mistico ad una vita più rilassata, spirituale eccetera eccetera. Sono convinto invece che molto spesso quando qualcosa non ci piace siamo portati a trovare un “colpevole” (alibi direbbe qualcuno) per sentirci meno costretti a dover fare qualcosa. Non vi pare?

Il passaggio successivo, quello in cui decidiamo di non darci degli alibi, è quello di trovare delle soluzioni e la cosa spesso è difficile. Anche perché in alcuni casi la soluzione non è che la possiamo trovare autonomamente o in breve tempo. faccio un esempio. Una questione che secondo me riguarda una gran parte di chi lavora (ma anche di chi il lavoro lo sta cercando) è che gli stipendi, in media, in Italia sono piuttosto bassi (anche in relativamente al costo della vita). Quindi se ho questo problema è chiaro che il primo istinto è quello di imprecare contro imprenditori, governo, sindacati e quanto altro mi viene in mente per cercare un colpevole (fase uno: l’alibi). Fase due: in un momento di riflessione, pensiamo se possiamo fare qualcosa… panico! In realtà su questo aspetto, da soli, forse possiamo fare ben poco. Credo invece che abbiamo una risposta anche a una situazione del genere: possiamo parlare, confrontarci e cercare soluzioni con altri. Sembra una stupidaggine ma non lo è affatto.

Con questo metodo, che potrei definire forse partecipativo, nei secoli scorsi sono nate nazioni, partiti politici, organizzazioni che si occupano di temi universali e anche aziende di successo. Con lo stesso metodo della partecipazione e del confronto ogni giorno ci sono persone che cercano di affrontare questioni pratiche, minime (se ci pensate, non si utilizzano confronto e partecipazione anche quando si decide chi prende l’automobile per andare a mangiare la pizza o fare la gita?). Lo facciamo probabilmente anche tutti noi in famiglia, piccola o grande che sia, quando le scelte da fare non sono così scontate. Quello che vi propongo oggi è di prendere in considerazione il metodo della partecipazione e del confronto anche per un tema grande e importante come quello di cambiare il mondo del lavoro. E di farlo dentro una famiglia (ohana in hawaiano) che si chiama Ohana Meetup. L’Ohana Meetup è una “festa” per cambiare il mondo del lavoro senza fare una rivoluzione (perlomeno nel senso che noi intendiamo tradizionalmente) ma cercando di compiere un’evoluzione, personale e di gruppo. Ve lo dice chi ha già partecipato alla prima edizione (quella del 2018, la prossima sarà a marzo 2019 ma per partecipare è necessario iscriversi entro il 15/12): se ti piacerebbe che le cose cambiassero, non c’è modo migliore per passare all’azione che farlo con qualcun altro che, sorridendo, ti dice: “perchè no?”. Ci vediamo all’Ohana Meetup!

La formazione gratuita con i VOUCHER regionali

Il voucher formativo è un finanziamento destinato a chi desidera frequentare un master o un corso di formazione e va richiesto alle Regioni.

La Regione Marche ha messo a disposizione voucher formativi per la partecipazione a percorsi di formazione autorizzati, grazie ai quali è quindi possibile frequentare i corsi in maniera del tutto gratuita.

Un’opportunità questa da non sottovalutare viste le sempre più rare occasioni di trovare corsi di formazione gratuiti nel settore di proprio interesse.

Non tutti i corsi di formazione, però, rientrano nella categoria di quelli per i quali è possibile richiedere un voucher. Infatti rientrano in questa categoria solo i corsi presenti nel cosiddetto catalogo FORM.I.CA, ossia i corsi a Formazione individuale a catalogo, inviduati dall’interessato o dall’impresa per i suoi dipendenti.

Possono,infatti, presentare domanda per l’ottenimento del voucher:

sia i soggetti disoccupati/inoccupati (anche percettori di Naspi e di altre provvidenze);

sia i soggetti occupati (in questo caso l’azione formativa si svolge in orario di lavoro);

sia i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

I soggetti destinatari del voucher devono avere età maggiore di 18 anni e devono risiedere o essere occupati in ambito regionale.

Il voucher consente di coprire il costo di iscrizione e frequenza del percorso formativo scelto. Va richiesto alla Regione tramite il sistema informatico SIFORM in qualsiasi momento per tutta la durata del bando e quindi entro il 31/12/2019 (salvo esaurimento fondi).

Come fare per sapere quali corsi ci sono in questo momento per i quali è possibile richiedere il voucher? Semplice: basta consultare gli elenchi dei corsi alla pagina formazione del nostro sito oppure inviare una mail a formazione@informagiovaniancona.com. Gli elenchi vengono aggiornati quasi quotidianamente, quindi ogni giorno potreste corsi nuovi.

BeSmart! Perchè lo abbiamo fatto

Anche qualche giorno fa confrontandomi con due persone che si occupano di selezione e formazione del personale è uscita questa cosa: “il problema non è che i ragazzi non sono preparati, la questione è che non sembrano essere in grado di inserirsi in un contesto diverso da quello scolastico”. C’è un libro, l’ultimo di Baricco, di cui ho letto soltanto una parte riportata da Luca Sofri su ilPost in cui, ahimè, si afferma che “la scuola così com’è appartiene a un’altra era“. Potrei aggiungere che forse anche il mondo accademico, così com’è, appartiene a un’altra epoca.

Non voglio qui fare una critica alla scuola e all’università, soprattutto se la critica fosse letta poi come la volontà di disfarsi e liberarsi di queste istituzioni. In realtà credo che, al contrario, come dimostrano anche alcuni dati, nel nostro Paese è urgente un investimento nella formazione e nello sviluppo della cultura (qui un infervorato articolo sulla questione). Però è anche vero che molti dei ragazzi e delle ragazze che incontriamo, anche quando si vede o dimostrano di essere molto preparati su competenze tecniche, hanno evidenti difficoltà in ambiti che non siano quello che hanno studiato. Come si comunica in pubblico, come si gestisce una relazione con gli altri, come si rimane concentrati su di un obiettivo, come si gestiscono crisi e cose che non vanno come previsto: su queste ed altre abilità, tendenzialmente, molti sono impreparati. Il nostro sistema formativo non ha spazi, al momento, di approfondimento di questi aspetti se non in maniera in formale o, come spesso accade, rimandata alla buona volontà del singolo docente (e magari ce ne fossero di più!).

Tutto ciò che non si impara a scuola è rimandato alla famiglia (che non può però essere onnisciente) o all’autonomia del singolo. Per cui magari qualche elemento di team building lo apprendi se pratichi uno sport di squadra, qualche elemento di comunicazione se sei appassionato di teatro, alcuni flash di problem solving se partecipi alle attività scout della tua città. Chiaramente puoi evitare tutte queste situazioni e provare a cavartela con la scuola della strada: può andare bene oppure no. Credo però che nel 2018 potremmo avere altre opportunità o, meglio, sarebbe auspicabile che il sistema formativo affrontasse anche questi aspetti, quelle che in gergo si chiamano soft skill: per fare un esempio, le buoni doti comunicative non dovrebbero essere in capo solo al tizio che sembra più svelto, ma ad un certo livello di base dovrebbero essere un’abilità diffusa.

Chiaramente quando abbiamo ideato BeSmart! non avevamo intenzione di sostituirci all’attuale sistema formativo, ma essere una sorta di pionieri nell’affrontare questo tema. E siccome non siamo nemmeno maestri in molte delle smart skill che proponiamo (così le abbiamo chiamate, competenze intelligenti potrei azzardare in una delle possibili traduzioni) abbiamo chiamato dei testimonial per ognuna delle competenze che ci è venuta in mente: venerdì prossimo (26 ottobre) sentirete parlare Laura sull’importanza di conoscere le lingue, Cristiana su quella di saper comunicare (non solo attraverso la lingua), Antonella sulla determinazione e la perseveranza, Laura (un’altra) sulla costruzione delle relazioni. Ci saranno anche due ospiti a sorpresa (e proprio per non rovinarvela non vi dico chi saranno, ma porteranno altri due temi altrettanto interessanti). Personalmente mi sono persuaso che questo tipo di occasioni siano molto formative, si esce con qualcosa in più in testa e qualche volta nel cuore.

PS: se c’è ancora posto potete prenotare il vostro posto qui

Study Abroad: una marcia in più

Study abroad, studiare all’estero, è l’evento che l’Informagiovani di Ancona organizza in collaborazione con le agenzie di soggiorni studio, per far conoscere le opportunità di formazione scolastica all’estero ai ragazzi dai 14 ai 18 anni.

Sempre più spesso i genitori di ragazzi studenti delle scuole superiori si sentono chiedere dai propri figli la possibilità di andare a studiare all’estero per un periodo più o meno lungo.

Ovviamente di fronte a una tale richiesta i genitori vengono assaliti da tanti dubbi e preoccupazioni. Lasciare andare un figlio in un altro Paese a una così giovane età non è senz’altro facile perché si teme che non sia in grado di affrontare da solo un cambiamento così importante. E non solo i genitori sono anche preoccupati per quello che aspetta al proprio figlio al rientro, dopo un periodo più o meno lungo di assenza dalla scuola italiana.

Ebbene, il programma di studio all’estero, conosciuto anche come “High school Program” prevede, infatti, la possibilità di frequentare un trimestre, un semestre o un intero anno scolastico all’estero, a seconda del paese scelto.

E cosa importante è riconosciuto dal MIUR. La durata massima della frequenza all’estero, al fine di garantire la riammissione in Italia, è di un anno scolastico purchè esso si concluda prima dell’inizio del nuovo anno scolastico. Nonostante il periodo di studio all’estero sia riconosciuto in Italia, tuttavia la riammissione e il passaggio al semestre o all’anno scolastico successivo non è automatica. Occorre quindi concordare, prima della partenza, con i professori e con il dirigente scolastico le modalità di riammissione.

Il programma è rivolto ai ragazzi/e di età tra 14 e 18 anni ma è consigliabile affrontare una scelta di questo tipo al terzo o quarto anno della scuola superiore, quando già i ragazzi/e hanno raggiunto un certo livello di autonomia e non sono impegnati con l’esame di maturità.

Ma da dove si inizia?

Innazitutto occorre scegliere una delle tante agenzie/associazioni, riconosciute dal MIUR, che si occupano di selezionare gli aspiranti partecipanti, prepararli alla partenza, scegliere le scuole all’estero e assegnarle a ciascuno e seguire gli studenti durante tutta la durata del programma.

La domanda va presentata diversi mesi prima della partenza; addirittura un anno prima per l’anno scolastico. La partenza in genere avviene nel mese di luglio dato il diverso inizio dell’anno scolastico negli altri paesi e la necessità di arrivare con un certo anticipo in modo da ambientarsi nel nuovo Paese.

I costi, abbastanza sostenuti, in genere variano da Paese a Paese e in base alla durata del soggiorno ma esiste anche la possibilità di ottenere delle borse di studio a copertura almeno parziale.

A fronte di questi aspetti, però, non si può non riconoscere l’importanza di esperienze di questo tipo, esperienze che formano la persona, il carattere e danno una marcia in più per il futuro professionale.

In primis certamente la possibilità di imparare meglio o da nuovo una lingua straniera, requisito ormai fondamentale in un mercato del lavoro ma anche in un mondo sempre più multiculturale.

Diventare cittadini del mondo, costruire un pacchetto di conoscenze e competenze da spendere in un mercato del lavoro sempre più globalizzato, innalzare le proprie soft skill di tipo relazionale, comunicativo e organizzativo: sono le esigenze sempre più pressanti degli studenti di oggi.

Per saperne di più vi invito a partecipare al nostro evento Study Abroad, dove avrete la possibilità di conoscere ben 13 agenzie e le opportunità da loro offerte e ascoltare la testimonianza di un ospite su come le sue esperienze di studio all’estero hanno influìto sul suo futuro professionale e contribuìto alla sua crescita personale.

La partecipazione all’evento è gratuita e aperta a tutti. Basta iscriversi.

Scelta post laurea triennale

Dopo tre anni di studio ed impegno per conseguire la laurea triennale, gli studenti hanno di nuovo bisogno di consigli su come scegliere la strada giusta per il proprio futuro.

Alcuni laureati decidono di entrare nel mondo del lavoro, altri decidono di continuare gli studi all’estero, dove la magistrale è chiamata Master Degree, altri valutano l’iscrizione ad un master di primo livello, una buona metà di laureati continuano il percorso iscrivendosi ad un corso di laurea magistrale.

Il master di primo livello è rivolto a coloro che vogliono una formazione più professionalizzante dopo la triennale. Questo percorso esiste solo in Italia; nei paesi esteri ci sono dei corsi universitari di un anno, o anche meno, ma non sono paragonabili a questo titolo. I master di primo livello possono essere organizzati dalle università oppure da enti privati. Entrambi hanno i loro aspetti positivi e negativi; se sono organizzati da enti privati è probabile che sono spendibili per lo più nell’azienda che li ha organizzati, mentre il master universitario è riconosciuto, ma non sempre garantisce un accesso rapido al mondo del lavoro come ci si potrebbe aspettare.

Sicuramente valutare di intraprendere un nuovo percorso di studi universitari: una laurea magistrale, è una decisione importante e a volte appare come un’impresa difficile; le possibilità offerte sono numerose, e non è facile riconoscere le proprie passioni, motivazioni ed aspirazioni (anche se noi consigliamo sempre di partire da queste!).

Per scegliere un corso di laurea magistrale piuttosto che un altro è fondamentale analizzare le proprie qualità personali, le conoscenze e competenze acquisite durante il percorso triennale, cercando di capire i punti di forza e di debolezza su cui voler investire per il futuro.

Altrettanto importante è confrontare quanto è emerso con le figure professionali incontrate durante la triennale, tenendo conto della continua evoluzione del mercato del lavoro.

Essenziale raccogliere tutte le informazioni possibili sull’Ateneo, la facoltà ma soprattutto sul percorso di studi; valutando i piani di studio, analizzando gli insegnamenti caratterizzanti e quelli integrativi, confrontandoli con le proprie aspettative. Valutare i contenuti ed i metodi attuati dai docenti cercando di capire se si tratta solo di professori universitari o anche di professionisti che hanno esperienze accademiche e non.

Informarsi significa tenere costantemente sotto controllo il sito dell’Ateneo per restare aggiornati su eventuali bandi, prove di ammissione, scadenze e non solo, infatti anche per la scelta della magistrale le facoltà organizzano attività di orientamento ed open day.