CV senza vergogna
Qual è la cosa più strana che avete scritto in un curriculum? Quella più intelligente? E quella più stupida? Probabilmente sono cose che riusciamo a scoprire solo dopo un po’ di tempo, magari rileggendo il nsotro cv dopo un po’ di tempo Oppure perché leggiamo un post come questo in cui ci sono indicazioni di cose strane, intelligenti e stupide da mettere in un cv.
A dircelo è un’analisi fatta dall’Università Ca’ Foscari di Venezia in collaborazione con alcune aziende multinazionali (c’era la Apple, c’erano Toyota, Cameo, H&M, L’Oréal, poi Calzedonia, Luxottica, il gruppo Coin). “I selezionatori sono cattivi, ma i neolaureati che aspirano a un lavoro sanno farsi male da soli. Uno su tre presenta un curriculum vitae, su carta o digitato in una piattaforma aziendale, cronologicamente sballato. Difficile comprendere il percorso scolastico del neolaureato, individuare il momento in cui ha fatto esperienze formative extra: master, stage. Difficile comprendere, pure, se un viaggio all’estero sia il qualificante Erasmus o una gita universitaria“.
Le aziende ed i selezionatori hanno anche indicato quali sono gli errori più comuni (ed anche quelli meno perdonabili). Molti dimenticano di inserire i dati di contatto: la mail, il numero di telefono oltre al luogo di nascita e la residenza. Il 18 per cento dei selezionatori di fronte a queste dimenticanze mette il curriculum nel tritacarte. Alcuni segnalano, ancora, che nel foglio che dovrebbe essere la prima presentazione nel mondo del lavoro, non c’è l’indicazione del diploma, né il voto di laurea. Se fosse una dimenticanza sarebbe già grave, ma spesso questo lascia intendere un’altra cosa: che si preferisce nasconderlo e per un datore di lavoro lo considera un segnale negativo.
Nello spazio “foto” quale mettete? Qui l’indcazione di chi sta dall’altra parte della barricata è chiara. Alcuni candidati, una minoranza però larga e rumorosa, mettono foto inappropriate, anche estive, scattate in spiaggia e al pub. Il selfie, per intenderci. è bandito dal cv. Poi c’è la questione di quanto e cosa scrivere: i candidati peggiori sono prolissi, ridondanti e caotici. Hanno sovrastima di sé e non si capisce se è arroganza o tensione all’automarketing. Se è vero che un utilizzo sensato dei social media spinge molto nella direzione dell’autopromozione, sarebbe anche il caso di utilizzare una certa consapevolezza dei propri mezzi. Quindi, tanto per intenderci, raccontare bene le proprie competenze non significa mentire. Come per le lingue: “fluente” significa essere in grado di parlare in maniera ordinata, corretta e comprensibile una certa lingua (vale anche per l’italiano 🙂 ). La brutta, ma realistica, notizia è che piccole bugie o trucchi di questo genere vengono poi sempre scoperti. E l’effetto dannoso e prolungato: lo verranno a sapere anche altre aziende che misureranno così la nostra credibilità con altri canoni.
La novità al tempo dei social è che metà dei selezionatori va a controllare Facebook, Twitter, soprattutto LinkedIn, ed è tra i post e i commenti che inizia a valutare il candidato. C’è un mito da sfatare, poi. Il modello cronologico, il racconto di sé, è preferito da un terzo rispetto al curriculum Europass, quello preordinato e da completare (“informazioni personali”, “posto per il quale si concorre”). Non è sepolto, insomma. Una buona esposizione indica una conoscenza dell’italiano e una predisposizione al ragionamento. Una veste grafica personalizzata, infine, non solo aiuta la presentazione, ma dimostra che chi si presenta sa utilizzare le tecnologie. Spedire un cv non è una mera operazione di copia&incolla: necessita di un’attenta opera di revisione, analisi, scelta, consapevolezza e arguzia nell’utilizzo di termini, parole, notizie da inserire. Senza esagerare nell’autopromozione ma cercando di essere affascinanti. In altre parole ed in senso buono, mandate un cv senza vergogna,
Non date retta a tutte ‘ste fregnacce: se il selezionatore non vi sceglie è perché il paese dove vi è capitato di vivere è fallito, completamente fallito! Se i selezionatori si attaccano ai social network o agli errori grammaticali per non perdere tempo a leggere il vostro Curriculum, significa che non hanno voglia di lavorare, così come le aziende per le quali lavorano non hanno alcuna intenzione di assumere. Un consiglio: fate un bel “copiaeincolla” sul traduttore inglese di google e spedite il vostro Resume (curriculum in inglese) presso qualsiasi azienda o agenzia rigorosamente non-italiana. Vedrete che, come per miracolo, dopo appena mezz’ora, un tizio in lingua inglese vi terrà per 20 minuti al cellulare per chiedervi di tutto! Non date importanza al vostro inglese: ai selezionatori stranieri interessa solo una cosa, un Italiano che abbia voglia di lavorare per loro. Perchè “Italians do it better!”. Tutto il Mondo l’ha capito, meno che quei pirla dei nostri selezionatori….