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La piramide si aggiorna

Chi non conosce la piramide di Maslow? Lo psicologo statunitense ipotizzò un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide appunto, in base alla quale la soddisfazione di quelli più elementari è condizione necessaria per fare emergere quelli di ordine superiore.
Pensiamo alle nostre abitudini di oggi e a quale sia il primo pensiero, o l’ultimo, della giornata: il cellulare è carico? Ho linea? Beh, non sarà così per tutti, ma per tanti è quasi diventata un’ossessione. Le attività quotidiane sono cadenzate da notifiche sonore o da emozionanti “vibrazioni” che ci dicono che qualcuno ci ha letto, ci ha scritto, ci ha dato un like o ci ha taggato. Sono certezze che si ricercano costantemente e che ci regalano una sorta di confortevole sensazione, ci raccontano che ci siamo e che siamo social-mente attivi.
Può capitare, in alcuni casi, di assumere addirittura identità virtuali parallele per compiere azioni, tenere atteggiamenti, usare parole molto distanti da ciò che siamo; forse proprio perché non abbiamo le energie di cambiare le cose, di trasformarci, di uscire dagli schemi convenzionali della reale vita sociale. Si tratta di un vero e proprio rifugio ideale che ci conforta e ci rilassa.
Ma poi, quale è la “vera” realtà? I nativi digitali, forse, considerano la rete il luogo in cui si vive realmente, in cui la socialità è viva e in cui si sviluppano idee, progetti e comunità. È un ambiente da abitare, un’estensione della mente umana, un mondo che si intreccia con il mondo reale determinando vere e proprie ristrutturazioni cognitive, emotive e sociali dell’esperienza.
La scelta del titolo di questo articolo è stata fatta proprio per questo, perché, per certi versi, le teorie sui bisogni dell’uomo, studiati e classificati da Maslow, sono un po’ messe in crisi; potremmo pensare che lo schema proposto dallo psicologo possa essere un po’ modificato e che alla base della piramide possa esserci la batteria o il wi-fi (ad esempio), prima dei bisogni elementari?
Leggiamola un po’ come una provocazione che ci aiuti a riflettere sul giusto atteggiamento che dovremmo avere nei confronti di un modo di vivere ormai influenzato dalla nuova tecnologia, che ci aiuta sì, che ci rende “smart” ma che ci può rendere anche un po’ schiavi se non ne abbiamo la giusta consapevolezza .
E allora basta leggere questo articolo, via, mettiamo in tasca lo smartphone, spegniamo il computer e andiamo a farci una passeggiata!

Un’estate per socializzare

Puntuale come ogni anno è arrivata la tanto agognata fine della scuola e puntuale anche l’esigenza di trovare una sistemazione divertente ma sicura per i figli quando i genitori sono ancora impegnati nelle attività lavorative.

Le vacanze estive sono, infatti, un periodo piuttosto lungo durante il quale bambini e ragazzini hanno necessità e diritto di distrarsi e divertirsi, allentando i ritmi frenetici della scuola e delle attività extra scolastiche, impiegando il loro tempo in attività a loro adatte.

Ci sono famiglie che possono contare sui nonni, pilastri del welfare italiano, o qualche altro parente vicino o lontano a cui lasciare i figli per qualche ora o addirittura per qualche settimana.

Ci sono, poi, famiglie che non hanno questa possibilità e che quindi già da qualche settimana si stanno muovendo alla ricerca di una soluzione.

Chi punta a cercare una baby sitter fidata e competente (in questo articolo potete trovare qualche suggerimento utile), chi invece opta per i centri estivi.

Occorre informarsi con un certo anticipo sul tipo di struttura presso la quale iscrivere il bambino e sarebbe meglio tenere conto delle abilità e degli hobby del bambino scegliendo un centro orientato in tal senso.

In questo senso la scelta tra centri estivi è ormai molto ampia in grado di andare incontro ai vari tipi di personalità, gusti, desideri e bisogni.

Tutti i centri estivi sono organizzati all’aria aperta; poi ovviamente ognuno differisce dall’altro per tipologie di attività offerte: da attività a stretto contatto con la natura, ad attività sportive (calcio, nuoto, pallavolo, pallacanestro, equitazione, vela, canottaggio…) attività artistiche, corsi di lingua per entrare giocosamente nell’uso di una lingua straniera, ecc.

Indipendentemente dal tipo di attività prevista, tutti i centri si pongono l’obiettivo di far divertire, svagare e socializzare i bambini o ragazzini partecipanti.

I centri estivi possono essere comunali o privati.

I centri estivi del Comune di Ancona sono rivolti ai bambini e ragazzi dai 4 anni ai 14 anni e coprono tutto il mese di luglio.

Per essere ammessi occorre presentare domanda di iscrizione da oggi fino al 20 giugno e attendere la formazione della graduatoria di ammissione in base a determinati requisiti (ISEE, n° figli iscritti, ecc.).

Prevedono la possibilità di scegliere la formula con o senza pasto e sono attivi dal lunedì al venerdì.

A differenza di quelli comunali, per i centri estivi privati i requisiti sono meno restrittivi; ovviamente sono meno economici ma rappresentano una valida alternativa ai primi.

In base al tipo di attività proposta, i centri privati possono accogliere i bambini a partire dai 3 anni fino all’età di 15 anni, prevedono formule settimanali, quindicinali o mensili, con possibilità di mensa o meno e prevedono attività fino al sabato.

Per rendervi la scelta più agevole abbiamo provato a riepilogare le informazioni sui centri estivi ad Ancona e dintorni in questo elenco, augurandoci il più possibile esaustivo:

Passando allo sportello Informagiovani potrete ritirare copia del materiale cartaceo relativo ai centri estivi. 

A cosa serve la tecnologia?

Come utilizziamo la tecnologia che abbiamo a disposizione? Personalmente credo di abusarne. La cosa dipende dal fatto che sono appassionato di oggetti tecnologici e di come questi riescano a semplificare cose semplici. Ammetto però anche che non sempre è così. Qualche volta accade che sono affascinato dalle “magie” che un oggetto tecnologico riesce a fare: pagare avvicinando lo schermo dello smartphone, trovare un’automobile nelle vicinanze da utilizzare al volo (come è permesso dai servizi di car sharing nelle grandi città), misurare il benessere fisico attraverso un semplice braccialetto di gomma. Queste tecnologie a volte alternano l’utilità pratica alla spettacolarità con la quale la raggiungono e questo mi (ci, immagino) conquista!

La tecnologia serve a migliorarci la vita nella maggior parte dei casi, ma siccome è parecchio connessa con meccanismi di marketing a volte scivola nel lezioso. E quindi nel poco utile. La domanda “A cosa serve la tecnologia?” messa a titolo di questo post l’ho presa da un articolo apparso su The Atlantic e ripreso nel numero 1278 di Internazionale. Nell’articolo si paventa l’ipotesi che un giorno tutti avremo un microchip impiantato sottopelle perché questa è la “naturale” evoluzione di quello che sta accadendo. D’altra parte la tendenza a modificare, in maniera più o meno incisiva, il nostro corpo l’abbiamo sempre avuta: pacemaker, protesi, stimolatori interni e anche le semplici lenti a contatto sono tutti strumenti tecnologici con i quali abbiamo accettato di modificare il nostro corpo perché ci sembrava potesse essere utile (se non addirittura vitale). Finora la maggior parte delle persone non ha un microchip sottopelle perché ancora non ci sono sufficienti motivi di utilità per averlo. Ma se le aziende che li costruiscono li trovassero?

Forse non sarà un trucco delle aziende che li producono a farci accettare un livello di tecnologia ancora più invasivo di quanto non sia lo smartphone attuale, ma la nostra graduale routine che renderà familiari oggetti che ci sembrano alieni. Questi scenari futuristici (nemmeno troppo, stiamo parlando di tecnologie che sono in campo da quasi 20 anni) dovrebbero farci però riflettere anche sull’attuale utilizzo della tecnologia, anche quella che ci risulta più facile. Non possiamo più cambiare il fatto che per prenotare un aereo bastano pochi clic sull’applicazione della compagnia che abbiamo nello smartphone (e possiamo farlo in ogni istante!), però magari possiamo evitare di consultare il nostro amico digitale ogni volta che abbiamo una curiosità, un’incertezza, un’esitazione o semplicemente non sappiamo cosa fare. La domanda è: in questi momenti la tecnologia ci serve davvero a qualcosa? Stiamo rendendo la nostra vita quotidiana più semplice e, vorrei dire più felice, o magari siamo vittime di un automatismo inconsapevole? Nel secondo caso magari può essere utile provare a imporsi abitudini diverse: avere il microchip sottopelle è davvero molto più bello se nel frattempo avremo guadagnato in consapevolezza. Dal mio punto di vista la consapevolezza ci aiuta anche a utilizzare meglio gli strumenti che abbiamo, a trarne il maggior vantaggio e scegliere quelle che ci sono utili scartando quelle che non ci servono (con buona pace delle mode passeggere o delle tendenze).

Vacanze bagnate vacanze rovinate?

Siete venuti in vacanza sulla riviera del Conero per godervi un po’ di mare ma il tempo non vi permette di farlo? Certo sarete dispiaciuti di non poter praticare i vostri sport d’acqua preferiti o stare sdraiati al sole ma avrete la possibilità di trascorrere una vacanza ugualmente interessante.

Un’idea potrebbe essere fare un tour delle attrazioni delle città, visitare musei, mostre ed immergervi nelle tradizioni del luogo in cui soggiornate.

La città di Ancona, ad esempio, offre un’ampia scelta di attrazioni culturali: musei, Chiese, pinacoteche, monumenti, ecc., che potete trovare elencati a questo link.

In base al tempo che avrete a disposizione per visitare la città, potrete scegliere quali di queste attrazioni visitare.

Di sicuro non rinuncerei a visitare la Cattedrale di San Ciriaco, il Duomo di Ancona: è una chiesa medievale in stile romanico con influssi bizantini e gotici, che sorge sulla sommità del colle Guasco; è il simbolo anconetano situato su un’altura sovrastante il porto raggiungibile a piedi partendo dal centro storico con passeggiata in lieve salita ma facile e panoramica.

Poco distante dalla cattedrale avrete la possibilità di visitare il Palazzo del Senato, che si affaccia sull’omonima piazza, a due passi dall’anfiteatro romano, è un palazzo in stile romanico. ll palazzo è oggi sede della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Marche.

Scendendo ancora un po’ e avvicinandosi al centro storico della città, raggiungerete la splendida Piazza del Plebiscito, nota anche come Piazza del Papa per la presenza della statua Clemente XII. È una piazza dalla singolare forma rettangolare e molto allungata nella quale l’elemento caratteristico è la scalinata, sormontata dalla Chiesa San Domenico, che avvolge la statua Clemente XII, benefattore della città per la concessione del porto franco.

A pochi passi da questa piazza avrete modo di vedere il Teatro delle Muse, il più grande teatro delle Marche. Si trova nel centro della città, nei pressi di uno degli ingressi principali del porto. Vi si svolge una stagione operistica e di balletto, una di musica sinfonica, una concertistica, una di prosa, oltre ad una rassegna jazz.

Scendendo verso il porto avrete poi modo di ammirare altre bellezze storiche di Ancona, come l’Arco di Traiano, l’Arco Clementino, la Mole Vanvitelliana.

Da non perdere assolutamente la spettacolare veduta panoramica sul mare e sulle rupi che si può ammirare dal Passetto, la più nota spiaggia rocciosa di Ancona. Con questo nome si indica anche il rione della città che ha al centro il Monumento ai Caduti.

Ci sono ancora tanti altri posti da visitare nella città di Ancona, li potete trovare qui.

Se poi volete spingervi oltre Ancona, a pochi minuti di macchina, potrete raggiungere le Grotte di Camerano: sorprendenti grotte sotterranee, tutte comunicanti tra loro, corrono lungo il sottosuolo del paese creando una vera e propria città sotterranea.

Se poi volete andare un po’ più lontano vi consiglio di raggiungere Genga, dove si trovano le incredibili Grotte di Frasassi, considerate uno degli spettacoli più affascinanti di tutto il nostro Paese, al loro interno scoprirete sculture naturali di rara bellezza.

Sono grotte carsiche sotterranee che ricadono all’interno del Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi.

Questi ovviamente sono solo alcuni degli itinerari turistico culturali che vi offre la nostra splendida provincia; ce ne sono molti altri. Se volete saperne di più o volete semplicemente qualche mappa o consiglio potete chiedere all’Informagiovani anche inviandoci un a mail a info@informagiovaniancona.com.

I professionisti delle vacanze invernali

Dopo il successo delle passate edizioni di “Professionisti delle vacanze” rivolte alla stagione estiva, l’Informagiovani di Ancona ha deciso di cimentarsi in una nuova esperienza.

Il 28 novembre, infatti, si terrà la prima edizione del format Professionisti delle vacanze rivolto alla stagione invernale.

L’obiettivo è sempre quello di far incontrare gli operatori del settore con ragazzi e ragazze pronti a diventare potenziali professionisti delle vacanze invernali.

L’evento è rivolto ai ragazzi/e tra i 18 e 33 anni che vorrebbero lavorare come animatore in un miniclub o nel settore fitness, oppure che conoscano bene una lingua (tedesco, olandese) anche senza esperienza.

A questo appuntamento sarà presente l’agenzia Hidalgo Animazione che opera in strutture sul territorio nazionale.

Avrete quindi modo di conoscere l’agenzia, le professioni richieste e se vi interessa partecipare alla prima selezione.

Oltre ai requisiti sopra menzionati, chi aspira a diventare animatore turistico deve possedere una notevole facilità di comunicazione, un temperamento allegro, spontaneità, creatività, fantasia, capacità di resistenza alle tensioni e alla fatica, dinamismo, autocontrollo e capacità organizzative.

Pazienza, comprensione, apertura mentale ed equilibrio sono doti altrettanto importanti, così come è fondamentale una grande disponibilità a spostarsi e viaggiare per lunghi periodi.

Tra le diverse proposte formative e lavorative, l’ambito turistico e delle vacanze organizzate offre numerose possibilità interessanti e diversificate.

Per i giovani partecipare ad un evento di questo tipo offre il vantaggio di mettersi alla prova con una (forse) prima selezione con un potenziale datore di lavoro. Per arrivare preparati a questo momento potete fare affidamento sui servizi dell’Informagiovani: supervisione e revisione curriculum vitae e consigli utili sul colloquio di lavoro.

Allo stesso tempo lavorare nei villaggi/strutture turistiche invernali rappresenta un’opportunità di sviluppare competenze utili per la propria crescita personale e professionale, mettersi alla prova concretamente con un lavoro regolare e retribuito.

Se siete quindi interessati a cercare un lavoro per la stagione invernale vi aspettiamo martedì 28 novembre all’Informagiovani. La partecipazione è gratuita ma occorre prenotare il proprio posto a questo link.

Le professioni nel turismo

Quando si dice turismo, vengono subito in mente gli alberghi o le altre strutture ricettive. Ma il turismo coinvolge molte figure professionali e costituisce una disciplina importante e variegata.

Per quanto riguarda la disciplina del turismo, le leggi per regolamentare le imprese fanno capo allo Stato, mentre per quanto riguarda lo svolgimento di alcune professioni, la normativa è a livello regionale.

La Regione è, infatti, l’organo che rilascia le autorizzazioni necessarie. Per le Marche la legge che definisce e regola le professioni turistiche è L.R. 11 luglio 2006, n. 9 “Testo Unico delle norme regionali in materia di turismo”.

Le professioni turistiche sono quelle che prestano attività incentrate sulla promozione turistica, i servizi di ospitalità, assistenza, accompagnamento e guida, allo scopo di offrire un servizio completo ai turisti e far vivere una gradevole esperienza di viaggio, anche dal punto di vista della conoscenza dei luoghi visitati.

Le professioni turistiche per così dire tradizionali sono quelle di: guida turistica, accompagnatore turistico, guida ambientale escursionistica e direttore tecnico di agenzia di viaggio e turismo.

La guida turistica e l’accompagnatore turistico sono figure autonome, che collaborano con imprese turistiche, alle quali oggi sono richieste competenze come la forte specializzazione in determinate aree territoriali, capacità narrative e di mediazione, l’ottima conoscenza di almeno una lingua straniera.

La guida turistica opera come professionista e accompagna persone o gruppi nelle visite ad opere d’arte, a musei, a gallerie, a scavi archeologici, illustrando le attrattive storiche, artistiche, monumentali, paesaggistiche e naturali. Per diventare guida turistica occorre superare un esame per l’abilitazione alla professione (Legge Regionale n.50/1985). Una volta superato l’esame, la guida potrà operare esclusivamente nella provincia dove ha conseguito l’abilitazione.

L’accompagnatore turistico segue persone singole o gruppi di persone nei viaggi attraverso il territorio nazionale o all’estero, assistendoli in tutte le fasi del percorso, fornisce elementi significativi o notizie di interesse turistico sulle zone di transito. É il referente di fiducia di un’agenzia o tour operator in una determinata località turistica.

La guida naturalistica o ambientale escursionistica accompagna persone singole o gruppi di persone in ambienti naturali o di interesse per l’educazione ambientale, illustrandone le caratteristiche territoriali, gli aspetti ambientali e storico-antropologici.

Il direttore tecnico di agenzia viaggi è il soggetto indicato dalla legislazione nazionale e regionale vigente come responsabile della gestione tecnica dell’agenzia di viaggio; si occupa degli aspetti direttivi, gestionali ed amministrativi dell’azienda, in particolare per quel che riguarda la produzione, l’organizzazione o l’intermediazione di viaggi e di altri prodotti turistici.

L’esercizio delle professioni turistiche è subordinato al possesso della specifica abilitazione. Per le guide turistiche l’abilitazione ha validità nel territorio della Provincia che l’ha rilasciata, per le guide naturalistiche ha validità nell’intero territorio regionale. L’abilitazione all’esercizio delle professioni turistiche si consegue mediante superamento del relativo esame di idoneità scritto e orale.

Al momento in ambito regionale sono attivi dei corsi di formazione per l’ottenimento della qualifica di guida naturalistica o ambientale escursionistica (uno gratuito ed uno a pagamento) e del diploma di specializzazione di direttore tecnico di agenzia viaggi (gratuito).

Come sempre potete prendere visione di questi ed altri corsi negli elenchi consultabili sul nostro sito alla pagina formazione.

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Agosto: vacanze, mare e…serie tv!

Ormai siamo nel bel mezzo dell’estate e tra le varie forme di relax che è doveroso concedersi, ce n’è una che sembra essere molto più di un tormentone passeggero: quella delle serie tv.

Esistono almeno dai tempi di Rin Tin Tin, ma solo da una decina d’anni sono diventate il fenomeno che è ora: senza il timore di esagerare possiamo affermare che, attualmente, sono molte le serie tv che per trama, cast e digital visual effect possono tranquillamente competere con tanti dei prezzolatissimi film da grande schermo.

Non solo, alcune sono talmente entrate nella nostra quotidianità da averci estrapolato dei modi di dire ( “Winter is coming” o “Plata o Plomo” sono solo un paio delle frasi che a quasi tutti, ne siamo certi, non suonano nuove) oppure ci fanno abboccare come pesci all’amo e semplicemente ne veniamo trascinati: ad esempio, vi è sfuggita la notizia della maratona – in senso letterale – per l’uscita della settima stagione di Game of Thrones? Allora guardate qui.

Il fenomeno è talmente diffuso da diventare materiale da psicologia: in sostanza, amiamo le serie tv perché ci consentono di uscire dai tempi forzatamente limitati di un film e ci permettono di esplorare una valle ben più ampia di eventi ma anche di decisioni, pensieri e tratti caratteriali con conseguente partecipazione e “presa” emotiva; qualcosa di molto simile accade quando si legge un libro e non è un caso che questa soddisfazione cresca quando si ha a che fare con serie tratte da opere letterarie.

Inoltre, l’uomo è animale sociale: i momenti di convivialità che offrono, per loro natura, le serie tv, sono un piacere a cui quasi nessuno vuole rinunciare, soprattutto quando si tratta di storie ad alto contenuto di pathos; scomodando di nuovo Game of Thrones, c’è addirittura chi su YouTube riesce a fare bei numeri di visualizzazioni riprendendo persone che guardano la serie: può sembrare davvero molto strano – e forse lo è – ma alla gente piace e piace perché sono molti a condividere le sensazioni e lo stupore che si possono vedere, probabilmente vagamente spettacolarizzati, anche qui.

E come se tutto questo non bastasse, c’è anche dell’altro: alcune serie tv sono arrivate a un tale livello di realismo e raffinatezza da far approcciare gli spettatori con alcuni tipi di lavori.  Ovviamente non stiamo parlando di imparare un mestiere, ma di ispirazioni, regalate proprio dallo sguardo approfondito e prolungato della serie tv.

Abbiamo quindi pensato di servirvi alcuni titoli, così da unire l’utile al dilettevole:

Mad Man: ne siamo sicuri, molti di voi conosceranno già questa serie, così come il carisma del direttore creativo Don Draper, che ha fatto una proverbiale strage tra gli spettatori. Ma non si tratta solo di questo. Anche se la serie è ambientata negli anni Sessanta, alcuni dei processi creativi sfruttati sono validi tutt’ora e alcuni spot ideati proprio dal caro Don sono senza dubbio di ispirazione per chi è interessato al copywriting!

E.R., Doctor House: sono solo due delle numerose serie che girano attorno al mondo della medicina ed entrambe hanno fatto la storia: i casi di cui si occupano sono verosimili (anche se piuttosto rari, nel caso di Doctor House. A proposito, sapevate che i “misteri medici” trattati in questa serie sono ispirati dalla rubrica “Diagnosi” del New York Times che descrive proprio casi di malattie particolarmente inusuali?) e possono dare una vaga idea di come potrebbe essere, ad esempio, esercitare l’arte medica nella realtà concitata di un pronto soccorso. Entrambe serie imperdibili per gli appassionati del genere.

Silicon Valley: i lavori del futuro sono nel web e voi non volete restare indietro? Allora “Silicon Valley” vi calza a pennello! Arrivata ormai alla quinta stagione, questa serie ci immerge nella vita di un gruppo di programmatori che, a un certo punto della loro avventura lavorativa, si troveranno alle prese con la realtà della start-up nella tecnologia. Gli spettatori più addentrati nell’argomento partono sicuramente avvantaggiati, ma ci sono spunti di divertimento (e di esempio!) proprio per tutti!

E voi, avete delle serie da suggerirci per il nostro periodo di vacanza?

Anche noi infatti ci prenderemo qualche giorno di sano, pigro, avventuroso relax: l’Informagiovani resterà chiuso dal 14 al 18 agosto, ma torneremo operativi e più carichi che mai (forse) a partire da lunedì 21 agosto!

Buone vacanze a tutti!

 

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Prepariamo la valigia

L’estate è arrivata così le attese ferie e vacanze sono ormai alle porte. Molti vivono la gioia di partire, di staccare da impegni e lavoro, accanto al pensiero: “incubo” di dover prima preparare la valigia.

Il dubbio è sempre lo stesso: riuscirò anche quest’anno a mettere tutto nella valigia, non dimenticando nulla e non stropicciando tutti i vestiti?

I turisti si dividono in due grandi categorie, gli amanti del mare e gli amanti della montagna. Per i primi lo spazio non dovrebbe essere un problema mentre per i secondi fare una valigia intelligente è essenziale. Sarà necessario un abbigliamento estivo ma anche tutto l’indispensabile per le passeggiate, il trekking e indumenti antivento ed antipioggia per i prevedibili temporali estivi di montagna. Come è solito dire sarà molto utile disporre di abiti per un abbigliamento a strati o “cipolla” consono ad ogni eventualità.

Comunque ovunque si vada, con auto o aereo preparare la valigia non è una passeggiata. Alcuni dimenticheranno a casa qualcosa e saranno costretti a fare il bucato, altri tenteranno di mettere l’intero guardaroba.

Chi  viaggia in aereo con compagnie low cost sa bene che è consentito un solo bagaglio a mano, quindi l’organizzazione della valigia da stiva o a mano è fondamentale.

Combinare alcuni consigli potrebbe essere la soluzione vincente per sfruttare al meglio lo spazio e avere con sé le cose indispensabili.

Con anticipo e armati di pazienza scegliete una valigia di medie dimensioni (più grande sarà più rischiate di riempirla e portare cose inutili).

Preparate un elenco di tutto quello che si vuole portare tenendo ben presenti le quantità, per non sbagliare è molto utile pensare già a degli abbinamenti tra i capi scelti, questo lavoro permette di evitare l’eccesso (vestiti che vanno poi lavati e stirati inutilmente al rientro). Liberatevi di tutte le cose della categoria “in caso mi serva”. Se vi servirà, potete comprarlo lì.

Pronta la lista potete disporre tutto sul letto, in modo da avere cognizione che ci sia tutto.

Si inizia a riempire la valigia utilizzando un ordine preciso. Le scarpe sul fondo, ogni paio in un sacchetto, oppure posizionate lungo i lati.

Fate come a Tetris! I vestiti possono essere piegati o secondo alcuni meglio arrotolati, in modo che occupino meno spazio e non si creino odiose pieghe. Guardate magari qualche video con la tecnica di piegare avvolgendo tra di loro i vestiti: al centro la biancheria intima e le magliette, e attorno man mano gli indumenti più ingombranti.

In alternativa piegate i vestiti, cominciando con quelli che si stropicciano meno facilmente, come jeans e pantaloni, gonne e pantaloncini, per poi passare a magliette, camicie e vestiti, infine attenzione ai buchi. Vanno riempiti con calzini, intimo o costumi da bagno, sempre riposti in distinte bustine che saranno più facili da gestire.

Quando la valigia inizia ad essere piena gli spazi vuoti possono essere riempiti con piccoli beauty case.

Per ottimizzare gli spazi, è preferibile suddividere i prodotti in piccole pochette per categoria: trucchi, creme e solari, prodotti per i capelli, medicinali. Una buona idea può essere mettere i beauty case dentro una busta di plastica, per evitare che fuoriescano liquidi. Infine è consigliato tenere i liquidi a portata di mano perchè gli addetti alla sicurezza degli aeroporti potrebbero voler controllare.

Attenzione a non inceppare le cerniere delle valigie morbide con gli indumenti o a non ridurre la valigia rigida in una “bomba” esplosiva.

La valigia: gioia e dolore di ogni viaggio!

Vacanze estive in treno: scelta ecologica

Le vacanze estive rappresentano il periodo dell’anno più ambito da studenti e lavoratori, che le attendono impazienti per poter godere di un periodo di svago in località di mare, di montagna o in città d’arte.

Molti avranno già programmato con anticipo le loro vacanze, altri invece cercano le offerte last minute.

Diverse le mete, diversi ovviamente i mezzi di trasporto scelti.

C’è chi non vuole rinunciare alla propria autonomia e preferisce viaggiare in auto, camper, moto o anche bici con la libertà di decidere quando e dove fermarsi e magari cambiare anche percorso.

C’è chi invece preferisce rilassarsi e lasciarsi trasportare verso la meta desiderata e quindi sceglie di viaggiare in aereo, nave o treno.

Tra questi poi chi vuole evitare code, a volte lunghissime ed estenuanti soprattutto nei periodi caldi, ai check-in aerei e navali, preferisce il treno.

Viaggiare in treno infatti consente di ammirare i paesaggi ed i luoghi che attraversiamo per arrivare a destinazione, chiacchierare con il compagno di posto e dedicarsi ad attività rilassanti come la lettura di un libro o l’ascolto della musica.

Un mezzo di trasporto decisamente economico ed ecologico, per una vacanza originale estiva lungo gli itinerari turistici in treno, alla scoperta del patrimonio culturale e naturale della nostra splendida Penisola.

Viaggiare in treno è anche conveniente grazie alle tante iniziative che le aziende intendono mettere sui binari.

Trenitalia Regionale, ad esempio, ha ampliato l’offerta ferroviaria e ha previsto sconti e promozioni per chi utilizzerà i treni regionali durate il periodo estivo.

Tante sono le offerte previste: dal PASSXTE, il pass no limit che permette di viaggiare nel weekend per 48 ore ad un prezzo fisso e consentirà di salire su Frecce, Intercity e Regionali in ogni angolo d’Italia, a sconti per i bambini, a gratuità per il trasporto di animali e per il trasporto di una bici pieghevole.

Lunga, inoltre, la lista degli eventi d’arte e degli spettacoli che offrono sconti e promozioni a chi abbandona l’auto per muoversi con il mezzo di trasporto pubblico green per eccellenza.

Tutte le offerte divise per regione sono consultabili a questo link.

Buon viaggio!

Camminare all’aria aperta

La primavera quest’anno è arrivata con un po’ di anticipo e con essa il desiderio di stare all’aria aperta.

Le strade iniziano a riempirsi di ciclisti, di runners ma anche di persone amanti delle passeggiate.

Indipendentemente dal tipo di attività praticata, il desiderio comune a tutti è quello di liberarsi dal torpore invernale oltre che mantenersi in forma.

Quale miglior modo per risvegliare il proprio corpo e la propria mente di camminare all’aria aperta e respirare in riva al mare o in montagna, lontano dallo stress quotidiano e dallo smog?

La camminata, inoltre, è un’attività fisica adatta a tutti perché non richiede grande preparazione, in quanto è un movimento innato nell’uomo.

Tanti sono i benefici che possiamo trarre dal passeggiare: nono solo fisici ma anche psicologici.

Questi benefici aumentano se la camminata avviene in ambienti montani.

I monti hanno la capacità di conferire tranquillità a chi ha la fortuna di poterle frequentare o addirittura viverci stabilmente.

Infatti essere circondati dalla natura, respirare aria con ossigeno rarefatto e pulito lontano dal caos e dallo smog cittadino, ascoltare il silenzio della montagna, è un’esperienza rilassante.

Un altro vantaggio della camminata in montagna è che è possibile praticarla sia da soli che in compagnia.

È uno tra gli sport più economici e che danno il massimo in termini di resa fisica.

È anche un modo per socializzare se praticato con altre persone che condividono la stessa passione per la natura.

Proprio questa passione e il desiderio di socializzazione sono alla base delle escursioni del Treno Trekking Ancona.

Si tratta di un’iniziativa, che si svolge da oltre vent’anni, che organizza escursioni in montagna servendosi di un mezzo ecologico e poco inquinante come il treno.

Le escursioni vengono svolte la domenica e quest’anno prendono il via il 23 aprile.

Possono essere di tipo turistico (T) e quindi adatte a tutti, anche i meno allenati, e di tipo escursionistico (E), quindi adatte a chi è più abituato alla camminata.

Il programma generale per tutto l’anno e quello specifico per le singole uscite è consultabile sul sito dell’Informagiovani di Ancona.

Perché Carnevale

Il Carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cattolica.

È tradizionalmente il periodo che precede la quaresima ed è festeggiato con feste mascherate, sfilate di carri allegorici, danze.

I festeggiamenti consistono spesso in pubbliche sfilate di elementi giocosi e fantasiosi; la caratteristica del carnevale è l’uso del mascheramento.

Esistono varie teorie sull’origine del nome “carnevale”.

C’è chi dice che derivi da car navalis, il rito della nave sacra portata in processione su un carro.

Secondo altri significa carnes levare (“togliere la carne”) o carne vale (“carne, addio”) e allude ai digiuni quaresimali, dato che il Carnevale si conclude con il martedì grasso, il giorno che precede, nei paesi cattolici, il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima veniva fatto divieto di consumare carne.

I festeggiamenti nel periodo del Carnevale hanno un’origine molto lontana.

Nei tempi antichi il Carnevale era la grande festa della fecondità della terra, che doveva svegliarsi dopo il sonno invernale e nutrire le mandrie, le greggi e gli esseri umani.

Il Carnevale univa riti di fecondità con l’allegria. Ridere sconfigge la morte e il lutto; secondo antiche tradizioni il riso, le danze e le burle sono collegate alla fertilità della natura e degli uomini.

Testimonianze documentarie farebbero risalire il carnevale già all’VIII secolo d.C. in concomitanza con i saturnali, festività della religione romana in cui ci si lasciava andare ai piaceri del cibo e del corpo.

Durante tutto il periodo dei saturnali si verificava un sovvertimento delle gerarchie e degli ordini sociali che portava allo scambio di ruoli e al camuffamento della propria identità.

Da qui l’uso delle maschere.

I maggiori festeggiamenti avvengono il giovedì grasso e il martedì grasso, ossia l’ultimo giovedì e l’ultimo martedì prima dell’inizio della Quaresima.

Ad Ancona il Carnevale è iniziato il 14 febbraio con i tanti eventi di “Aspettando El Carnevalò”.

L’evento conclusivo per la città di Ancona è la tradizionale sfilata in maschera “El Carnevalò” che si terrà domenica 5 marzo.

Evento imperdibile grazie al ricco e affascinante corteo mascherato che invade il cuore della città, con la partecipazione di gruppi da tutta Italia.

Madrine d’eccezione della XX edizione saranno le fatine Winx, le magiche eroine che hanno conquistato le bambine di oltre 150 paesi nel mondo.

Occhio ai saldi!

Come da tradizione, con gennaio arriva il periodo dei saldi.

I saldi invernali 2017 sono, infatti, partiti in quasi tutte le regioni d’Italia il 5 gennaio, ad eccezione di Sicilia e Basilicata che hanno dato il là alle lunghe passeggiate per le vie dello shopping e alle infinite file ai camerini già lunedì 2.

A variare sarà, invece, la data di chiusura che a seconda delle regioni andrà tra il 15 febbraio ed il 2 aprile; nelle Marche i saldi dureranno fino al primo marzo.

Gli acquirenti dietro le vetrine, iniziano ad agitarsi, vedendo l’affare a portata di mano, pronti ad accaparrarselo prima che se lo freghi qualcun altro.

Occorre stare però con gli occhi aperti e, più che badare alla % di sconto (che comunque non dovrebbe superare l’80%), guardare al prezzo finale e confrontarlo con altri negozi.

Nei giorni che precedono i saldi conviene fare del window watching, vale a dire andare a sbirciare tra le vetrine e segnarsi il prezzo dei beni a cui si è interessati. Così, allo scoccare dell’inizio delle svendite, si potrà verificare l’autenticità dello sconto praticato.

È bene sapere che l’acquisto di prodotti a saldo è regolato dal decreto legislativo n. 24 del 2002 su vendita e garanzia dei beni di consumo – difetto di conformita’ del bene – che va dalla riparazione, sostituzione della merce fino alla risoluzione contrattuale. Dove e’ dimostrabile, si puo’ ravvisare il reato di truffa, regolato dall’articolo 640 del codice penale.

Proprio per evitare questi rischi, le varie associazioni a tutela dei diritti dei consumatori (ADICONSUM, CODACONS, UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI, FEDERCONSUMATORI) hanno stilato un decalogo di regole per acquisti sicuri durante i saldi che si possono riassumere in queste seguenti:

  • confrontare il cartellino del prezzo pieno con quello ribassato;
  • controllare che i capi siano in buone condizioni
  • provare sempre i vestiti
  • evitare di acquistare capi privi di entrambe le etichette (quella di composizione e quella di manutenzione);
  • controllare che la merce in saldo sia quella stagionale;
  • la garanzia vale due anni dall’acquisto e quindi è consigliabile fotocopiare gli scontrini per evitare che sbiadiscano;
  • un negoziante convenzionato con la carta di credito è tenuto ad accettarla sempre.

Tenendo a mente questi utili consigli, i vostri acquisti saranno sicuramente più sicuri!

Solidarietà con Mani Tese: bastano poche ore

Magari bastasse un sogno, una buona intenzione per fare solidarietà; invece servono anche i fatti, servono soldi.

La forza dell’associazione Mani Tese sta proprio nell’ unire l’altruismo alla capacità di raccogliere denaro e utilizzarlo per progetti concreti.

Torna  “Molto più di un pacchetto regalo”, la campagna natalizia di sensibilizzazione e raccolta fondi rivolta alla clientela delle librerie La Feltrinelli.

L’iniziativa vuole sostenere i progetti di cooperazione internazionale nell’ambito della campagna “I exist” contro le schiavitù moderne.

Verranno supportati il progetto di prevenzione del lavoro minorile e di promozione dei diritti dei lavoratori dell’industria tessile in India, la realizzazione di un centro di accoglienza per bambini e bambine vittime di trafficking in Cambogia e la lotta al traffico di esseri umani attraverso l’istruzione e la salute in Bangladesh.

La campagna di solidarietà “Molto più di un pacchetto regalo” è giunta quest’anno alla sua decima edizione.

Si cercano oltre 5000 persone che abbiano voglia di trascorre un Natale diverso.

Sarà sufficiente dedicare un po’ del proprio tempo nelle librerie La Feltrinelli partner dell’iniziativa dal 3 al 24 dicembre 2016.

Il loro compito sarà quello di confezionare i libri e gli oggetti acquistati per i clienti delle librerie.

Ogni punto vendita avrà uno spazio dedicato a Mani Tese, dove i volontari, armati di carta regalo, scotch e decorazioni natalizie, raccoglieranno le offerte di coloro che si faranno impacchettare i regali acquistati.

Tutti possono partecipare alla campagna in qualità di volontari.

Gli unici requisiti richiesti sono di aver compiuto 16 anni e di poter offrire almeno 4 ore del proprio tempo.

Per diventare volontari occorre compilare il form on line indicando le proprie disponibilità di date e città.

Tra le città interessate c’è, come gli scorsi anni, anche Ancona.

#GUIDAeBASTA

Primo week end di luglio, che si fa? Ci si diverte e soprattutto si va in giro. E per girare l’auto rimane il mezzo più utilizzato da noi italiani: basta vedere le code in autostrada a partire da questo week end. L’auto, grande passione degli italiani. Come lo smartphone al quale dedichiamo sempre più tempo: telefonate, messaggi, post sui social network e quant’altro. Smartphone e automobile possono essere però un’accoppiata micidiale!

Lo dicono quelli che si occupano di traffico e, purtroppo, anche la cronaca. 48.524 sono state le infrazioni contestate nel 2015 per utilizzo di telefono o smartphone alla guida: il +20,9% rispetto all’anno precedente. Tra i principali fattori di distrazione vi è l’uso del cellulare alla guida per telefonare o per inviare/leggere messaggi nonché la maggior parte dei dispositivi di bordo (di navigazione, di intrattenimento ecc.). Diversi studi hanno confermato una generale sottovalutazione della distrazione come fattore di rischio da parte dei conducenti. Peraltro il fenomeno è in crescita parallelamente alla diffusione dell’utilizzo di dispositivi telefonici e di bordo che possono distogliere l’attenzione dalla guida.

La campagna #Guidaebasta, lanciata da ANAS e Polizia di Stato a cui abbiamo deciso di aderire anche noi,  lancia il messaggio forte: è arrivato il momento di dire che essere costantemente connessi non è sempre la cosa più giusta. Che è meglio non sentire i nostri cari per qualche ora, piuttosto che rischiare di non vederli più. Come dice anche LaPina di Radio DeejayNon casca il mondo se non rispondi: non muore nessuno, nel vero senso della parola. Insomma, diciamolo chiaro che quando guidi, devi guidare e basta”.  Con loro anche noi pensiamo che sia giunto il momento di rinfrescare la nostra educazione stradale, informare gli automobilisti sui rischi e sulle conseguenze delle cattive abitudini e del mancato rispetto delle regole.

Scattare un selfie: 14 secondi; consultare un social network: almeno 20. Se lo fate mentre siete alla guida l’effetto può essere fatale. A 100 km orari, si percorrono “al buio” una distanza pari a cinque campi da calcio. Avrai tempo di farlo quando sarete di nuovo fermi. Quando guidi, guida e basta!

Emozioni in foto

Il prossimo 9 giugno torneremo a parlare di immagini, fotografia e di come queste possono diventare un potente strumento per rappresentare le proprie emozioni. Lo faremo ospitano Emanuele Maggini, fotografo anconetano che ha realizzato un interessante progetto con il carcere. In anteprima sul nostro blog un’intervista che gli abbiamo fatto per capire meglio che cosa è successo.
Il tuo progetto ha portato la fotografia in carcere: ci spieghi meglio di cosa si è trattato?

La mia esigenza in quanto fotografo è sempre stata quella di trasmettere sensazioni ed emozioni,con la fotografia si ha la possibilità di rendere tangibile ciò che abbiamo dentro. Ho sempre desiderato fare qualcosa di buono per gli altri con la mia passione e con il mio lavoro,quindi ho deciso di portare la fotografia in un contesto molto particolare,in un contesto,ovvero il carcere, dove la fotografia è totalmente assente. È stata una sfida anche con me stesso che poi ha portato a risultati eccezionali anche grazie alla presenza costante di mia sorella Alice dottoressa in scende e tecniche psicologiche che ha dato un contributo enorme alla realizzazione di questo progetto. Si è trattato di uno corso settimanale con lezioni di due ore, dove è stata insegnata l’importanza della fotografia come mezzo di comunicazione in tutti i suoi aspetti ( racconto autobiografico, mezzo pubblicitario e come portavoce di contenuti inconsci) il tutto accompagnato da slide con esempi di fotografie tipo. Si è poi proseguito con l’insegnare la tecnica base della fotografia (tempi, diaframma, regola dei terzi, luci). Tutto quello che è stato imparato al corso i detenuti lo hanno messo in pratica, realizzando foto da loro progettate che potessero esprimere i loro contenuti.

Come mai hai pensato alla realtà carceraria? Nella tua percezione che tipo di stimolo,valore poteva avere la fotografia in quel contesto?

La mia esperienza personale e professionale mi ha portato alla consapevolezza di quanto la fotografia possa essere un potente mezzo per poter comunicare molto più di quanto possa essere detto. Ha il potere di poter esprimere contenuti scomodi e dolorosi di chi fotografa con eleganza e meno sofferenza e al tempo stesso la capacità di richiamare emozioni proprie in chi la guarda. Ho così pensato che potesse essere un valido sostegno farla entrare nella realtà carceraria. E che potesse offrire un valido ponte per tirare fuori l emotività di un utenza che ero sicuro avesse molto da comunicare e che poi potesse riavvicinare la comunità libera alla penitenziaria, avvolte questi due mondi sono così distanziati da stereotipi e pregiudizi che creano le vere sbarre della reclusione. Va aggiunto che secondo la costituzione il carcere è un sistema rieducativo e non mi dispiace l’idea che dopo questo corso teorico e pratico al quale ho rilasciato anche un attestato, finita la detenzione, qualcuno decidesse di fare buon uso di questa esperienza, appassionarsi a questa arte, così da farne un lavoro a tutti gli effetti.

Come è stato accolto dai detenuti il tuo arrivo? E la tua proposta?

La prima lezione è stata una di quelle più particolari, si avvertiva l’emozione ambo le parti, da parte mia sebbene avessi già sostenuto corsi importanti entrare nel contesto carcerario mi dava un mix di alte aspettative e paura, i ragazzi dall’altra parte erano incuriositi da questo corso innovativo mai fatto prima non avevano mai affrontato la fotografia in un contesto carcerario,alcuni di loro prima, e non sapevano cosa aspettarsi, abbiamo da subito appreso che il sistema detentivo lascia poco spazio alla comunicazione e che si erano iscritti a questo corso alla ceca senza sapere di cosa so trattasse ne con che modalità, hanno quindi iniziato a riempirci di domande e questo a facilitato il momento della presentazione, da lì in poi abbiamo instaurato immediatamente un bellissimo rapporto insegnantei-alunni che ci ha portato a collaborare in maniera eccezionale e professionale.

La fotografia nel tuo caso è stata un’esperienza artistica più che tecnica: possiamo dire che l’arte riesce a liberare le persone? In questo caso non hai corso il rischio di acuire ancor più il senso di libertà? Se ce stato questo rischio come lo avete superato?

La parte tecnica è stata fondamentale nell’insegnare a loro come poter utilizzare questo mezzo di comunicazione in maniera idonea, poi effettivamente la parte artistica è stata prevalente e molto più stimolante dato che il fine principe del progetto era di tirare fuori emozioni ed imprimerle in uno scatto. Il percorso per creare una foto è: concentrarsi su un pensiero, riflettere a fondo su di esso e imprimerlo. Progettando il corso io ed Alice abbiamo più volte riflettuto sul pericolo effettivamente di acuire il senso di perdita della libertà e abbiamo fatto molta attenzione ad usare immagini e parole che limitassero quanto più possibile questo pericolo. Ma l’arte è sinonimo di libertà di pensiero non fisica, e offrire loro un percorso che potesse restituirgli un po’ della loro individualità persa con l’entrata in carcere e la possibilità di comunicare anche contenuti indicibili è stata una cosa molto apprezzata dai detenuti. Abbiamo da subito compreso che la vera condanna non è la reclusione fisica ma lo smarrimento della propria personalità. Esistono celle di ferro ma anche delle prigioni mentali, l’offrire l opportunità di tirare fuori quello che avevo dentro dentro positivo o negativo, e poterlo raccontare oltre le mura, li ha secondo me per una frazione di secondo resi, veramente liberi.

In questo percorso sei stato coadiuvato da un dottoressa in scienze e tecniche psicologiche: quale è stato il suo contributo e quale, se possibile, la sua analisi dei risultati ottenuti?

Maggini Alice dottoressa in scienze e tecniche psicologiche ha contributo prettamente alla parte emotiva del corso. Il suo ruolo è stato finalizzato alla spiegazione della fotografia come veicolo di contenuti emotivi che in questo particolare contesto può rivelarsi strumento portavoce di sentimenti anche scomodi e dolorosi, ma che sono inevitabilmente presenti, anche se non detti, come anche di elementi positivi che esistono anche se si fatica a vederli in un contesto così duro e restrittivo. Portando poi i detenuti a far emergere questi sentimenti e individuando con il gruppo gli oggetti che potessero rappresentarli. Oggetti che poi sono stati utilizzati nel set e che i detenuti hanno utilizzato per le foto prodotte in still-life.
Alle luce di quanto emerso dalle foto prodotte la Dott.ssa Maggini Alice ritiene che l’ obiettivo del progetto sia stato raggiunto a pieno, considerando l’evolversi delle dinamiche di gruppo nelle varie fasi del progetto. Partito con un utenza che se pur ben disposta e pronta al dialogo è risulta nelle prime fasi palesemente in difficoltà a fermarsi su certi contenuti emotivi e non abituata a lavori che coinvolgono l’ emotività e che alla fine ha prodotto foto che raccontano di temi importanti come il rimorso, la solidarietà, la nostalgia e tanto altro. Particolarmente importante risulta il lavoro sul “tempo che scorre” tematica che come si può ben immaginare ha creato non poco disagio nel gruppo (utenza che nella maggioranza ha 10 e più anni di reclusione da scontare), argomento tanto fastidioso da essere considerato in prima istanza tabu e che alla fine del progetto risulta essere l’elemento principe della maggior parte delle foto.
Hai realizzato un corso di fotografia e quindi avevi un’aula anche se del tutto particolare; come è stato il rapporto umano con questi alunni? Cosa hai notato di diverso dalle altre aule.

Come ti dicevo prima,ho insegnato in molto corsi,con tantissimi partecipanti,non è stato poi cosi diverso a parte la presenza delle telecamere e le regole restrittive in cui ho dovuto giostrarmi. Ho trovato nell’utenza molta educazione e disciplina e soprattutto interessata e collaborativa, il rapporto è stato sempre insegnante-alunno come sempre faccio,in questo caso a maggior ragione ma ovviamente non sono mancate risate e momenti meno impegnativi dove poter scambiare due parole in tranquillità. Non sono mancati anche momenti di tensione soprattutto quando si è andati a toccare le emozioni che solitamente sono tenute al di fuori delle mura carcerarie e che come ci hanno più volte spiegato i detenuti se e quando emergono sono in questo contesto amplificate. Io e Alice ci siamo sempre concessi un momento di restituzione alla fine del corso dove io e lei discutevamo insieme su ciò che era emerso nella lezione, sui contenuti emotivi che ci portavamo via e su quale strategie adottare nella prossima lezione, siamo così riusciti a fronteggiare il tutto al meglio creando un bellissimo rapporto con la classe tanto che a fine corso per i saluti finali ci sono stati momenti toccanti conclusi con un arrivederci. I detenuti hanno pensato di salutarci scrivendoci delle lettere di ringraziamento da come ricordo per quanto abbiamo fatto insieme. È stata una cosa molto emozionante.

Ci puoi dire se questa esperienza ha cambiato il tuo modo di vedere la realtà carceraria e se si in quali termini?

Ho sempre pensato che il carcere debba essere rieducativo e non prettamente punitivo ,per molti di loro come ci hanno detto tramite lettere la punizione più grande è dentro di loro,quella di dover convivere con rimorsi e sensi di colpa. È stata un’esperienza molto intensa che mi ha portato a ragionare a fondo sulle conseguenze delle nostre azioni di tutti i giorni,sia piccole che grandi,sia positive che negative. Mi hanno fatto capire l’importanza della vista ,della libertà,della possibilità di scegliere,l’importanza di una carezza e il peso di uno schiaffo.

In che modo invece pensi possa essere stato utile per i detenuti?

Prima di tutto,la nostra presenza li ha stimolati a conoscersi, confrontarsi,a interagire con noi che venivamo da oltre le mura, hanno inoltre imparato un mestiere,che ovviamente in caso in un futuro lavoro come fotografo andrà rinforzato ma alcuni di loro hanno lasciato questa porta aperta per quando usciranno…e cosa più importante sono riusciti a tirar fuori ciò che avevano dentro con loro sorpresa,sono loro che hanno preso la reflex,calcolato la luce,creato il set e fatto lo scatto….creando delle vere e proprie opere che raccontano di loro. Secondo me sono stati straordinari.

Ci dici quali saranno i prossimi passi e come altre persone posso avvicinarsi a questa esperienza anche solo per conoscerla? E per conoscere i lavori fatti?

Certamente, abbiamo in previsione diverse mostre in tutte le Marche, partendo da Ancona ovviamente per poi fare altre tappe a Senigallia, Jesi ed altre città. Non saranno solamente mostre dove verranno esposte le foto dei detenuti ma faremo anche degli incontri aperti al pubblico dove io e Alice parleremo di questa straordinaria esperienza (l’appuntamento ad Ancona è per il 16 giugno nella sala dell’Informagiovani, in piazza Roma; ndr)

Che obiettivi può avere nel tuo futuro questa esperienza? Possiamo dire che ci sarà un continuo?

Una delle cose che ho capito ancor prima di iniziare il corso è che niente è impossibile,nonostante molti dicevano che non ci sarei riuscito per molte ragioni,quindi continuerò a portare avanti questo programma facendo altri corsi in tutta italia,ci hanno già contattato altri carceri per organizzare mostre,corsi ed incontri. Ho fatto della fotografia la mia disciplina,il mio stile di vita,ne ho ulteriore avuto conferma dell’importanza, quindi poterò sicuramente avanti altri progetti come questo. La cosa straordinaria è che questa esperienza ha formato loro quanto noi e vorrei ricordare che senza la disponibilità del Carcere di Montacuto,senza la determinazione e la voglia di cominciare dei detenuti con le loro stupende foto, tutto questo non sarebbe mai potuto accadere. Quindi ringraziamo tutti loro.

Vorremo infine ringraziarvi per questa bellissima intervista che ci avete fatto, per noi è stato importante il lavoro che abbiamo fatto dentro al carcere quanto riuscire a portarlo all’esterno, grazie ancora.

Come prendiamo le nostre decisioni?

Come mai alcune persone decidono di diventare imprenditori e altre no? Perché preferiamo rimandare (decisioni, lavori, impegni) piuttosto che fare quel che occorre? Come reagiscono le persone davanti a una perdita o a un guadagno? Cosa motiva in generale le persone? Come prendiamo le nostre decisioni? A queste domande e ad altre ancora cerca di rispondere una recente disciplina, chiamata neuroeconomia.

Il termine neuroeconomia deriva dall’unione di due discipline che possono sembrare distanti tra loro: la prima indica lo studio del cervello, del sistema nervoso e di come influenza ed è influenzato dall’ambiente che lo circonda. La seconda, invece, studia come due soggetti interagiscono tra loro, attraverso scelte più o meno razionali, utilizzando le risorse che possiedono o sono presenti nel loro ambiente.

L’obiettivo della neuroeconomia è capire come si comporta il cervello durante i processi di decisione. In particolare in quelli di decision making, quando nella scelta sono implicati fgattori economici: dalla semplice spesa in un supermercato, all’acquisto o vendita di un titolo azionario. Modi di agire che in linea di principio sono legati alla sfera economica, ma che effettivamente derivano da comportamenti spcifici del nostro cervello.

Questa disciplina si basa su strumenti, ormai sempre più diffusi, come il PET (Tomografia ad emissione di positroni https://it.wikipedia.org/wiki/Tomografia_a_emissione_di_positroni), la risonanza magnetica e altri strumenti di indagine del nostro cervello che permettono di capire come reagisce agli impulsi esterni.

Per esempio, sono stati realizzati alcuni studi su trader  professionisti e sulle emozioni che si scatenano durante le operazioni di borsa. È stato osservato che nei momenti cruciali delle decisioni si attivano nelle menti degli operatori due dinamiche di pensiero: quella emozionale e quella razionale. Spesso è la prima a predominare sulla seconda. Attraverso questi studi risulta chiaro che l’ansia è maggiore quando le variabili esterne sono impreviste. Prendere decisioni è sempre stata considerata un’attività razionale e consapevole, in cui l’individuo che decide agisce esclusivamente in base alla massimizzazione del proprio interesse. La neuroeconomia attraverso studi e ricerche mette questa convinzione in discussione, fornendo prova che nel momento in cui si prendono delle decisioni hanno molta importanza le esperienze, le emozioni e i processi mentali involontari.

Quante volte siete andati in ansia per una scelta difficile? Quante volte abbiamo pensato di fare la scelta sbagliata? Non preoccupatevi, rilassatevi: la neuroeconomia ci insegna che per quanti sforzi possiamo fare la nostra scelta non sarà mai perfettamente razionale.

(questo articolo è stato scritto da Ilaria Carrasso)

Volontariato, concime per la vita

La bella notizia è che il numero dei giovani che fanno volontariato è in crescita. In risposta a un’indagine Istat del 2010, che rivelava un aumento dei ragazzi cosiddetti “NEET” (inattivi), il CSVNET (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) ha riscontrato successivamente un netto aumento  di giovani volontari sia in Italia che in Europa.

Da ulteriori indagini è stato rilevato che più cresce l’età più ci si avvicina al volontariato: una ulteriore indagine rileva che i volontari in Italia sono più di 800mila ed il 22,1% di loro ha meno di trent’anni. Il dato è estremamente positivo ed incoraggiante, se pensiamo che ci troviamo in una società  caratterizzata da un profondo “individualismo”.

la sua parte forse l’ha fatta anche la politica europea che ha intitolato, per così dire,  il 2011 come l’anno europeo  del volontariato: l’intenzione era quella di promuovere il volontariato come integratore di coesione sociale e motore di sviluppo della  democrazia.

A distanza di cinque anni, sulla scia di quell’esperienza positiva, l’Unione Europea ha rafforzato il messaggio ponendosi altri obbiettivi su come migliorare le condizioni del volontariato: ci sono allo studio misure per  favorire il riconoscimento del lavoro dei volontari, sensibilizzare i cittadini sull’importanza ed il valore del volontariato, insistere sulla promozione partendo dalle scuole e dai centri di aggregazione giovanile.

Come per altre politiche ed azioni europee, il risultato auspicabile è quello di creare una sorta di una “spirale benefica”. L’idea è quella di accendere i riflettori su questo fondamentale concime per la società, attraverso campagne di informazione e promozione, la divulgazione, lo scambio di esperienze, l’organizzazione di eventi, convegni, manifestazioni.

In un momento di forte crisi, non solo materiale ma forse anche personale, di perdita di valori e fiducia in se stessi, il volontariato si presenta come una pietra preziosa su cui fondare la ricostruzione e il rilancio della società: perché favorisce la trasmissione di valori fondamentali, perché offre una risposta concreta ai problemi, perché stimola la crescita degli individui, perché rappresenta un incredibile aiuto per il prossimo.

Se questi temi hanno acceso un po’ del vostro interesse ma soprattutto trovano anche un po’ della vostra passione, all’Informagiovani potete muovere i primi passi: tra le cose che potete trovare nel materiale a vostra disposizione ci sono elenchi di associazioni e organizzazioni locali e internazionali, attività e servizi da svolgere, programmi di volontariato europeo, iniziative pensate appositamente per chi vuole dedicare tempo ed energie per aiutare gli altri. E forse anche se stesso. Che aspettate? Magari scoprite una porta che vi apre un mondo nuovo.

(questo articolo è stato scritto con il contributo di Edy Paccapeli)

Fare da soli

fare da soliUno degli obiettivi del nostro servizio è quello di aiutare i giovani a essere autonomi. Cosa vuol dire autonomia? I più preparati in lingua forse potrebbero indovinare la risposta che abbiamo in mente noi. Autonomia è una parola che ha origine dalle parole greche autòs e nomòs: così composte potremmo dire che il significato trasportato in italiano suonerebbe come “la capacità di darsi delle regole e saperle rispettare” (oppure libertà d vivere con le proprie leggi). Quello che ci interessa di questa definizione è che in realtà autonomia non significa “fare quello che ci fare” e nemmeno indica una libertà non meglio definita. Autonomia non è quindi la possibilità di fare la prima cosa che ci viene in mente senza rendere conto a nessuno. Si tratta invece di altro.

L’autonomia è la capacità di poter decidere quale sarà la nostra linea di comportamento, quale saranno le direttive che seguiremo, quale regole ci daremo per raggiungere un obiettivo. L’esempio più semplice e immediato lo abbiamo nel passaggio dalla scuola superiore all’università o al mondo del lavoro. Dopo la scuola, all’università, non troveremo più insegnanti che ci daranno compito e eseguiranno interrogazioni a sorpresa per vedere se abbiamo studiato: c’è un calendario degli esami, ti devi iscrivere a una sessione, nessuno ti obbliga e il prof non ti viene a cercare se non dai l’esame. Idem nel lavoro: una volta trovato non sarà il datore di lavoro e ricordarvi passo passo quello che c’è da fare, suggerirvi come farlo eccetera. L’unico controllo sarà quello di verifica: se la mansione non è svolta, probabilmente il vostro lavoro durerà poco. Questa autonomia è legata fortemente a un altro concetto, quello di responsabilità: in altre parole una volta autonomi, siamo i soli a rispondere delle nostre azioni.

Ma l’autonomia non serve soltanto a prendersi responsabilità, ma anche e soprattutto a imparare a fare cose da soli. Allora la nostra domanda è: quante cose facciamo da soli? Non solo nel senso che siamo in grado di farle, ma anche in quello che decidiamo di farle da soli e non i  compagnia. PEr esempio: quanti di noi vanno al cinema da soli? Quanti si concedono una serata di svago senza una compagine di amicizie fisse? “La questione non è se ci divertiremo di più facendo qualcosa con gli amici piuttosto che da che soli, ma riguarda invece quelle volte in cui non abbiamo nessuno con cui andare al cinema o mangiare in un ristorante, e ci sentiamo a disagio a farlo da soli anche se sappiamo che probabilmente passeremmo un momento piacevole” spiega Rebecca Ratner, professoressa di marketing alla Robert H. Smith School of Business (qui trovate un articolo de Il Post che ne parla). Siamo convinti che non ci divertiremmo perché siamo preoccupati di quello che penseranno gli altri a vederci da soli: inisce che rimaniamo a casa invece di uscire perché abbiamo paura che gli altri penseranno che siamo degli sfigati. Alzi la mano chi ha fatto lameno una volta un pensiero del genere.

Ma gli altri, in realtà, non perdono tempo a giudicarci o a preoccuparsi dei fatti nostri. Non se ne curano quasi per niente, a dire il vero. Ci sono molte ricerche che dimostrano quanto costantemente e regolarmente esageriamo l’interesse degli altri verso di noi. Il fenomeno è ben conosciuto e in psicologia ha anche un nome: l’effetto riflettore. Viviamo convinti che un faro ci illumini costantemente attirando su di noi le attenzioni degli altri.” Si tratta anche in questo caso di mancanza di autonomia? Forse si tratta di poca autostima mixata con un po’ di cultura che, almeno dalle nostre parti, la fa da padrone. Ma l’autonomia è anche la capacità di aere il coraggio e la forza di portare avanti piccoli e grandi obiettivi non perché ce li hanno dati gli altri, ma soprattutto perché ce lo siamo detti da soli. vedere un film che ci piace è sicuramente un piccolo obiettivo, am se non troviamo nessuno che viene a vederlo con noi che facciamo? Se rinunciamo forse è un piccolo cedimento della nostra capacità di fare da soli: senza esagerare in azioni solitarie, qualche volta potremmo scegliere che vedere il film che ci piace è più importante di farlo con qualcuno. Se davvero ci piace gran parte del divertimento e del piacere starà nel vedere le scene, non nell’avere qualcuno che conosciamo seduto lì a fianco.

Scrive ancora la Ratner: “il modo migliore per liberarsi dell’imbarazzo di fare cose in pubblico da soli è probabilmente farle di più; abbiamo bisogno che le regole cambino un pochino. Abbiamo bisogno di persone convinte che divertirsi da soli sia una cosa figa e coraggiosa. Qualcuno deve iniziare questa nuova tendenza“. Volete voi essere i primi? Potrebbe essere una figata.