La Buona Scuola Bis: cambiamenti in vista

Venerdì 7 aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato gli otto decreti attuativi della legge sulla Buona Scuola (L. n. 107/2015) che andranno a regime dal 2018.

Una delle novità principali riguarda il sistema di formazione iniziale e di accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di I e II grado.

Viene rivoluzionato il vecchio percorso, mandando in soffitta l’abilitazione all’insegnamento (Ssis prima e Tfa poi).

Per diventare docenti nella scuola secondaria di I e II grado, infatti, dopo la laurea occorrerà superare il concorso che consentirà l’accesso al nuovo percorso di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione di docente, denominato «Fit».

Al concorso potranno accedere tutti i laureati, purché abbiano conseguito 24 crediti universitari in settori formativi psico-antropo-pedagogici o nelle metodologie didattiche.

I concorsi avranno cadenza biennale, il primo sarà nel 2018.

Chi lo supererà si inserirà in un percorso triennale immediatamente teorico-pratico (FIT)

Il primo anno sarà finalizzato al conseguimento del diploma di specializzazione.

Il secondo e il terzo anno serviranno per diventare docente, con una parte notevole di “esperienza diretta” in classe.

Il «Fit» è un contratto di lavoro a tutti gli effetti: sarà retribuito (il terzo anno in analogia a una supplenza annuale).

Al termine del «Fit» l’insegnante passa di ruolo: firmerà un incarico triennale, e sarà assegnato all’ambito territoriale presso il quale ha prestato servizio l’ultimo anno.

Per vedere effettivamente in cattedra i nuovi giovani professori bisognerà, però, attendere almeno il 2022.

Infatti il decreto prevede una fase transitoria per stabilizzare i precari abilitati di seconda e quelli di terza fascia con 36 mesi di servizio alle spalle.

Importanti novità sono state introdotte anche su altri temi fondamentali che trovate riportati sul sito del MIUR.

Quelle di più interesse per gli studenti riguardano la valutazione, gli Esami di Stato e le Prove INVALSI.

Nelle classi finali della secondaria di I e II grado la prova Invalsi è requisito per l’ammissione all’Esame, ma non influisce sul voto finale.

Le novità saranno applicate nel 2018 per l’Esame del primo ciclo e nel 2019 per la Maturità.

Il cv è un libretto delle istruzioni

Se c’è un lavoro che non smettiamo mai di fare è quello di aiutare le persone a scrivere al meglio il proprio cv. Questo documento, di cui tutti cominciamo a sentir parlare quando si avvicina l’età per lavorare, pare resistere nonostante la digitalizzazione ne abbia cambiato parecchio la sua funzione.

Il cv rimane, a mio modo di vedere, il documento con il quale ci presentiamo in una maniera completa e, soprattutto tecnica. Mi è venuto in mente che potremmo associarlo, per metafora, a un libretto delle istruzioni. Il cv è il libretto delle istruzioni della nostra sfera professionale: è lì che raccontiamo quali caratteristiche abbiamo, quali funzioni potremmo svolgere e anche, se siamo bravi, a quali bisogni sappiamo rispondere. Se ci fate caso i libretti delle istruzioni hanno tutti la stessa impostazione: c’è un indice, un glossario e quelli meglio redatti hanno spiegazioni semplici, chiare e veloci da leggere. Dentro questa generalizzazione ci sono poi anche casi estremi: i libretti istruzioni di Ikea sono senza istruzioni scritte, mentre se comprate un apparecchio meccanico tedesco il libretto delle istruzioni parte da almeno 300 pagine scritte.

Il nostro cv dovrebbe stare un po’ nel mezzo, senza disdegnare qualche passo nella creatività per attirare l’attenzione e concedendo qualcosa in più di scritto quando si raccontano progetti e attività interessanti. Fin qui il ragionamento non fa una piega. Poi l’altro giorno, dopo averla aiutata nella stesura del cv, parlo con una persona (a dir la verità con un senso pratico molto spicciolo, diciamo così) e mi chiede: ma tutte queste cose chi le legge? Interessano davvero?

Non so voi, ma in effetti personalmente non ho mai dato troppa attenzione ai libretti delle istruzioni. Mio malgrado perché poi mi sono trovato sempre in difficoltà e ci sono dovuto tornare successivamente, sprecando tempo ed energie. Ma questo non credo sia il comportamento più adottato dai datori di lavoro o da chiunque debba scegliere delle persone per ruoli di piccola o grande responsabilità. Le persone non sono un armadio dell’Ikea o una macchina tedesca: le “istruzioni” servono a capire meglio come, quella professionalità, ci può essere davvero utile.

Anche per questo motivo abbiamo scelto di dare il nostro contributo. Nella pagina che abbiamo chiamato “Fai con noi il tuo cv” (https://sviluppo.informagiovaniancona.com/cv) trovate alcuni modelli per il vostro cv: ci sono quelli semplici e quelli più complessi (da fare con apposite applicazioni web). Dateci un occhio e vedete se uno di quelli proposti può essere adatto a fare del vostro libretto delle istruzioni un documento attraente e interessante. In bocca al lupo!

Il risparmio è condivisione

Perché risparmiare se quel che consumo costa poco? Ecco, la questione è che il risparmio, soprattutto quello energetico, non è solo una questione che guarda alle proprie tasche. L’idea che risparmiare sia soltanto accumulare un vantaggio per il futuro è frutto di un modo egoistico di vedere il mondo in cui viviamo: non consumo adesso perché così ne ho più per dopo. Quanto meno poco generoso perché, alla fine, son sempre io che consumo. Un’idea migliore di risparmio è quella legata a un mondo in cui le risorse scarseggiavano, anche e soprattutto quelle essenziali come il cibo o l’acqua. I nostri nonni, o bisnonni, consumavano poco perché, oggettivamente, di più non avevano. Un periodo di scarsità li ha però costretti ad adottare una mentalità e un modo di consumare maggiormente rispettoso: avevano maggiore cura e attenzione ai consumi e alle risorse, mi verrebbe quasi da dire maggior rispetto.

La sfida che abbiamo noi oggi è quella di riscoprire un sano risparmio pur avendo a disposizione risorse in abbondanza. Innanzitutto sarebbe il caso di verificare quanto questa abbondanza sia in realtà relativa. Per esempio consumiamo, per farci la doccia, circa 75/80 litri di acqua; 40 litri è invece la quantità minima per soddisfare i bisogni vitali, secondo l’Oms. Questo significa che in una doccia consumiamo l’acqua che potrebbe sostenere una persona per due giorni (e di gente, nel mondo, che non arriva alla quantità minima purtroppo ce n’è!). Poi dovremmo anche considerare che le risorse del pianeta che abitiamo non sono infinite: consumare energia può portare a un conto piuttosto accettabile per noi, ma quello più salato lo paga la terra in termini di inquinamento, consumo di terreno, sfruttamento eccessivo delle risorse.

Per questi motivi ho sempre pensato che una festa del risparmio energetico come “Mi Illumino di meno” sia una testimonianza importante, una presa di coscienza del fatto che dobbiamo recuperare un po’ di rispetto per ciò che abbiamo intorno, anche se questo non ha conseguenze dirette sul nostro portafoglio. Caterpillar, la trasmissione di RadioRai che promuove questa ricorrenza, quest’anno ha lanciato un bel messaggio:

In ogni condivisione c’è un risparmio di energia. Ogni condivisione genera energia. Condividere fa bene.

Leggi cosa puoi condividere su caterpillar.blog.rai.it/milluminodimeno/ 

 

Tirocini Garanzia Giovani

Nell’ambito del Programma Garanzia Giovani, dal 20 gennaio 2017 è aperto il bando regionale che finanzia 600 tirocini extracurriculari anche in mobilità geografica per giovani NEET.

Il tirocinio è un’esperienza formativa che fa acquisire, attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro, competenze utili in vista di un successivo inserimento lavorativo.

Il tirocinio, infatti, non si configura giuridicamente come un rapporto di lavoro ma come un periodo di orientamento e di formazione al lavoro.

I tirocini previsti dal bando sono rivolti ai giovani tra 18 e 29 anni, disoccupati, non impegnati in un regolare corso di studi o di formazione, iscritti al programma Garanzia Giovani e possono essere svolti sia in regione, sia fuori regione sia all’estero.

Il tirocinio, retribuito, ha una durata che varia da 3 a 6 mesi, a seconda della tipologia del soggetto tirocinante.

Il bando prevede tre tipologie di tirocini:

  • extracurriculare, si svolge presso un soggetto ospitante che ha sede legale e/o operativa nella Regione Marche;
  • extracurriculare in mobilità geografica nazionale ovvero Tirocinio interregionale, si svolge presso un soggetto ospitante che ha sede legale nella Regione Marche e sede/unità operativa dove svolgere il tirocinio in altra Regione italiana;
  • extracurriculare in mobilità geografica Transnazionale, si svolge presso un soggetto ospitante che ha sede legale nella Regione Marche e sede/unità operativa dove svolgere il tirocinio all’estero.

I giovani in possesso dei requisiti di cui sopra si devono rivolgere ad un soggetto promotore di tirocini autorizzato dalla Regione.

L’elenco regionale dei soggetti promotori è consultabile a questo link.

Il promotore accompagna il giovane nell’individuazione del datore di lavoro e segue le procedure necessarie all’avvio del percorso, con la firma della convenzione e la sottoscrizione del progetto formativo individuale.

Nel caso in cui un giovane sia stato selezionato direttamente per un tirocinio, perché il percorso sia attivato nell’ambito di Garanzia Giovani – con le relative agevolazioni per l’impresa – il giovane deve essere iscritto al programma e la convenzione deve essere siglata con un soggetto promotore autorizzato.

Il bando rimane aperto fino al 31/12/2017 salvo esaurimento fondi.

La domanda va presentata esclusivamente on line.

Un’alternativa post diploma

L’esame di maturità si sta avvicinando e quindi molti, se non tutti, i diplomandi cominciano a chiedersi quale via intraprendere dopo il diploma di istruzione secondaria di secondo grado.

Entrare nel mondo del lavoro o continuare a studiare?

Molti hanno già le idee chiare, altri invece ancora brancolano nel buio.

La scelta più praticata, soprattutto dai liceali, è il percorso universitario.

L’università, però, non è l’unica scelta possibile.

Infatti, il sistema italiano di istruzione superiore comprende, oltre e a volte in alternativa al sistema universitario, anche quello non universitario.

Quest’ultimo viene impartito attraverso Scuole o Istituti che offrono una formazione di alto livello in vari settori.

Nell’ampia gamma di proposte formative rivolte ai diplomati è possibile trovare delle tipologie di corsi di formazione gratuiti, finanziati dal FSE, che mirano a fornire una formazione  specialistica.

Oltre agli ITS, già trattati in un precedente articolo, ci sono i corsi IFTS, che sono un canale formativo integrato (realizzato in collaborazione tra Scuola, Università, Impresa, Agenzie Formative) di tipo non universitario finalizzato alla formazione di Tecnici Specializzati.

Queste sono figure professionali a livello post-secondario, rispondenti alla domanda proveniente dal mondo del lavoro pubblico e privato,  con particolare riguardo al sistema dei servizi, degli enti locali e dei settori produttivi interessati da innovazioni tecnologiche e dalla internazionalizzazione dei mercati secondo priorità indicate dalla programmazione economica regionale.

I corsi IFTS sono rivolti a giovani e adulti, occupati o disoccupati, che siano in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado.

Hanno lo scopo di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro ma allo stesso tempo di facilitare anche l’eventuale prosecuzione degli studi all’interno di percorsi formativi successivi.

Rilasciano infatti crediti formativi spendibili nel sistema universitario per l’iscrizione a corsi di laurea.

Hanno una durata di due semestri (800 ore).

L’elenco dei corsi IFTS che verranno avviati nel 2017 lo trovate a questo link.

Sul nostro sito alla pagina formazione tra i corsi gratuiti troverete i bandi di questi corsi mano a mano che escono.

Facili prede

Questa è stata una settimana in cui, come ha già scritto qualcun altro su questo blog, abbiamo incontrato tanti ragazzi di un’età nella quale ci si trova davanti a una scelta importante per il proprio futuro: alla soglia dei 20 anni dobbiamo decidere che cosa faremo da grandi, la prima volta in cui abbiamo la consapevolezza di decidere del nostro futuro.

Di ragazzi e ragazze in questa fase ne abbiamo incontrati qualche centinaio nel giro di pochi giorni e voglio dirvi che ho provato due sensazioni distinte. La prima: ma quanto è bello avere 20 anni (o giù di lì) nel 2017? Credo davvero che questa sia un’epoca di grandi opportunità per chi è all’inizio della propria “carriera”. La seconda: come fanno a districarsi con tutto quello che arriva loro addosso? Come scelgono a chi dare retta? A chi si affidano? Ecco, penso che il tema dell’affidamento, della sana fiducia, dei riferimenti sia una questione sulla quale se fossi ancora giovane mi troverei in difficoltà (più oggi che allora quando è toccato a me).

Lo stesso pensiero sulla fiducia e su quanto al contempo rischiamo di essere ingannati lo ho avuto quando ho visto, su una vela promozionale, l’annuncio che vedete nella foto di questo articolo. Un annuncio promozionale, una pubblicità a pagamento per cercare collaboratori. Con la disoccupazione giovanile al 40% non vi sembra che ci sia qualcosa che non quadra? Ok, potrebbe darsi che il profilo ricercato sia difficile da trovare. Ma, ed è la seconda cosa che non quadra, nell’annuncio non c’è scritto chi cercano, cosa cercano (collaboratori, sì, ma de che?).

Quell’annuncio quattro-per-tre (sono le misure della vela, ndr) è lì ormai da qualche giorno e mi chiedo: quanti hanno inviato il proprio cv per mail? Che cosa ci hanno scritto? Quanti messaggi ha ricevuto il telefono messo come recapito? La mia speranza è che siano pochi, la mia paura è che siano troppi. Non riesco a cogliere il motivo vero per cui è comparso quell’annuncio (se non facendo appello alla mia malafede, ma non voglio farlo). Di certo è che con un minimo di spirito critico e un briciolo di ragionamento (basta poco, giusta l’avvio di un paio di rotelle del cervello) si può arrivare a capire che quella non è un’occasione ma una perdita di tempo.

Ora, mi sono immaginato questo: da una parte ci sono centinaia di ragazzi confusi, incerti e un po’ spaventati per il proprio futuro; dall’altra un’esca facile facile, che non pone tante domande, facile da raggiungere. Secondo voi, chi vincerà?

L’Informagiovani, il servizio per cui lavoro, ha come missione proprio questa: distogliervi dalle esche facili e provare a darvi delle indicazioni più utili e giuste. Ma chi è indeciso dovrebbe collaborare con un po’ di consapevolezza e capacità critica. Insomma, mi raccomando, sempre svegli! 

futuro

Progetta il tuo futuro

Questa settimana, grazie alle attività di orientamento che abbiamo svolto all’Informagiovani, presso il Savoia Benincasa e  all’Università Politecnica delle Marche, abbiamo incontrato tanti studenti delle scuole superiori, entusiasti di progettare il loro futuro.

Con alcuni di loro abbiamo avuto modo di parlare in maniera più approfondita, con altri solo di sfuggita, ma di certo di certo sono state occasioni preziose per confrontarci con un target non sempre facile da raggiungere in contesti non formali.

Fino a giovedì 9 febbraio saremo presenti  alle Giornate di orientamento dell’Università Politecnica delle Marche per illustrare alcuni dei nostri servizi. Ogni giorno vengono ospitati ed accolti centinaia di studenti di Ancona e non solo.

Parlando con loro  abbiamo visto che molti dei ragazzi partecipanti sono ben consapevoli che decidere quale strada intraprendere in futuro, dopo il diploma, non è di certo un passo facile da compiere.

In maniera del tutto innovativa rispetto agli anni scorsi, ad accoglierli il 2 febbraio insieme al rettore Sauro Longhi c’è stato il cantautore Brunori Sas che ha intervallato musica e parole per affrontare la presentazione del tema centrale oggetto delle giornate: progettare il proprio futuro partendo dallo studio.

Proprio Brunori ad un certo punto parlando con il ragazzi del pubblico ha sottolineato e toccato alcuni aspetti fondamentali: “oggi siete qua anche un po’ contenti, come io facevo alla vostra età, perché saltate una mattinata di scuola ma io so bene che dentro di voi scegliere che cosa fare dopo il diploma crea ansia e paura. La paura dell’incertezza, che io ho affrontato nella canzone del mio nuovo disco “Canzone contro la paura” , credo possa essere esorcizzata confrontandoci. Secondo me la paura si sconfigge con la conoscenza, le capacità e le competenze.”

Anche noi operatori dell’Informagiovani durante i colloqui di orientamento trasmettiamo ai ragazzi le fondamenta su cui poter basare le scelte per il futuro. Studiare è la base “sine qua non” per qualsiasi progetto professionale. Il trinomio: conoscenze, competenze, capacità deve essere mixato non solo per far curriculum, come alcuni credono, ma per avere una vita migliore qualsiasi sia la professione.

Le occasioni di esperienze innovative ed extracurriculari sono molteplici e tra i tanti canali che effettuano proposte c’è  proprio le Università, centro studi per eccellenza e l’Informagiovani, un servizio gratuito a vostra disposizione per affrontare il tema che oggi è da voi più sentito: la scelta futura!

Perché ce ne ricordiamo il 27?

Il 27 gennaio di ogni anno è dedicato alla memoria delle vittime dell’olocausto. La domanda è: perché ce ne ricordiamo il 27?

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60ª Armata del “1º Fronte ucraino” del maresciallo Ivan Konev arrivarono per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento di Auschwitz e liberandone i superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazifascista.
L’apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati in quel lager nazista.
La data del 27 gennaio in ricordo della Shoah, lo sterminio del popolo ebraico e non solo è indicata quale data ufficiale agli stati membri dell’ONU, in seguito ad una risoluzione del 2005.

E fin qui la risposta con la motivazione storica. A bene vedere la domanda però pone un altro interrogativo che possiamo capire meglio se la poniamo in maniera diversa: perché ce ne ricordiamo solo il 27?  La risposta in questo caso non è facile trovarla con Google.

La Giornata della Memoria non è la commemorazione di milioni di persone uccise crudelmente e senza nessuna pietà ormai quasi 80 anni fa. Serve a ricordare che ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi: la Giornata della Memoria ci ricorda che verso queste discriminazioni non alziamo abbastanza la voce e che spesso, per comodità e opportunismo, ci nascondiamo. Per pigrizia e comodità sopportiamo comportamenti verso i quali dovremmo (nel senso che ne avremmo anche tutti i diritti) ribellarci, protestare, indciare il colpevole.
L’aspetto più terribile per certi versi di queto tipo di comportamento è che con il tempo diventa abitudine, una pessima abitudine che si trasforma in consuetudine e quindi accettazione. E se l’accettazione diventa della maggioranza che cosa accade?

Accade che se c’è un’ingiustizia chi la subisce vede mano a mano cadere le difese, svanire la solidarietà fino ad avvertire il pericolo. A pensarci bene questo processo si sviluppa nello stesso modo per cose terribili com la Shoa e per cose meno drammatiche ma altrettanto gravi come la tolleranza per chi occupa con l’auto lo spazio dei disabili o non rispetta la fila.

Beninteso, non sono dell’idea che le situazioni sono tutte uguali. Sono anche convinto che la nostra civiltà ha raggiunto un livello di immunità per certi virus molto violenti come il nazismo. Ma, come per l’influenza, la cura migliore è la prevenzione. Sia perché anche un piccolo virus può diventare una malattia mortale, sia perché è meglio vivere in salute che in condizioni precarie.

Per evitare che una tragedia come quella dell’Olocausto si ripeta occorre ricordare e soprattutto capire: questa è la prevenzione che possiamo fare. Ascoltare la viva voce dei testimoni e di chi è stato direttamente coinvolto negli avvenimenti è una bella vitamina. Liliana Segre era una bambina quando è stata deportata e il suo ricordo è un bene di inestimabile valore per la nostra salute e per la nostra memoria.

È il momento delle iscrizioni!

Da oggi 16 gennaio alle ore 8.00  fino alle ore 20.00 del 6 febbraio 2017 si possono effettuare le iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado (primaria, medie e superiori).

Da qualche anno le iscrizioni avvengono on line.

L’iscrizione on line rimane obbligatoria per le scuole superiori statali, mentre è facoltativa per le scuole paritarie. Se la scuola paritaria scelta non ha aderito alla procedura online occorre procedere all’iscrizione secondo le modalità richieste dall’istituto specifico.

Le iscrizioni agli anni successivi al primo verranno predisposte in automatico dalle segreterie scolastiche, tranne nel caso in cui i genitori volessero trasferire di scuola i propri figli.

La procedura online prevede alcuni passaggi.

Prima dell’iscrizione occorre registrarsi sul sito del MIUR.

Questa fase di registrazione è partita il 9 gennaio e serve ad ottenere le credenziali di accesso a Iscrizioni online. Chi ha già un’identità SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), invece, può accedere automaticamente al servizio a partire da oggi con i propri dati.

Con queste credenziali si può accedere alla procedura di presentazione della domanda di iscrizione, la quale prevede due sezioni; nella prima vengono richiesti dati obbligatori necessari per l’iscrizione (dati anagrafici dell’alunno), nella seconda dati facoltativi, utili per la formazione delle classi.

Per procedere con l’iscrizione on line va innanzitutto individuata la scuola di interesse. A tal fine il Miur mette a disposizione il portale ‘Scuola in Chiaro’ che raccoglie i profili di tutti gli istituti e fornisce informazioni sull’organizzazione del curricolo, sull’organizzazione oraria delle attività didattiche, sugli esiti degli studenti e sui risultati a distanza (università e mondo del lavoro).

La domanda, una volta inviata, non può più essere modificata e quindi, nel caso occorresse apportare delle modifiche occorrerebbe contattare direttamente la scuola destinataria della stessa.

Non è prevista alcuna precedenza temporale, in base all’ordine di arrivo delle domande.

lavoro caccia al tesoro

Il lavoro è una caccia al tesoro

Realizzare attività di orientamento professionale è un’attività molto simile ad una caccia al tesoro: abbiamo degli indizi, sappiamo cosa cerchiamo ma spesso non sappiamo cosa in realtà troveremo. Da un certo punto di vista questo setting potrebbe anche essere molto divertente; qualche volta invece risulta preoccupante e genera ansia e preoccupazione. La questione però è: c’è un tesoro alla fine del percorso? Rispondere a questa domanda è, secondo me, un po’ il cuore di un’attività di orientamento professionale. Quello che bisogna dire è che la risposta potrebbe non essere scontata come accade in un film o una storia con il lieto fine a tutti i costi (che poi, diciamolo, sono anche le storie meno affascinanti).

Trovare lavoro non è partecipare a una caccia al tesoro che qualcun altro ha architettato, ma costruire autonomamente un proprio percorso alla fine del quale il tesoro ce lo mettiamo noi. Quando nei primi giorni dell’anno abbiamo ospitato i ragazzi di una classe all’ultimo anno delle superiori, siamo partiti proprio con l’intento di individuare e disegnare lo scenario migliore in cui muoversi. Per farlo il modo migliore è quello di provare a confrontarci con noi stessi prima di tutto e chiederci: che cosa vogliamo diventare? Quali sono gli aspetti della nostra vita che maggiormente ci gratificano? Quali competenze ci rendono migliori di quello che siamo? Quando succede che stiamo bene con gli altri? Non sono domande esistenziali, ma gli unici interrogativi che davvero hanno un senso se vogliamo evitare che qualcuno ci trovi un posto nel mondo ma, realmente, quel posto vogliamo sceglierlo.

Questa parola, scegliere, troppo spesso finisce nell’ambito delle cose che solo qualcuno può permettersi, nella sezione delle nostre esperienze proibite oppure tra le cose a cui diamo poco importanza. E invece sarebbe il caso. soprattutto se siete giovani, che questa parola la rivalutaste un pochino. Discutevo l’altro giorno con alcuni “under 30” (li definisco così perché ultimamente la parola “giovani” faccio fatica a capire quando va utilizzata) ed è uscito questo concetto: qui non abbiamo abbastanza opportunità, dobbiamo accontentarci perché non abbiamo alternative e ogni proposta, anche la meno affascinante professionalmente, è meglio di niente. Questa condizione l’abbiamo definita, di “disperazione” (tra virgolette, perché la disperazione vera in realtà è fatta di altre ben più marcate sofferenze). Ecco io dico che le scelte che facciamo per “disperazione” non sono mai le scelte migliori. Sono giustificabili in quel momento, comprensibili per quel contesto ma mai auspicabili.

Accettare un lavoro umile e senza prospettive perché sono “disperato” non è la stessa cosa che farlo perché fa parte della mia strategia per raggiungere un risultato diverso. E non sto parlando di una strategia di carriera professionale, ma più in generale di come vogliamo impostare la nostra vita. Trovo che i tempi che viviamo siano già abbastanza duri ed emotivamente faticosi per evitare che noi per primi ci mettiamo il carico della nostra “disperazione”. C’è un libro che ho consigliato di leggere ai ragazzi con cui ho parlato che si intitola “Il potere è noioso” di Alberto Forchielli (lo trovate qui, leggete la sinossi), l’ho appena iniziato e ci sono due cose che mi piacciono e trovo che possano essere di incoraggiamento. La prima è l’invito a essere ostinati, fino a quasi a cacciarsi nei guai, pur di far sapere al mondo che esistiamo e abbiamo un valore (scrive l’autore “non litigate mai con un sottoposto, ma sempre con chi sta sopra di voi. Altrimenti, dove starebbe il divertimento?“). La seconda è la possibilità di ampliare gli orizzonti, di non guardare solo al qui e ora, al piccolo contesto che ci circonda; uscire e viaggiare (anche fosse solo attraverso internet (“se non avete tempo o soldi per viaggiare fisicamente, fatelo sull’iPad“) può farci scoprire cose incredibili… su noi stessi!

Occhio ai saldi!

Come da tradizione, con gennaio arriva il periodo dei saldi.

I saldi invernali 2017 sono, infatti, partiti in quasi tutte le regioni d’Italia il 5 gennaio, ad eccezione di Sicilia e Basilicata che hanno dato il là alle lunghe passeggiate per le vie dello shopping e alle infinite file ai camerini già lunedì 2.

A variare sarà, invece, la data di chiusura che a seconda delle regioni andrà tra il 15 febbraio ed il 2 aprile; nelle Marche i saldi dureranno fino al primo marzo.

Gli acquirenti dietro le vetrine, iniziano ad agitarsi, vedendo l’affare a portata di mano, pronti ad accaparrarselo prima che se lo freghi qualcun altro.

Occorre stare però con gli occhi aperti e, più che badare alla % di sconto (che comunque non dovrebbe superare l’80%), guardare al prezzo finale e confrontarlo con altri negozi.

Nei giorni che precedono i saldi conviene fare del window watching, vale a dire andare a sbirciare tra le vetrine e segnarsi il prezzo dei beni a cui si è interessati. Così, allo scoccare dell’inizio delle svendite, si potrà verificare l’autenticità dello sconto praticato.

È bene sapere che l’acquisto di prodotti a saldo è regolato dal decreto legislativo n. 24 del 2002 su vendita e garanzia dei beni di consumo – difetto di conformita’ del bene – che va dalla riparazione, sostituzione della merce fino alla risoluzione contrattuale. Dove e’ dimostrabile, si puo’ ravvisare il reato di truffa, regolato dall’articolo 640 del codice penale.

Proprio per evitare questi rischi, le varie associazioni a tutela dei diritti dei consumatori (ADICONSUM, CODACONS, UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI, FEDERCONSUMATORI) hanno stilato un decalogo di regole per acquisti sicuri durante i saldi che si possono riassumere in queste seguenti:

  • confrontare il cartellino del prezzo pieno con quello ribassato;
  • controllare che i capi siano in buone condizioni
  • provare sempre i vestiti
  • evitare di acquistare capi privi di entrambe le etichette (quella di composizione e quella di manutenzione);
  • controllare che la merce in saldo sia quella stagionale;
  • la garanzia vale due anni dall’acquisto e quindi è consigliabile fotocopiare gli scontrini per evitare che sbiadiscano;
  • un negoziante convenzionato con la carta di credito è tenuto ad accettarla sempre.

Tenendo a mente questi utili consigli, i vostri acquisti saranno sicuramente più sicuri!

Ci vediamo nel 2017

In questi giorni, fatta la salva la cronaca (ahimè), gli argomenti più gettonati sono le analisi dell’anno che è passato oppure le previsioni su quello che verrà. Non mi piace essere banale, ma qualcosa di simile vorrei farlo anche io nel chiudere, con questo post, un anno di attività dell’Informagiovani.

Il 2016 non è stato per la nostra equipe un anno come gli altri: abbiamo rinnovato il contratto che ci permette di gestire questo servizio per un altro periodo. Come dire, Babbo Natale, che esiste, per noi era arrivato già a giugno (ma gli avevamo scritto una bella lettera e, soprattutto, abbiamo fatto veramente i bravi).

A parte questa nota un po’ più formale, abbiamo cercato durante tutto l’anno di lavorare per proporre cose nuove: i corsi di informatica di base (ABC per il PC), gli eventi e i workshop tematici (circa 20, di cui alcuni in lingua inglese), le iniziative di maggior carattere culturale (come #atuttoschermo e #NOIleggiamo) che non solo ci hanno permesso di proporre contenuti nuovi ma anche di poterlo fare coinvolgendo alcuni di voi (e le porte sono sempre aperte). Certo, non tutto è andato perfettamente e siamo anche consapevoli che alcuni di voi che ci hanno incontrato forse non sono pienamente soddisfatti. Ma quello che ci fa comunque fare una valutazione positiva del 2016 è che abbiamo imparato cose nuove, scoperto persone diverse, trovato idee da sviluppare prossimamente. A volte i risultati non sono il raccolto, ma la semina.

Noi siamo pronti quindi per il 2017: partiamo carichi o perlomeno lo saremo dopo qualche giorno di pausa (a proposito, davvero pochi perché durante il periodo di Natale chiuderemo i giorni festivi e i pomeriggi di lunedì e martedì). Che cosa ci riserverà il 2017? Sono convinto che il digitale (che è anche lo spazio in cui io sto scrivendo e qualcuno leggerà) sarà sempre al centro della nostra quotidianità, continuando a compiere quella trasformazione iniziata da un po’ ma dei cui effetti più profondi facciamo fatica a renderci conto. Intelligenza artificiale, droni, tecnologia indossabile, realtà mista, aziende agricole intelligenti, bot, la paura di essere offline, biointerfacce, reddito di cittadinanza, consolidamento dei media, riconoscimento facciale, fragilità digitale sono alcuni dei temi individuati da Future Today Institute.

Quanto queste “stranezze” ci coinvolgeranno direttamente? Credo in alcuni casi molto più di quanto possiamo immaginare. Il mio augurio è che possiamo farci coinvolgere senza essere travolti. Senza, soprattutto, dimenticarci che siamo persone e, almeno ancora per un po’, abbiamo bisogno di star bene con altre persone.

Il blog si ferma qualche giorno, gli articoli torneranno con il nuovo anno: buone feste!

 

corpo europeo di solidarietà

L’Europa investe nei giovani con il Corpo di solidarietà

L’istituzione, da parte della Commissione Europea, del Corpo europeo di solidarietà è l’iniziativa che si rivolge concretamente a due obiettivi fondamentali dell’Unione: la solidarietà tra popoli e cittadini, e la necessità di investire nei giovani e nella loro formazione.

Come si conciliano queste due grandi priorità in un’unica azione?
I giovani tra i 18 e i 30 anni possono candidarsi per far parte del nuovo Corpo europeo di solidarietà e avranno così la possibilità di essere inseriti in un progetto di volontariato o di tirocinio, o di svolgere un lavoro per un periodo da 2 a 12 mesi, nel proprio paese o all’estero.
I partecipanti potranno impegnarsi, a scelta, in un’ampia gamma di attività e settori tipo istruzione, assistenza sanitaria, integrazione sociale, assistenza nella distribuzione di prodotti alimentari, costruzione di strutture di ricovero o simili, accoglienza, assistenza e integrazione di migranti e rifugiati, protezione dell’ambiente e  prevenzione di catastrofi naturali (ma non solo).
In questo modo i giovani interessati avranno l’opportunità di dare un contributo concreto alla società e al cambiamento e al tempo stesso di acquisire un’esperienza pratica e competenze di grande valore per la loro vita personale e lavorativa.

Per partecipare è richiesta la cittadinanza europea o la residenza in uno dei paesi membri e, naturalmente, l’adesione alla missione del corpo di solidarietà, cioè costruire una società più inclusiva e rispondere ai problemi sociali, e ai principi che la ispirano. Sia i partecipanti che le organizzazioni che ne faranno parte hanno  come punto di riferimento i valori e i principi promossi dall’UE, come il rispetto per la dignità e diritti umani, e credono nella promozione di una società giusta ed equa nella quale predominino il pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà e l’uguaglianza.
Le attività di volontariato si svolgeranno in modo simile allo SVE – Servizio Volontario Europeo, con viaggio, vitto e alloggio finanziati. Le attività di tirocinio, apprendistato e lavoro saranno invece retribuite secondo la normativa del paese in cui l’attività si svolge.
Ogni giovane partecipante potrà gestire in ogni momento la propria disponibilità a partecipare al corpo di solidarietà, modificando i dati inseriti, e potrà accettare o rifiutare le offerte di collaborazione che gli verranno proposte.
Il corpo di solidarietà, per cui ci si può iscrivere in qualsiasi momento, è partito con i primi progetti a primavera del 2017.

Per maggiori informazioni vedi il sito ufficiale o passa a trovarmi all’Informagiovani!

La formazione: dovere o diritto?

Quante volte i genitori di ragazzi under 18 ci chiedono cosa possano fare i loro figli se non intendono continuare gli studi?

La risposta è che occorre adempiere al diritto dovere di istruzione e formazione.

Alla base della normativa sul diritto dovere di istruzione e formazione c’è il desiderio che i giovani, terminata la scuola secondaria inferiore (ex scuola media), proseguano obbligatoriamente la propria formazione almeno fino ai 18 anni.

Occorre però distinguere tra obbligo scolastico e obbligo formativo.

L’obbligo scolastico indica l’obbligo di frequentare la scuola fino al compimento dei 16 anni di età. Di conseguenza, esso può essere assolto con la frequenza al biennio di scuola superiore.

L’obbligo formativo, invece, è il dovere, ma soprattutto il diritto di frequentare attività formative fino all’età di 18 anni.

È regolato dalla legge 144/99 art. 68 il cui obiettivo è quello di rendere i giovani capaci di definire consapevolmente il proprio progetto di vita e di muoversi nel mondo del lavoro.

Ogni giovane, potrà scegliere, sulla base dei propri interessi e delle capacità, uno dei seguenti percorsi:

– proseguire gli studi nel sistema dell’istruzione scolastica fino al conseguimento di un diploma;

– frequentare, dopo il primo biennio della scuola secondaria di 2° grado,  il sistema della formazione professionale attraverso un corso professionale gratuito di almeno due anni;

– iniziare il percorso di apprendistato, che prevede la formazione durante il periodo lavorativo, finalizzato a favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro attraverso l’acquisizione di un mestiere e/o di una professionalità specifica ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale.

Durante l’assolvimento dell’obbligo la scelta operata può essere modificata in quanto i tre sistemi sono considerati equivalenti e quindi è prevista la possibilità di passare da un percorso all’altro attraverso il riconoscimento dei crediti.

In questo periodo sono usciti dei corsi di formazione professionale gratuiti rivolti proprio ai ragazzi in età di obbligo formativo, finalizzati all’ottenimento di una qualifica triennale. Questi corsi si tengono in provincia di Pesaro Urbino e partiranno ad anno nuovo.

Lavorare all’estero come “au pair”

Lavorare come “au pair” o “alla pari” significa vivere presso una famiglia straniera, aiutando ad accudire i bambini e a sbrigare leggere faccende domestiche in cambio di vitto, alloggio e una piccola retribuzione, variabile da nazione a nazione.

L’au pair  costituisce una categoria specifica che non è né quella di studente né quella di lavoratore. Infatti i programmi alla pari sono considerati progetti di scambio culturale per l’apprendimento e/o il perfezionamento di una lingua straniera.

Sono allo stesso tempo anche un’opportunità di crescita personale.

La ricerca della famiglia viene fatta generalmente tramite un’agenzia con sede in Italia.

Chi, invece, ha una buona padronanza della lingua straniera può rivolgersi direttamente all’agenzia nel Paese di destinazione oppure tramite internet per i paesi in cui esistono siti ad hoc.

Rivolgendosi ad un’agenzia i rischi di incappare in una famiglia “sbagliata” sono minori perché le famiglie ospitanti vengono selezionate e comunque si ha la garanzia di essere ricollocati presso un’altra famiglia nel caso la prima risultasse inadeguata.

La durata del soggiorno varia da 6 a 12 mesi (eventualmente prorogabili per ulteriori 12 mesi) e dipende sia dalla disponibilitá dell’au-pair e della famiglia sia dalle regole in merito del paese ospitante.

Le famiglie richiedono, in genere, un soggiorno minimo di sei mesi, ma anche nove o dodici, con partenza all’inizio dell’anno scolastico o a gennaio.

Anche gli orari di lavoro possono variare in base al paese ospitante. L´Au pair dovrebbe lavorare un massimo di 30 ore a settimana (ad eccezione degli USA, dove l’au pair puó raggiungere un massimo di 45 ore settimanali).

Ogni Au pair ha diritto di norma a 1 – 2 giorni liberi a settimana (in alcuni paesi almeno un giorno libero deve essere la domenica) ed in alcuni casi avranno anche il diritto di avere libero almeno un week-end al mese.

Durante i loro giorni liberi e le loro vacanze, gli Au pair dovrebbero essere invitati dalla famiglia ospitante a partecipare alle loro attivitá. Inoltre durante il periodo di vacanza i ragazzi alla pari sono liberi di rimanere presso la propria famiglia ospitante continuando a ricevere la solita somma di denaro, cosí come vitto e alloggio.

Di norma gli au pair frequentano un corso di lingua nel paese ospitante per migliorare le proprie competenze in materia e conoscere nuove persone.

Per diventare “au pair” occorre avere tra i 17 e 30 anni (anche se nella maggior parte dei paesi, l’età minima è fissata a 18 anni e la massima a 27),  essere celibi o nubili e senza figli,  avere una conoscenza almeno basilare della lingua del paese ospitante e ovviamente avere esperienza nell’accudimento dei bambini.

Il possesso della patente di guida e il fatto di essere non fumatori sono considerati requisiti preferenziali.

La famiglia ospitante, infine, deve essere una famiglia (ma può essere anche una madre o un padre single) disposta ad ospitare un ragazzo straniero rendendolo parte della stessa, avere almeno un figlio minorenne e avere una stanza libera a disposizione dell’au pair. 

scrivere quello che non ti aspetti

Scrivere quello che (non) ti aspetti

Come si fa a scrivere un libro? Nell’era del self publishing la domanda potrebbe sembrare quasi retorica. Chiunque oggi può scrivere un libro, indipendentemente dai contenuti che decide di esprimere. Ma l’arte di scrivere non è questa. Mettere insieme le parole per costruire una storia che abbia un senso non è un’operazione meramente meccanica. Lo scopriamo un po’ tutti prima o poi nella vita: che sia una lettera per l’amata nella stagione dei primi amori, oppure il tema del compito in classe o ancora la tesi di laurea o il report per il tuo capo al lavoro, c’è un momento (più o meno lungo) in cui rimaniamo fermi  e indecisi davanti al foglio (video) bianco (c’è proprio una sindrome che si chiama così e che attanaglia gran parte degli scrittori).

Per scrivere qualcosa che sia (piacevolmente) leggibile sono necessari tanti elementi: l’idea di una storia che sia credibile, quella per protagonisti e personaggi della stessa che siano ben definiti, lo sviluppo di un plot che sia avvincente per il lettore, la proprietà di linguaggio, la capacità di scrivere con termini appropriati, uno stile narrativo. E poi chissà quante e quali altre cose che al momento nemmeno mi vengono in mente. Insomma, scrivere è un’operazione che sta a metà tra la creatività, l’arte e la tecnica. Ma, soprattutto, elemento fondamentale, di ogni buon scrittore è quella che viene chiamata l’urgenza di scrivere, di raccontare, di condividere con altri una storia. Una specie di sacro fuoco che a un certo punto sale dal profondo dell’anima fino alle mani che scrivono con la penna o sulla tastiera; non ci può essere una buona storia, e quindi un buon libro, se chi la racconta non è percorso da un desiderio implacabile di raccontare quello che sente. E, badate bene, dovrebbe essere lo stesso impetuoso stimolo che anima il giornalista che racconta la cronaca, così come lo scrittore di fantasy. In altre parole l’ultimo pubblicista di cronaca locale ha qualcosa in comune con JK Rowling.

Quindi, se è vero che tutti possiamo scrivere un libro, è altrettanto vero che solo alcuni riescono a esprimere davvero qualcosa di coinvolgente. Ed è proprio quelli che cerchiamo e che invitiamo nella nostra rassegna NOIleggiamo, un appuntamento pensato per promuovere chi nella scrittura ci mette del proprio e vuole condividerlo con gli altri; ma anche per chi ama leggere ed è curioso di conoscere storie e scrittori nuovi (che magari un giorno saranno pure famosi).

Il prossimo sabato 3 dicembre, alle 18, sarà la volta di Massimo Cesaroni che presenterà il suo libro “Quello che non ti aspetti“. Un drammatico inseguimento, una notte di tempesta, un’auto fuori controllo, una scelta difficile: cosa unisce tutti questi fatti che si snodano in luoghi e momenti diversi? Lo scopriremo insieme all’autore che, con Rodolfo Bersaglia, illustrerà il suo lavoro. L’incontro è a ingresso gratuito ma i posti sono limitati. Non dimenticate di prenotare il vostro posto, vi aspettiamo!

 

Tredici anni, il tempo delle scelte

La terza meda rappresenta un anno cruciale per uno studente, in quanto dovrà non solo sostenere gli esami ma anche iniziare a valutare la scelta della scuola superiore.

Si tratta di una decisione molto importante, perché questo determinerà poi il destino professionale di ciascuno.

Gennaio e febbraio sono in genere i mesi in cui si tengono le iscrizioni e spesso molti studenti arrivano all’ultimo momento senza avere le idee chiare su quale sia la scuola più adatta a loro.

Per questo motivo le scuole si stanno già muovendo con l’orientamento per le classi terze della scuola secondaria di primo grado così che gli studenti riescano ad avere un’idea di cosa studieranno e quali sono gli sbocchi lavorativi di licei, istituti tecnici e istituti professionali.

Nelle scuole superiori infatti sono già iniziati gli open day per orientare la scelta dei genitori (sempre più confusi) sul futuro dei figli (sempre più smarriti). A questi si aggiungono già in molte scuole l’iniziativa studente le “lezioni aperte” ovvero la possibilità, da parte dei futuri “primini”, di assistere a normali lezioni accanto agli studenti più grandi.

Nonostante tutte queste iniziative di orientamento, tuttavia non tutti riescono ad effettuare la scelta giusta e così molti si ritrovano in una scuola che non rispecchia le loro attitudini, li rende svogliati e poco propensi a continuare gli studi.

Per una scelta consapevole, occorre innanzitutto conoscere l’organizzazione del sistema scolastico che dal settembre 2010 prevede: 6 licei, gli istituti tecnici suddivisi in 2 settori con 11 indirizzi e gli istituti professionali suddivisi in 2settori con 6 indirizzi.

I licei  non offrono una specifica preparazione professionale, ma  ampliano l’ orizzonte culturale  e soprattutto  insegnano un metodo di studio , fondamentale per continuare a studiare all’università.  Gli istituti tecnici e professionali permettono di apprendere un mestiere  o  una professione  ed entrare prima nel  mercato del lavoro.

Nella scelta certamente non va trascurato l’aspetto soggettivo, quindi tenere conto degli interessi e delle abilità del/la ragazzo/a in quanto impegnarsi in una cosa per cui si è portati sicuramente renderà più semplice il cammino.

Altri aspetti che possono influenzare la scelta sono la volontà dei genitori e anche le amicizie.

Di certo occorre dare ascolto alla propria famiglia ma senza dimenticare che la scelta finale deve essere del ragazzo.

Allo stesso modo cercare di non farsi influenzare dagli amici o compagni di classe per paura di non trovarne di nuovi.

A conclusione ricordatevi che per il prossimo a.s.  le iscrizioni on line possono essere presentate dal 16 gennaio 2017 al 6 febbraio 2017.

sociale

Referendum costituzionale: modalità per votare

Domenica 4 dicembre si terrà il referendum sulla riforma costituzionale in Italia. Le operazioni di voto per il referendum costituzionale si svolgeranno dalle ore 7 alle ore 23, a seguire lo scrutinio.

In tale occasione gli italiani sono chiamati a votare un referendum costituzionale per approvare o respingere la riforma della costituzione.

Ricordiamo che per la validità del referendum costituzionale confermativo non è previsto dalla legge un quorum di validità. A differenza che per il referendum abrogativo, non si richiede, che alla votazione partecipi la maggioranza degli aventi diritto al voto. L’esito è valido indipendentemente dalla percentuale di partecipazione degli elettori.

Vediamo nel dettaglio quale il quesito che troveremo stampato sulla scheda:

Approvate il testo della legge costituzionale concernente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?

Per poter votare al referendum l’elettore deve presentarsi al seggio con la sua tessera elettorale e con un documento di riconoscimento al fine di essere identificato.

La tessera elettorale è il documento che consente l’esercizio del diritto di voto, questa viene rilasciata al momento dell’iscrizione nelle liste elettorali del Comune.

Per il rilascio delle tessere elettorali, dei duplicati, di una nuova tessera qualora siano esauriti gli spazi, è necessario rivolgersi al personale dell’Ufficio Elettorale, magari qualche giorno prima del referendum, nonostante anche il giorno stesso saranno previste aperture straordinarie.

La legge prevede che possano votare in Italia fuori del comune di residenza solo alcune categorie di elettori. Quelli ricoverati in ospedali e case di cura, militari, naviganti e tutti coloro che prestano servizio al seggio, cioè i componenti dell’Ufficio elettorale di sezione, le Forze dell’ordine e i rappresentanti di partito e di comitato promotore del referendum, designati dai partiti e dai comitati stessi.

Chi non rientra in tali categorie può votare nel seggio di iscrizione elettorale del comune di residenza, usufruendo di agevolazioni tariffarie per viaggi in treno, aereo o nave (ad esempio tutti gli studenti fuori sede).

Gli elettori residenti all’estero hanno la possibilità di venire a votare in Italia. Anche chi si trovi temporaneamente all’estero (periodo minimo di tre mesi), per motivi di lavoro, studio o cure mediche ha la facoltà esercitare il diritto di voto per corrispondenza nella circoscrizione estero previa espressa opzione. Tutte le casistiche sono consultabili sul sito del Ministero dell’Interno. Ma per il referendum costituzionale del 4 dicembre l’indicazione della scelta doveva pervenire al comune d’iscrizione nelle liste elettorali entro il giorno 8 ottobre 2016 (con possibilità di revoca entro lo stesso termine).

Votare è un diritto, reperire le informazioni utili in tempo, permette di esercitarlo!