Ancona crea

Ancona CreaDal 12 al 19 aprile Ancona sarà coinvolta e sorpresa da una “folla” di artisti che arrivano o tornano in città. La settimana dedicata all’arte ad Ancona si chiama Ancona Crea e nasce con l’intento di mettere in mostra un tesoro. Il tesoro sono i giovani artisti che incontriamo ogni giorno in strada, e artisti di Ancona che oggi vivono della loro arte a Londra, Parigi, Milano, Firenze, Bologna, Berlino, Rio e mille altri luoghi del mondo. L’idea è semplice: trasformare la città attraverso l’energia, il colore, il suono, l’intervento creativo; mettere in contatto il quotidiano con l’insolito, il negozio con la scultura, lo spazio urbano con la performance.

Ancona Crea non è una mostra ma un “allestimento” che coinvolgerà tutta la città con esposizioni, performance, incontri, conferenze, laboratori, street art e installazioni urbane nel centro della città. Il programma è ricco e l’intento è quello di trasformare Ancona per una settimana in una sorta di città delle meraviglie in cui ogni angolo racconta una storia in maniera creativa e coinvolgente.

Le iniziative sono divise in quelli che potremmo chiamare temi o percorsi: la sezione urbana e vetrine, con allestimenti che coinvolgeranno spazi della città (anche il nostro Informagiovani) e negozi del centro,  le installazioni e performance live con il titolo GINOLIMMORTALE, la riscoperta di un luogo della città in semi abbandono a cui viene restituita vita grazie all’arte (ImmobilArte alla Galleria Dorica), le esposizioni e i laboratori di GUS dedicati ad una artigianalità creativa ed attiva, la danza dal vivo in piazza di Hexperimenta, la mostra “Nel regno delle piante” un’opera illustrata tessile prodotta in sole 30 copie realizzata interamente a mano, ispirato al tema delle piante e della natura, il gioco letterario tra curiosità e lettura di pagine scelte dell’Associazione Leggio (potete scaricare il pieghevole con tutto il programma e la mappa dei luoghi di Ancona Crea)

Protagonista sarà anche il nostro Informagiovani che da domenica ospiterà la mostra fotografica di Ronnj Medini. La sua fotografia è diretta e fulminante, senza mai cadere nell’immagine facile impatto emotivo. Le luci ed i contrasti, a volte, sono esasperati, uscendo così dagli schemi della foto perfetta. Una sorta di rotture delle convenzioni tra fotografo e soggetto. Le sue prospettive raggiungono l’infinito, come due specchi che si riflettono a vicenda, diventando inafferrabili e irraggiungibili e lasciando a chi guarda la voglia di scoprire cosa si nasconde in quell’immagine.

Ronnj Medini predilige le foto di strada e su questo tema saranno anche le foto esposte all’Informagiovani dal 12 al 19 aprile (domenica 12 aprile alle 17 l’inaugurazione). Siamo felici di ospitare ed abbellire la nostra sala con le foto di Ronnj perché anche noi pensiamo che l’arte non debba essere circoscritta a pochi e relegata in luoghi esclusivi o nascosti; ma è bene che entri in luoghi, spazi e tempi comuni a molti perché tutti (o quasi) possano rimanerne contagiati in qualche modo, anche solo lanciando uno sguardo.

Ancona Crea è una dichiarazione d’amore dell’arte nei confronti della città e della città nei confronti dei tantissimi artisti che le sono cresciuti dentro e che ne rappresentano il tesoro più vivace. Vi aspettiamo!

Comunicare al pubblico: a tutto streaming!

comunicare in pubblicoOggigiorno siamo chiamati ad essere sempre costantemente molto “comunicativi”: un post su Facebook, un tweet di aggiornamento, i gruppi e le chat su WhatsApp sono tutti modi con i quali ci rivolgiamo ad un pubblico, più o meno vasto. Quanto è efficace una comunicazione veloce, istantanea, virale? Dipende chiaramente dall’obiettivo ma il rischio di misunderstanding è piuttosto alto. Così come la possibilità di far circolare false informazioni, comunicazioni errate, notizie vecchie.  Oggi vi proponiamo, per estratti, alcune idee già scritte in un post di questo blog.

Al di là di quello che  può essere un giudizio etico-professionale su chi diffonde false o artefatte informazioni (di cui oggi non parliamo), c’è una questione che riguarda l’efficacia e la tempestività della comunicazione e di come questa possa essere distribuita in maniera veloce anche da chi, più o meno consapevolmente, non fa alcuna verifica delle fonti. O, se lo fa, si basa su fattori che ne determinano la qualità in maniera “originale”. Faccio un esempio. Quando ho fatto notare, nell’ennesima bacheca di Facebook, che la notizia sulle condizioni in cui versa la Grecia non fosse proprio attendibile mi è stato risposto che era stata postata perché apparsa in siti più o meno appariscenti. Ecco mi ha colpito la parola “appariscenti”.

La riflessione che voglio fare qui è quindi su come la visibilità possa condizionare la percezione che abbiamo dei contenuti veicolati. Se come dice l’amico Paolo Manocchi, “l’abito in realtà fa il monaco”, accade anche che la “veste” che viene data ad un certo tipo di comunicazione ne determini non solo il successo (in termini di raggiungimento di pubblico, come evidentemente avviene e deve avvenire nei meccanismi pubblicitari) ma anche l’attendibilità e la conseguente propagazione virale. Questo meccanismo è alla base del marketing sui social media e funziona anche perché trova, spesso, un pubblico facilmente influenzabile con la forma e meno attento ai contenuti. Si tratta di una manifestazione differente di quella che gli americani chiamano teeth-spinach-effect: ad un congresso anche il più bravo e preparato relatore se parla con uno spinacio fra i denti sortirà l’effetto non voluto di essere ricordato, dalla maggior parte dei presenti, per questa simpatica anomalia dentale e non per quello che ha detto.

Il punto è che, soprattutto nella comunicazione web, il teeth-spinach-effect potrebbe anche non essere un inconveniente, un errore, una sbadataggine, un effetto non voluto. La “distrazione” (se così la si vuole chiamare) è tanto più sottile, nascosta, irriconoscibile come tale tanto più la comunicazione è veloce ed immediata. Come tante altre è una tecnica non nuova per i professionisti della comunicazione a cui non bisogna dare una connotazione negativa (dipende essenzialmente con che obiettivi viene utilizzata): come spesso accade spesso la consapevolezza è la migliore delle medicine. L’importante, infatti, è guardarsi allo specchio prima di parlare e decidere: magari può anche capitare di non avere granché da dire ed in quei casi magari una foglia di spinacio può avere più successo di mille parole.”

Chiaro? Quindi, quante cose interessanti da dire abbiamo e quanto invece solleviamo polvere e fuffa per dire pressoché nulla? Qualche giorno fa è apparso all’orizzonte un altro simpatico giochino digitale: si chiama Periscope, si può utilizzare al momento solo su dispositivi IOS (Apple) e praticamente fa diventare ciascuno di noi una piccola emittente televisiva. Qualcuno ha già osservato che forse qualche “trasmissione” possiamo anche risparmiarcela: voi che ne pensate?

Un anno fuori dal guscio

pulcino-uovo-schiuso_esci dal guscioSapete che cos’è il servizio civile? Se la risposta è “sì” tra poco scoprirete una sorpresa. Se la risposta è “no” tra poco invece avrete la risposta. Il servizio civile è il modo in cui, in Italia, giovani tra i 18 e i 28 anni decidono di mettersi a disposizione di un servizio che svolge attività di pubblica utilità. I settori possono essere i più diversi: l’ambiente, la cultura, il territorio, l’informazione, l’infanzia e la vecchiaia, l’assistenza sociale. L’impegno è quello di lavorare per 30 ore alla settimana per le attività dell’ente o dell’organizzazione che ha scelto di accogliere i volontari di servizio civile: qui faremmo veramente fatica a fare un elenco esaustivo perché possono essere le più diverse, da quelle manuali a quelle più intellettuali.

Che cosa ci guadagna il volontario? Innanzitutto ha diritto ad un compenso economico poco superiore ai 400 euro mensili (non è uno stipendio, perché il servizio civile NON è un lavoro per cui è inappropriato anche un confronto con gli stipendi del settore in cui si interviene). Poi, ed è la parte strategicamente più interessante, ha la possibilità di sperimentare competenze ed abilità in un contesto professionale. Ma, soprattutto, il volontario ha la possibilità di imparare un sacco di cose che potranno tornargli utili in futuro: quando scriverà un curriculum, quando dovrà documentare le proprie esperienze, quando si troverà a parlare di come ha risolto problemi e questioni lavorative e di come è riuscito a cavarsela. Insomma, una cosa simile ad un tirocinio per semplificare e rendere la cosa facilmente comprensibile. E questo, in tempi in cui c’è chi dorme fuori da un ufficio per avere la possibilità di fare un tirocinio, ci sembra già una bella occasione. Il servizio civile per molti ragazzi e ragazze è anche il modo per rendersi utili e sperimentare, in maniera concreta, che cosa significa avere una responsabilità, ottenere la fiducia di qualcuno, essere un punto di riferimento ed un aiuto: insomma, una buona occasione di mettere un piede fuori dalle proprie abitudini, sperimentare qualcosa di diverso, uscire dal guscio delle proprie abitudini.

E che cosa vuol dire fare il servizio civile all’Informagiovani? Oltre a tutto quello che abbiamo scritto fino a qui, i 4 volontari (tanti sono i posti) che faranno l’esperienza nel nostro servizio si occuperanno di attività di orientamento, informazione e consulenza ai giovani principalmente sui temi del lavoro e della formazione. Si tratta di accogliere in maniera adeguata le persone che si presentano all’Informagiovani, cercare di capire come essere loro utili, indirizzarle verso le informazioni più adatte. Nella pratica ci sarà da fare front office, rispondere al telefono (WhatsApp compreso .-)), ideare e tenere workshop e seminari, parlare con i ragazzi della scuola, scrivere progetti, ideare volantini, gestire un sito web e qualche canale di social media. Insomma ci sarà da divertirsi e, soprattutto, lo si farà in compagnia di una equipe di operatori giovani (più o meno) e dinamici (nonostante tutto).

Se la cosa può interessarvi (o conoscete chi può esserlo) quello che c’è da fare è visitare in questo preciso momento questa pagina in cui c’è scritto tutto su come funziona per diventare, per un anno, un componente dell’equipe dell’Informagiovani. Vuoi essere dei nostri? Clicca qui!

Spegni quel telefono!

spegni telefonoRiunioni, convention, workshop ma anche una cena tra amici, un incontro tra conoscenti, la riunione di condominio, la festa di compleanno: qualunque sia il motivo dell’incontro quello che sempre più spesso accade è che ci sia qualcuno in questa posizione: testa chinata, sguardo basso, aria distratta, in mano un cellulare sul quale solitamente il pollice scorre velocemente. Siamo in mezzo ad altre persone ma quello che stiamo facendo è “avere a che fare” con qualcun altro o con qualcos’altro. Questo tipo di atteggiamento che spesso condanniamo salvo poi perpetrarlo noi stessi quando ne sentiamo l’esigenza è sicuramente annoverabile tra i comportamenti frutto di maleducazione. In realtà la nostra tolleranza e comprensione verso questo modo di fare aumenta di giorno in giorno: un po’ perché aumentano frequenza e numero degli accadimenti e un po’ perché siamo disposti ad accettare compromessi. Ad esempio accettiamo che un partecipante ad una riunione sia distratto dal telefono se dall’altra parte c’è un cliente importante oppure tolleriamo lo stesso comportamento da un amico che sta mettendo su Facebook la foto della fantastica serata che stiamo trascorrendo insieme. In tutto questo, a parte la questione di una diversa educazione a cui ci stiamo abituando, c’è anche una questione di abuso tecnologico.

Come tutti gli abusi anche questo prevede le sue dipendenze. Non è solo una questione di essere abituati ad utilizzare un dispositivo, ma anche di che cosa ci fa fare e di che mondo sta dietro uno schermo touch, piccolo o grande che sia. La nostra attrazione è per quel mondo e dobbiamo cercare di capire quanta parte del nostro tempo dedichiamo a quel mondo. Ed infine, quanto quel mondo ci restituisce in termini di benessere. Quello che facciamo è leggere post, guardare video, soffermarci su recensioni, commenti, analisi: insomma una marea di informazioni. Come le gestiamo? Quante ne assumiamo? Per questo motivo si comincia a parlare di dieta informativa: della quantità e qualità di nozioni ed informazioni che entrano a far parte delle nostre conoscenze. Su questo molti di noi abusano, alcuni di noi forse sono dipendenti: non riescono cioè a smettere anche se volessero farlo. Negli Stati Uniti è uscito un libro dal titolo “L’inverno della nostra disconnessione” la cui autrice, Susan Maushart, dice: “se non ve la sentite di staccare per una settimana o imporre bruscamente ai vostri figli di farlo, provate prima con una manciata di minuti, poi aumentate progressivamente“. La dieta informativa è dettata soprattutto dalla permanenza con la quale siamo connessi (always on, come si dice in gergo) e forse c’è qualcosa da imparare per regolare meglio questa attività.

Come tutte le diete anche per quella informativa non esiste forse una soluzione unica: dipende da dove partiamo e dove vogliamo arrivare e, soprattutto, come vogliamo arrivarci. Ad ascoltare gli esperti (i pareri di alcuni li trovate in questo articolo di Repubblica di qualche giorno fa) le soluzioni possono essere diverse e legate anche ala tipologia di persone. Per esempio la dieta informativa di un adolescente sarà diversa da quella di un adulto: il primo potrà fare a meno di un po’ di connessione un po’ alla volta, il secondo potrebbe sottoporsi anche a qualche “shock” e decidere di smettere di essere connesso drasticamente per un giorno o una settimana interi. Il nostro amico Luca Conti sostiene che “occorre rendersi conto che è sbagliato essere “always on”. Condivido quanto scrive Douglas Rushkoff nel suo recente “Program or be programmed”. L’uomo non è fatto per il real time, che fa calare l’attenzione e la produttività e danneggia le relazioni personali“. La proposta di Luca è basica e molto italiana: niente computer né telefono a tavola, al cinema e a letto. Ora, non sappiamo se chi sta leggendo questo post lo fa da un pc, uno smartphone o un tablet nè da quanto tempo è connesso ad internet per navigare passando per siti, piattaforme, applicazioni. Quello che sappiamo è che però arrivato a questo punto dovrebbe acquisire una consapevolezza: il tempo dedicato a queste cose dobbiamo gestirlo noi ed evitare che avvenga il contrario.