Spegni quel telefono!
Riunioni, convention, workshop ma anche una cena tra amici, un incontro tra conoscenti, la riunione di condominio, la festa di compleanno: qualunque sia il motivo dell’incontro quello che sempre più spesso accade è che ci sia qualcuno in questa posizione: testa chinata, sguardo basso, aria distratta, in mano un cellulare sul quale solitamente il pollice scorre velocemente. Siamo in mezzo ad altre persone ma quello che stiamo facendo è “avere a che fare” con qualcun altro o con qualcos’altro. Questo tipo di atteggiamento che spesso condanniamo salvo poi perpetrarlo noi stessi quando ne sentiamo l’esigenza è sicuramente annoverabile tra i comportamenti frutto di maleducazione. In realtà la nostra tolleranza e comprensione verso questo modo di fare aumenta di giorno in giorno: un po’ perché aumentano frequenza e numero degli accadimenti e un po’ perché siamo disposti ad accettare compromessi. Ad esempio accettiamo che un partecipante ad una riunione sia distratto dal telefono se dall’altra parte c’è un cliente importante oppure tolleriamo lo stesso comportamento da un amico che sta mettendo su Facebook la foto della fantastica serata che stiamo trascorrendo insieme. In tutto questo, a parte la questione di una diversa educazione a cui ci stiamo abituando, c’è anche una questione di abuso tecnologico.
Come tutti gli abusi anche questo prevede le sue dipendenze. Non è solo una questione di essere abituati ad utilizzare un dispositivo, ma anche di che cosa ci fa fare e di che mondo sta dietro uno schermo touch, piccolo o grande che sia. La nostra attrazione è per quel mondo e dobbiamo cercare di capire quanta parte del nostro tempo dedichiamo a quel mondo. Ed infine, quanto quel mondo ci restituisce in termini di benessere. Quello che facciamo è leggere post, guardare video, soffermarci su recensioni, commenti, analisi: insomma una marea di informazioni. Come le gestiamo? Quante ne assumiamo? Per questo motivo si comincia a parlare di dieta informativa: della quantità e qualità di nozioni ed informazioni che entrano a far parte delle nostre conoscenze. Su questo molti di noi abusano, alcuni di noi forse sono dipendenti: non riescono cioè a smettere anche se volessero farlo. Negli Stati Uniti è uscito un libro dal titolo “L’inverno della nostra disconnessione” la cui autrice, Susan Maushart, dice: “se non ve la sentite di staccare per una settimana o imporre bruscamente ai vostri figli di farlo, provate prima con una manciata di minuti, poi aumentate progressivamente“. La dieta informativa è dettata soprattutto dalla permanenza con la quale siamo connessi (always on, come si dice in gergo) e forse c’è qualcosa da imparare per regolare meglio questa attività.
Come tutte le diete anche per quella informativa non esiste forse una soluzione unica: dipende da dove partiamo e dove vogliamo arrivare e, soprattutto, come vogliamo arrivarci. Ad ascoltare gli esperti (i pareri di alcuni li trovate in questo articolo di Repubblica di qualche giorno fa) le soluzioni possono essere diverse e legate anche ala tipologia di persone. Per esempio la dieta informativa di un adolescente sarà diversa da quella di un adulto: il primo potrà fare a meno di un po’ di connessione un po’ alla volta, il secondo potrebbe sottoporsi anche a qualche “shock” e decidere di smettere di essere connesso drasticamente per un giorno o una settimana interi. Il nostro amico Luca Conti sostiene che “occorre rendersi conto che è sbagliato essere “always on”. Condivido quanto scrive Douglas Rushkoff nel suo recente “Program or be programmed”. L’uomo non è fatto per il real time, che fa calare l’attenzione e la produttività e danneggia le relazioni personali“. La proposta di Luca è basica e molto italiana: niente computer né telefono a tavola, al cinema e a letto. Ora, non sappiamo se chi sta leggendo questo post lo fa da un pc, uno smartphone o un tablet nè da quanto tempo è connesso ad internet per navigare passando per siti, piattaforme, applicazioni. Quello che sappiamo è che però arrivato a questo punto dovrebbe acquisire una consapevolezza: il tempo dedicato a queste cose dobbiamo gestirlo noi ed evitare che avvenga il contrario.
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