Articoli

parla per te

Parla per te

Farsi accompagnare a colloqui di lavoro da un genitori, amici o fidanzati non è una buona idea, e di questo hanno parlato in tanti, tra gli addetti ai lavori e non solo. Ma lasciare qualcun altro parlare per noi è garanzia, se non altro, che non verremo presi sul serio.

Andiamo per ordine, e cominciamo con un consiglio: se non potete fare a meno di farvi accompagnare (sappiamo quanto premurosi e protettivi siano i vostri genitori e i vostri compagni di vita), dovete lasciarli fuori dall’edificio, e sicuramente lontano dalla stanza nella quale incontrerete il vostro selezionatore o possibile datore di lavoro. Mandateli a prendersi un caffè e una brioche al bar vicino, rassicurateli che ve la caverete (perché vi siete preparati, giusto?) e che li contatterete una volta completato il colloquio o l’incontro.
I consigli e il supporto dei vostri cari sono importanti, ma c’è un momento in cui solo voi potete fare la differenza.

Vediamo ora quali sono i motivi per cui è importante sforzarsi di andare da soli a un colloquio, ma anche presso uffici e agenzie per il lavoro, dal punto di vista di chi si trova dall’altra parte:

maturità e autonomia Sono due caratteristiche molto ricercate, quando non date per scontato. Chi vi valuta per un lavoro (ma anche chi vi incontra per darvi consigli, orientamento, suggerimenti per la ricerca di lavoro) vuole parlare con voi direttamente, e capire che percorso avete fatto fino a quel momento, che prospettive, obiettivi e interessi avete. Il modo in cui lo raccontate è importante quanto il contenuto, anzi, fa parte del contenuto.

competenze comunicative Come le due nominate sopra, sono tra le cosiddette soft skill, o competenze trasversali, importanti praticamente per qualsiasi ambito lavorativo. Come si fa a capire se sapete comunicare adeguatamente (e comprendere informazioni o indicazioni), scegliendo il giusto registro, tono e vocabolario adatto al contesto? Per non parlare dell’italiano, ma questa è un’altra storia. Oltre all’ovvia necessità di verificare questa capacità per tutte le professioni al pubblico, vale la pena di ricordare che non ci sono solo i clienti, ma anche i colleghi, i superiori, i partner commerciali, i mezzi di comunicazione tradizionali e i social media aziendali. Sarete inclusi in un sistema di comunicazione più o meno complesso, e anche qui il modo di esprimersi e relazionarsi agli altri è importante.

affidabilità, motivazione e interesse per il colloquio. Gestire la propria routine lavorativa non è cosa che si possa affidare a qualcun’altro, ognuno è responsabile degli impegni che si prende e di ciò che vuole o non vuole fare come lavoro (ne abbiamo parlato anche qui). Far parlare qualcuno al posto vostro inoltre da l’impressione che siate stati spinti a presentarvi dalla persona che parla, e quindi che il tempo dedicato al colloquio è perso, in quanto non siete veramente interessati ad essere lì.

Insomma, se il lavoro sarà il vostro, sta a voi occuparvene. Poi potrete raccontare come sono andate le cose, confrontarvi con i vostri famigliari e amici sulle informazioni ricevute, sulle vostre aspettative, su ciò che vi ha sorpreso, spiazzato o entusiasmato. Ma solo dopo, in separata sede.

Un ultima considerazione, questa volta dal vostro punto di vista: come fate a essere sicuri che chi parla al vostro posto sappia esattamente quello che volte, che cercate, che vi interessa sapere?
La probabilità di trovarsi in imbarazzo per ciò che viene detto su di voi è molto alta, come quella di dare la disponibilità per lavori che non vi interessano affatto, o per i quali non vi sentite adatti.
Questo è uno dei motivi per cui vi invitiamo a scrivere personalmente il vostro cv, senza affidarvi ad altri.

E poi, come abbiamo spesso ripetuto, c’è solo un’occasione di fare una buona prima impressione: giocatevela da protagonisti!

Lavoro, parliamone

lavoro parliamoneQuando cerchiamo lavoro sono molte le cose a cui dobbiamo fare attenzione: la redazione di un buon cv, una strategia attenta e curata per la scelta del nostro obiettivo professionale, la costruzione di una rete di contatti che possa essere costruttiva ed efficace ed infine una nostra presentazione complessiva che sia performante. Che cosa intendiamo per presentazione e come riusciamo ad ottenere questo risultato?

Per presentazione intendiamo qualsiasi azione e comportamento che porta a presentare agli altri quello che siamo e quello che facciamo: si va dalla stretta di mano fino ad un ipotetico elevator pitch. Si tratta in buona sostanza di fare comunicazione e farla bene. L’esperienza più comune, condivisa e forse più intensa di comunicazione per quel che riguarda il mondo del lavoro probabilmente la facciamo quando affrontiamo il colloquio di lavoro. Ma ci sono anche altri momenti in cui il nostro modo di comunicare è importante: quando incontriamo una persona nuova, se dobbiamo presentarci in un contesto diverso, se siamo chiamati a parlare in pubblico. In tutti questi casi dovremmo tenere presente alcuni aspetti fondamentali per fare una buona impressione.

Impariamo a gestire la nostra comunicazione cominciando dal vocabolario: facciamo attenzione alle parole che utilizziamo, a come scegliamo di descrivere cose che ci appassionano ed anche quelle che non ci piacciono. Per esempio: non rispondere mai ad una domanda cominciando con “no”. Fateci caso, capita soprattutto quando ci vengono chieste spiegazioni su qualcosa che ci riguarda: “Di cosa ti sei occupato/a mentre alvorari per l’impresa X?”. Risposta: “No… ero addetto/a…”. Quella negazione all’inizio probabilmente è una brutta abitudine ma in un’interpretazione meno letterale racconta un atteggiamento poco propositivo e convinto. Due lettere che vi mettono già tra i “perdenti”. Altro esempio. Quando spieghiamo qualcosa e non abbiamo certezza che chi ascolta abbia chiara la nostra spiegazione chiedere “capito?” è molto diverso da “sono stato abbastanza chiaro/a?”. Nel primo caso, anche non volendolo, ci mettiamo in una posizione si superiorità (la maestra con l’alunno), nel secondo caso in una posizione di disponibilità. Sono piccoli particolari ma che si possono notare con facilità.

Altro fondamentale. Raccogliamo e ci accorgiamo dei feedback del nostro interlocutore? Riusciamo a capire quando sta seguendo quello che diciamo, se è interessato, annoiato, partecipe o combattivo? Questo è un aspetto molto importante perché non solo ci aiuta a definire meglio quale sia l’atteggiamento di chi abbiamo di fronte, ma allo stesso tempo ci permette di raccogliere segnali per cambiare la nostra comunicazione e, se necessario, differenziare i nostri argomenti. Per capire quanto e come l’attenzione del nostro interlocutore è attiva si possono cercare conferme intercettando lo sguardo, chiedendo conferma alle nostre affermazioni o facendo domande.

Da ultimo: che toni utilizziamo? Parliamo forte o piano? Velocemente o lentamente? Abbiamo mai provato ad ascoltarci? Se per esempio siamo abituati a fare un lavoro in pubblico davanti a molta gente tenderemo, anche in colloquio interpersonale, ad avere un volume alto, a volte troppo per una stanza di pochi metri quadrati. Qualche volta può capitare anche che parliamo velocemente per la fretta (ansia) di dire molte cose come se la quantità di argomenti corrispondesse alla qualità degli stessi. Cambiamo strategia e scegliamo di dire meno cose con maggior tranquillità: un passo che potrebbe aiutarci anche nella scelta degli argomenti più efficaci.

Se volete un consiglio per una prova pratica provate questo: scegliete un argomento (per esempio la presentazione del vostro profilo professionale), parlatene a voce alta e registratevi. Nel riascoltarvi provate a vedere se sui fondamentali che abbiamo illustrato 🙂