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alternanza scuola lavoro estero

Alternanza scuola lavoro all’estero

Da qualche anno l’esperienza di alternanza di scuola lavoro è diventata parte integrante del percorso scolastico, e interessa tutti gli studenti degli ultimi tre anni delle secondarie superiori.
L’alternanza scuola lavoro ha l’obiettivo di formare gli studenti non solo dal punto di vista tecnico, dei contenuti relativi alle materie e al settore studiati, ma anche dal punto di vista delle capacità personali e relazionali, sempre più importanti sia per il lavoro che per la cittadinanza attiva.

Il monte ore da svolgere in alternanza scuola lavoro va dalle 200 alle 400 ore, distribuite sugli ultimi tre anni di scuola, a seconda del tipo di istituto e di percorso di studi, e va programmato in base alle esigenze formative dello studente.

La bella novità è che si potranno utilizzare per l’alternanza scuola lavoro anche le esperienze all’estero, svolte durante l’anno scolastico ma anche durante le vacanze. In questo modo si mira a potenziare tutte quelle competenze di autonomia e capacità di relazionarsi in ambiti interculturali, che emergono come indispensabili per poter vivere nell’attuale contesto di un mondo allargato e poter beneficiare di tutti i vantaggi che offre.

Le scuole potranno prevedere e organizzare dei percorsi di alternanza scuola lavoro all’estero, collegati e coerenti al percorso formativo degli studenti , e metterli a sistema, amplificandone il valore attraverso attività di condivisione con il resto dell’istituto.

Per capire meglio come potrà funzionare l’alternanza scuola lavoro all’estero, capire come organizzarla e osservare delle esperienze già realizzate, stiamo organizzando un evento dedicato, in collaborazione con International House – The Victoria Company di Ancona, per il prossimo 15 novembre, qui all’Informagiovani!

Vi aspettiamo per scoprire le nuove possibilità offerte dall’alternanza lavoro all’estero!

Un mercato del lavoro competitivo

Il mondo del lavoro è molto competitivo. Talmente tanto che la definizione di mercato di lavoro è diventata, col tempo, sempre più azzeccata. Perché, nel tempo, anche l’idea di mercato è cambiata. Mi ricordo che fino a qualche tempo fa facevo questo esempio nelle scuole quando dovevo spiegare la dinamica di domanda e offerta nel mondo del lavoro. Dicevo agli studenti di immaginare il mercato del lavoro come un mercato reale, quello con le bancarelle, in cui il loro obiettivo era quello di presentare a tutti al meglio la propria “merce” (competenze) perché non avrebbero saputo in anticipo quale tra i passanti sarebbe stato il loro cliente.

Era un modo come un altro per raccontare con una metafora come fossero importanti non solo gli invii dei curriculum, ma anche tutto il lavoro di relazione, comunicazione e, in sintesi, di costruzione della reputazione di se stessi. Oggi quel mercato si è un po’ affollato, popolato della gente più diversa: tra le “bancarelle” c’è più concorrenza, competizione, nascono nuove proposte. Ma anche tra chi va al mercato per acquistare (assumere) ci sono delle differenze rispetto al passato. La ricerca del personale si è fatta più elaborata grazie, per esempio, a internet e i social media. Questo rende il tutto molto più veloce e anche più ricco di informazioni.

Se state cercando lavoro questa cosa rappresenta una grande opportunità, perché siete nella condizione di conoscere molti aspetti del mercato del lavoro prima di metterci i piedi. I siti aziendali vi informano sulle attività e sulle esigenze delle imprese, i forum vi possono dare consigli e suggerimenti di chi ha partecipato a percorsi di selezione già conclusi, i social media vi possono far conoscere chi già lavora in un determinato contesto. Oggi voi potete così personalizzare e arricchire la vostra offerta di competenze (la bancarella) con molte cose e sfruttare molti consigli.

Sui consigli però bisogna fare attenzione e scegliere chi ascoltare. Rammentate l’adagio “non accettare caramelle dagli sconociuti”? Più o meno siamo nella stessa situazione. Per esempio circola la notizia che ci sono imprenditori che non trovano lavoratori perché si presentano candidati poco adeguati (come si legge in questo articolo de IlSole24Ore) o altri perchè i ragazzi interpellati preferiscono fare tardi la sera piuttosto che andare a lavorare la mattina (l’articolo in questo caso è di Leggo). Se frequentate poi una piattaforma come Linkedin, il social network professionale, trovate una serie storie sparse che un po’ di ansia la mettono: persone rimpiazzate in 10 minuti, candidati trattati come dei Rambo che devono essere pronti a tutto, giovani che dovrebbero avere una disponibilità 24/7 anche per un lavoro di ufficio. Dunque è vero che il mercato del lavoro è diventato così competitivo che dobbiamo rispondere a qualsiasi esigenza? No. La selezione è sicuramente più dura che qualche tempo fa, ma la soluzione non è quella di mostrarsi disponibili alla qualunque. E i giovani, magari voi che state leggendo, avete la stessa dignità e lo stesso valore (perlomeno umano) di chi vi sceglie. Dovete proporvi in maniera avvincente, non svendervi in maniera indecente. E questo sarà un valore anche per chi vi sceglierà per costruire insieme a voi una professione e un’azienda. Lo spiega meglio in questo articolo anche Osvaldo Danzi, recruiter professionista; ci ricorda anche che “La selezione del personale è un investimento alla pari in cui entrambe le parti devono dare e ricevere con equilibrio

tirocini

Tirocini extra curriculari

I tirocini formativi e di orientamento rappresentano una delle modalità per accedere al mondo del lavoro, una forma d’inserimento temporaneo dei giovani, al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro per agevolare le scelte professionali attraverso la conoscenza diretta del mondo produttivo. I rapporti che i datori di lavoro privati e pubblici hanno con i soggetti da essi ospitati non costituiscono rapporti di lavoro.

Si possono distinguere in due categorie: i tirocini curriculari ed extra curriculari.

I primi sono inseriti in programmi di alternanza scuola-lavoro o legati alle attività di istituti professionali, inclusi nei piani di studio dell’Università e degli istituti scolastici sulla base di norme regolamentari, esperienze previste all’interno di un percorso formale di istruzione o di formazione.

I tirocini extra curriculari: previsti e realizzati a favore di coloro che hanno appena completato il percorso formativo, neo-diplomati o neo-laureati, o che appartengono a fasce deboli al fine di agevolare le scelte professionali attraverso la conoscenza diretta del mondo del lavoro e la creazione di un’opportunità concreta per acquisire una specifica professionalità.

Le linee guida sottoscritte il 24 gennaio 2013 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome  di Trento e Bolzano forniscono un quadro di riferimento comune a tutte le Regioni indicano alcuni standard minimi di disciplina. La Regione Marche, con DGR n. 1134 del 29/07/2013, ha approvato i nuovi principi e criteri applicativi per i tirocini extra curriculari. Il materiale relativo è disponibile e scaricabile dalla pagina Tirocini della Regione Marche.

Con la delibera regionale si ribadisce che il tirocinio viene definito come una misura formativa di politica attiva, non configurata come rapporto di lavoro, finalizzata a creare un contatto diretto tra un soggetto ospitante e il tirocinante allo scopo di favorirne l’arricchimento del bagaglio di conoscenze, l’acquisizione di competenze professionali e l’inserimento o il reinserimento lavorativo.

Di conseguenza i soggetti coinvolti sono: il tirocinante (disoccupato iscritto al CIOF e che non ha avuto precedenti rapporti di lavoro con il soggetto ospitante), il soggetto promotore ( Centro per l’impiego Ciof, Agenzia di lavoro, Cooperative sociali, Enti di formazione), soggetto ospitante (datori di lavoro privati e pubblici che non potrà realizzare più di un tirocinio con il medesimo tirocinante) e tutor.

Le tipologie di tirocinio previste sono quattro:

La prima, con finalità orientativa e formativa, è finalizzata ad agevolare le scelte professionali e l’occupabilità dei giovani nel percorso di transizione tra la formazione (scuola/università/formazione professionale) e lavoro, attraverso una formazione a diretto contatto con il mondo del lavoro. I destinatari sono le persone che hanno conseguito un titolo studio negli ultimi dodici mesi.

La seconda tipologia riguarda i tirocini di inserimento o di reinserimento al lavoro,  rivolti principalmente a disoccupati, persone in mobilità e inoccupati, ma attivabile anche in favore di lavoratori in cassa integrazione, sulla base di specifici accordi in attuazione delle politiche attive del lavoro per l’erogazione degli ammortizzatori sociali.

La terza tipologia riguarda i tirocini di orientamento e formazione o di inserimento e reinserimento in favore di persone svantaggiate (legge n. 381/91) nonché richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale.

La quarta tipologia riguarda i tirocini di orientamento e formazione o di inserimento e reinserimento in favore di persone con disabilità (ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge n. 68/1999).

Le novità più rilevanti introdotte sono relative alla: durata massima, attestazione dei risultati, indennità minima e monitoraggio.

La durata massima dei tirocini è di 6 mesi, comprensiva delle eventuali proroghe e al netto di eventuali sospensioni per maternità, malattia lunga o infortunio. Per i soggetti svantaggiati e per i disabili è previsto che la durata possa essere rispettivamente di 12 e 24 mesi.
Al termine del tirocinio il soggetto promotore, anche sulla base della valutazione del soggetto ospitante, dovrà rilasciare al tirocinante un’attestazione dei risultati sulla base di uno schema previsto dalla delibera regionale, specificando le competenze acquisite con riferimento ad una qualificazione prevista; qualora il tirocinante abbia partecipato ad almeno il 75% della durata prevista dal progetto formativo l’esperienza di tirocinio dovrà essere registrata sul libretto formativo del cittadino.

A tutti i tirocinanti dovrà essere corrisposta un’indennità per la partecipazione al tirocinio di importo non inferiore a 350,00 euro lordi mensili, al superamento della soglia del 75% delle presenze mensili stabilite dal progetto formativo.
Inoltre  la Regione Marche promuoverà un monitoraggio per analizzare le caratteristiche anagrafiche e professionali dei tirocinanti, la diffusione dei tirocini a livello regionale e i risultati occupazionali post tirocinio.

I soggetti ospitanti possono accogliere tirocinanti, in proporzione alla loro dimensione: un tirocinante con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra zero e cinque; due tirocinanti con un numero di dipendenti a tempo indeterminato compreso tra sei e venti; tirocinanti in misura non superiore al dieci per cento con un numero di dipendenti a tempo indeterminato superiore a ventuno.

Per cercare opportunità di tirocini segnaliamo alcuni dei siti da poter consultare:

Cliclavoro (tra le news in home page), siti aziendali, siti dei Centri per l’impiego (Ciof), sportello stage, repubblicadeglistagisti, lavoro e stage.

Inoltre consigliamo di iscrivervi alla newsletter della formazione per non perdere alcuna opportunità.

È nel lavoro il senso della vita?

Sul tema del lavoro, c’è un libro uscito quest’anno di un noto sociologo italiano (Domenico De Masi) che si intitola “Lavorare tutti, lavorare gratis” che pone, tra le altre, una questione importante in questi tempi in cui la disoccupazione sembra non essere più di tanto arginabile: perché pretendere un comportamento e un’etica ritagliati sul lavoro quando il lavoro viene negato? Il libro non l’ho letto, l’ho comprato da poco ve ne renderò conto più avanti, ma già il titolo mi ha riportato alla mente un pensiero che mi frulla in testa da tempo. Mi chiedo sempre più spesso se ciò che restituisce senso e significato alla nostra vita sia quasi esclusivamente il lavoro.

Una possibilità diversa ci può essere ed è ben spiegata in questo articolo comparso sul The Guardian. La considerazione da cui parte lo storico Yuval Noah Harari è simile a quella di De Masi e a pensarci bene è abbastanza semplice: il lavoro a cui ci siamo abituati per tanto tempo sta scomparendo; quello inteso come fatica, impegno, energia profusa a fronte di una ricompensa sembra manifestare tutte le caratteristiche di una crisi profonda. L’intelligenza artificiale, l’automazione robotica, la digitalizzazione di molti processi oltre a fornire vantaggi economici, elidono mano a mano un sacco di lavori. Le “macchine” (che termine novecentesco!) stanno sostituendo l’uomo ma ancor di più: gli algoritmi stanno imparando a fare cose che faceva l’uomo. La questione non è, come scrive, Harari, creare nuovi posti di lavoro ma creare posti di lavoro che gli uomini possano fare meglio degli algoritmi.

Il passaggio successivo della riflessione è: ma se ci tolgono il lavoro che cosa facciamo? E, oltre alla necessità di trovare una soluzione materiale per la sopravvivenza, come reagiamo se scompare un pezzo così importante della costruzione della nostra identità, sociale e individuale? Avrà ancora senso l’articolo 1 della nostra Costituzione che recita “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”? A me piace la “soluzione” che propone Harari perché mi fa sperare che il lavoro non sarà per sempre il nostro punto di riferimento. A sostituire il lavoro nel dare senso alla nostra vita sarà la nostra capacità di occupare mente e cuore in attività che ci possano gratificare come accade con il lavoro, che ci coinvolga e ci appassioni a tal punto da farci sentire contenti e soddisfatti. L’unica capacità che abbiamo e può aiutarci in questo è la stessa che ci fa credere in una religione così come ci coinvolge in un videogame: è la nostra immaginazione. Il significato della nostra vita è generato dalla nostra immaginazione, non dal nostro lavoro. Che ne pensate?

lavoro europa over35 ReAct

ReActivate, lavoro all’estero per over 35

Finalmente un progetto dedicato a chi non ha più 20 anni e si sente spesso tagliato fuori dalle mille opportunità rivolte ai più giovani.
Tra le iniziative ideate e cofinanziate dall’UE c’è il programma di mobilità per lavoro ReActivate, studiato appositamente per facilitare i lavoratori con più di 35 anni che vogliono spostarsi all’interno dello spazio europeo.

ReActivate presenta molte delle caratteristiche del programma gemello Your first Eures job, creato per favorire la mobilità per lavoro dei giovani under 35 e arrivato quest’anno alla sua quinta edizione. ReActivate prevede una serie di servizi e di finanziamenti per i candidati interessati, che si possono ottenere iscrivendosi al programma.

I servizi offerti riguardano il supporto preparatorio e orientativo, per esempio per la redazione del cv e della candidatura, o per lo sviluppo delle competenze professionali necessarie a trovare un buon impiego all’estero (ad esempio attraverso un corso di formazione).
Ma non solo: si può disporre anche di un supporto finanziario per poter realizzare il proprio progetto di mobilità in uno dei 28 paesi dell’Unione europea.

Ecco quali sono nel dettaglio le voci per cui è possibile ottenere un aiuto economico.

  • spese di viaggio per andare a sostenere un colloquio: i candidati che hanno ricevuto un invito a presentarsi di persona per un colloquio possono ricevere una cifra forfettaria a rimborso delle spese di viaggio sostenute.
  • indennità di trasferimento in un altro paese: nel momento in cui il candidato riceve una lettera di assunzione e deve quindi riorganizzare la propria vita nel nuovo paese, può ottenere un assegno per le prime spese da affrontare.
  • formazione linguistica: anche se si ha una conoscenza base o intermedia della lingua del paese in cui ci si trasferisce, potrebbe essere necessario, per inserirsi più velocemente nel nuovo ambiente di lavoro, rafforzare le competenze linguistiche. Il programma ReActivate può finanziare un breve corso mirato.
  • riconoscimento delle qualifiche: per poter accedere al posto di lavoro per cui si è stati scelti  spesso è necessario dimostrare di avere i titoli giusti. Per farlo si deve procedere al riconoscimento della qualifica professionale, che include la traduzione del titolo e un processo di valutazione del percorso fatto. Il programma ReActivate fornisce un supporto finanziario anche per questo.
  • assegno di trasferimento supplementare: nel caso in cui i candidati esprimano bisogni particolari legati alla loro condizione personale ( rispetto a salute, contesto socio-economico o fattori geografici) possono beneficiare di un supporto economico supplementare per il trasferimento all’estero.

Per maggiori informazioni sul funzionamento del programma e sull’accesso alle opportunità offerte da ReActivate, passate a trovarci all’Informagiovani Eurodesk o contattate direttamente un referente EURES.

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Lavoro autonomo: il futuro è laggiù?

Darwin docet: sopravvive solo chi si adatta meglio all’ambiente e ai suoi cambiamenti. Ovviamente, questo vale anche per il multiforme ecosistema del lavoro.

Al netto di quei mestieri che vanno scomparendo in quanto poco appetibili per le nuove generazioni (tra questi ci sono impieghi perlopiù artigianali, come quello di produttore di poltrone e divani, pellicciaio e falegname) ce ne sono molti altri che la tecnologia ha cancellato o modificato al punto da farli diventare irriconoscibili, e non tutti siamo pronti a quello che si sta prospettando sempre più chiaramente nel futuro. Una cosa è certa, soprattutto secondo il  World Economic Forum: il 65% dei bambini che frequentano oggi le scuole elementari svolgeranno lavori che oggi non esistono, alcuni dei quali non riusciamo nemmeno a prevederli.

Ma cos’è che si vede all’orizzonte? Poche ma fondamentali certezze.

Punto primo, già ampiamente dibattuto: il lavoro da dipendente a tempo indeterminato, quello alla Fantozzi fatto di cartellini e fughe da centometrista all’orario di uscita, sarà solo un ricordo per le nuove generazioni; il futuro ci vede come soggetti sempre più attivi e impegnati, più formati e qualificati, ma soprattutto sempre più competitivi. Sembra una prospettiva angosciante, ma in realtà ci viene chiesto solo di essere più consapevoli, in poche parole, meno dipendenti e più autonomi.

E una delle chiavi sembra stare proprio qui: il fatto che sempre più aziende preferiscano avvalersi, invece che dei classici dipendenti, di consulenti esterni, ha fatto sì che molte delle nuove professioni stiano fiorendo proprio nel contesto del lavoro autonomo, in alcuni ambiti più che in altri.
Uno su tutti è ovviamente quello del digitale: quasi superfluo nominarlo, in quanto può essere paragonato al cavallo che traina la carrozza del futuro e quindi del futuro del lavoro; l’infiltrazione sempre più importante della tecnologia nelle nostre vite e in quella delle imprese richiederà un numero sempre maggiore di figure in grado di gestire non solo “il mettere in rete” di un’azienda (dove per “mettere in rete” si intende una moltitudine di cose: dall’avvio di un e-commerce alla gestione efficace dei social, dalla creazione di materiale pubblicitario che sfrutti tutte le potenzialità dell’on-line allo spostare alcuni dei servizi in modalità cloud) ma anche il loro restarci in modo efficace, senza perdersi nell’insidioso oceano del web.
IT security manager, sviluppatore di app, community manager ed esperto di SEO saranno alcune delle figure lavorative più richieste e molte di queste lavoreranno in modo autonomo; al momento per voi sono parole che significano niente? Allora date un’ occhiata qui.

Il progresso tecnologico di questi decenni ha ovviamente “aggredito” tutti o quasi gli ambiti lavorativi, trascinandoli in quella che può essere tranquillamente definita come la quarta rivoluzione industriale; quindi è del tutto ovvio ritenere che la tendenza della sostituzione della tecnologia alla manodopera nei processi produttivi (e non solo) non farà che accrescersi, spazzando via entro pochissimi anni, ben 5 milioni di posti di lavoro tra le prime 15 economie del pianeta.

Di fianco ai nuovi mestieri che nascono nel grembo dell’ Information Tecnology e che volenti o nolenti, saranno tra i pochi a salvare le nuove generazioni dalla disoccupazione, cammina un altro modo di lavorare, che non si deve fare l’errore di pensare sia in contrasto con l’avanzata del digitale: quello dei mestieri artigianali, una nicchia di lavoro (quasi sempre autonomo, per l’appunto) in cui si possono esprimere competenze legate alla creatività e a un “saper fare” che molto difficilmente potranno essere sostituite dalle macchine. Pasticcere, falegname, meccanico, orafo, sono solo alcuni dei lavori di cui stiamo parlando e che spesso vengono messi in secondo piano soprattutto dai giovanissimi (o forse dalle loro famiglie?) credendo siano poco redditizi, mentre un altro dei segreti del lavoro del futuro è quello della nicchia di mercato e della specializzazione, caratteristiche che, nemmeno a dirlo, vanno molto d’accordo con il mestiere artigiano.

Se, oltre a ciò che abbiamo appena presentato, si unisce il fatto che il lavoro autonomo e/o imprenditoriale sta fra le prime scelte dei Millenials che vedono nel diventare imprenditori una delle soluzioni per affrontare il mondo del lavoro esprimendo le proprie competenze e specializzazioni (e titoli di studio), è facile provare a intuire che questo potrebbe essere il modo di lavorare del futuro.

Anche se accostare le parole lavoro e futuro, in questo periodo di transizione tra due modi quasi opposti di intendere il lavoro, getta addosso alle spalle una copertina di ansia, è importante tenere sempre in mente che quasi tutti abbiamo le potenzialità per rinnovarci e se necessario ricostruirci, sempre sfruttando e facendo tesoro del percorso che ci ha portato a sviluppare alcune abilità e caratteristiche.

Potreste cominciare, per esempio, scoprendo cosa offre il mondo della formazione!

 

 

Affidabilità e lavoro

Questo articolo potrebbe intitolarsi “Perché tanti non trovano lavoro?” e parla di piccoli banali comportamenti che molti tengono regolarmente e che garantiscono il mancato accesso a un buon posto di lavoro. Per non parlare del passaparola, che in contesti piccoli come il nostro è molto rilevante.

Troverete sul web decine di articoli (tutti utili e validi) pieni di consigli su come prepararsi, come vestirsi, cosa dire e cosa non dire, come gestire il linguaggio del corpo e come salutare, ma qui parleremo di quella qualità, l’affidabilità, che è indispensabile prima di tutto il resto, per essere presi in considerazione da un datore di lavoro.

Dall’esperienza acquisita in anni di attività organizzate qui all’Informagiovani e dal confronto con numerosi datori di lavoro locali, emerge che molte persone, che pure si sono dichiarate in cerca (a volte urgentissima) di lavoro, di fatto non sembrano proprio interessate nemmeno a sostenere un colloquio.

Ecco i comportamenti che vi tagliano fuori dal mercato del lavoro (o che tagliano fuori i vostri figli, nipoti, amici):

Non rispondere alle telefonate
Avete inviato il vostro cv con i vostri contatti a diverse aziende, agenzie, banche dati: se il numero che avete dato è corretto (e capita che non lo sia), poi dovreste anche rispondere al telefono, anche se il numero che compare non è dell’amico o della mamma.
Nel caso in cui non abbiate sentito, o vi troviate impossibilitati a rispondere, è buona abitudine richiamare dicendo “Sono Tizio, ho ricevuto una chiamata da questo numero, potrei sapere chi mi ha cercato?”. Ricordatevi che a meno che non siate programmatori altamente specializzati o artisti di fama internazionale, nessuno vi richiamerà più volte.

Non saper chiedere maggiori informazioni o non saper rifiutare l’offerta
Siete al telefono con un possibile datore di lavoro: è il momento di valutare se è il caso di andare a fare il colloquio. Per far questo vi servono alcune informazioni di base: di che azienda si tratta, per che tipo di lavoro vi contattano, e quali sono i requisiti richiesti.
Chiedete con educazione queste informazioni e i contatti di chi vi sta chiamando, poi decidete cosa fare: se siete convinti che non fa per voi, rifiutate gentilmente e salutate, sarà per la prossima volta. Niente è più irritante di chi si assicura interessatissimo e disponibile, e poi scompare (vedi capitolo sotto).

Non presentarsi al colloquio
Dopo aver concordato un appuntamento, organizzatevi per andarci, altrimenti non ci arriverete, o non ci arriverete in tempo (arrivare puntuali significa essere già sul posto per l’orario concordato).
Assicuratevi di aver capito dove dovete andare (dovete farlo almeno il giorno prima): nonostante pensiate di conoscere la vostra città, ci sono zone e vie dove non siete mai stati, e ci metterete più del tempo che impiegate di solito per i vostri spostamenti.
Nel caso in cui siate costretti a non andare per qualche urgenza, è indispensabile contattare l’azienda il prima possibile (e non mezz’ora dopo il vostro appuntamento) e avvertire. Non aspettate che vi chiami chi sta attendendo il vostro arrivo: oltre a dimostrarvi inaffidabili, passerete da maleducati, e avrete chiuso con quella azienda, e non solo. Tra l’altro, il messaggio che arriva al vostro interlocutore è: se non vi presentate nemmeno al colloquio, figurarsi se poi avrete tempo e modo di andare a lavorare ogni giorno.

Ecco, l’affidabilità è tutto questo: essere in grado di rispettare un impegno preso, valutare le proprie capacità e interessi, rispondere ai contatti indicati in tempi adeguati.
L’affidabilità è anche saper gestire i piccoli inconvenienti che possono accadere a tutti, senza lasciare in difficoltà il nostro interlocutore, o fargli perdere tempo inutilmente.

Non è poi così difficile, basta organizzarsi un po’ e ricordarsi che il tempo degli altri vale (almeno) quanto il nostro.

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Licenziamento: come uscirne (quasi) indenni

Trovare IL lavoro, si sa, è impresa ardua, e come se non bastasse capita anche di dover fare i conti con una realtà ancora più avvilente: quella del licenziamento.

Dato che il lavoro, meta delle strade che abbiamo scelto di percorrere (o che in alcuni casi abbiamo intrapreso senza troppa consapevolezza), plasma la nostra identità, ci definisce come cittadini e, ultimo ma non meno importante, ci fornisce una fonte di reddito, quando si riceve il benservito è facile scivolare nell’apatia e mettere in discussione se stessi; la tentazione di sentirsi completamente inadeguati è molto forte e può diventare una sorta di autentico lutto, soprattutto per quelle situazioni lavorative che si credevano consolidate.

Il periodo di crisi economica, insieme alla realtà che continua ad avanzare verso nuovi modi di concepire il lavoro, non potevano che lasciarsi dietro scie di dispersi, ma ciò non significa che non ci si possa “ritrovare”.  Dal canto nostro, vogliamo darvi alcuni consigli:

Non perdete tempo: dopo il licenziamento è normale sentirsi svuotati e con la sola voglia di piangersi addosso, ma questo è il momento in cui è più che mai vietato lasciarsi andare.
Datevi giusto qualche giorno per superare lo shock iniziale, poi dedicatevi alla cura del vostro curriculum, aggiornatevi e studiate i modi più innovativi per scriverlo – qualche idea possiamo darvela anche noi – cimentatevi nella creazione di un video cv e visionatene molti per prendere spunto (e anche per divertirvi un po’: alcuni, come questo, sono delle vere e proprie chicche).
Imparate a scrivere una lettera (o meglio, una mail) di presentazione e impegnatevi a migliorare la vostra formazione: che si tratti di un nuovo hobby o di veri e propri corsi atti a sviluppare una qualche competenza o addirittura a ottenere una qualifica professionale, non fatevi sfuggire l’occasione di imparare e, conseguentemente, rendervi più appetibili per il mondo del lavoro. Se vi serve qualche spunto, provate a dare un’occhiata alla nostra sezione sui corsi di formazione.

Create un piano con delle scadenze: sul filone del punto precedente, il nostro consiglio è sostanzialmente quello di non lasciarsi andare al “caos”. Rispettare una di tabella di marcia da voi ideata, con i vostri tempi e gli obiettivi che desiderate perseguire, vi aiuterà ad affrontare con una sorta di paracadute il salto tra la realtà scandita da ritmi ben definiti, come quella della maggior parte degli impieghi e il periodo di vacanza-che-vacanza-non-è (non lasciatevi ingannare) nel quale vi siete vostro malgrado ritrovati.

Fatevene una ragione: sono molte le cause per le quali si può ricevere la famigerata lettera di licenziamento. Esclusi i motivi per i quali sospettate sia stato leso qualche vostro diritto (in questo caso un’altra raccomandazione: agite! Non fatevi scoraggiare da fantomatiche spese da sostenere o tempi lunghissimi. Provare almeno a informarsi potrebbe svelare che situazioni apparentemente irrisolvibili possono essere dipanate più o meno con facilità), ciò è dovuto anche al fatto che il mondo del lavoro è diventato molto più fluido rispetto a qualche anno fa: dandoci un po’ da fare con la metafora, si è passati dall’impiego-roccia, al quale si poteva restare abbarbicati più o meno per tutta la vita, al lavoro-acqua, multiforme, che richiede molta più capacità di adattamento e che, soprattutto, difficilmente resterà sempre uguale a se stesso e soprattutto sempre LO stesso.
Prendere coscienza di ciò può dare la forza di reinventarsi e di sviluppare delle abilità o competenze che magari erano state tralasciate e che possono invece rivelarsi necessarie per affrontare il mondo del lavoro attuale, sempre più “smart” e orientato all’ IT.

E per ultimo ricordate: anche noi possiamo aiutarvi! Che siate alla ricerca di un nuovo lavoro dopo aver perso il precedente o che dobbiate trovare il vostro primo impiego, o che magari stiate vagando alla ricerca della vostra strada in seguito a una crisi esistenziale, venite a trovarci! Possiamo aggiornarvi sulle ultime opportunità, confrontarci con voi e consigliarvi sulle vostre idee.

Non perdete l’occasione di scoprire nuove possibilità!

I voucher tornano sul mercato

Aboliti a marzo (decreto legge n. 25/2017), i nuovi “voucher” sono stati reintrodotti sul mercato a partire dal 10 luglio scorso.

La legge di conversione del decreto 50/2017, approvata in Senato il 15 giugno scorso, introduce la “nuova disciplina delle prestazioni occasionali”.

La novità principale è dovuta alla differente modalità di ricorso al lavoro occasionale a seconda della natura giuridica del committente (persona fisica, azienda o pubblica amministrazione).

Il libretto di famiglia (Lf) e il contratto di prestazione occasionale (Cpo) sono le due formule, rivolte rispettivamente a famiglie e imprese, approvate dal governo per il pagamento dei lavori occasionali.

Le famiglie possono utilizzare i voucher per pagare lavori come le pulizie domestiche, le ripetizioni scolastiche, il giardinaggio o piccole manutenzioni.

Non si userà più il buono cartaceo che si comprava in tabaccheria; infatti ora il datore di lavoro verserà con un F24 una somma nelle casse dell’Inps e avrà un conto da cui provvederà a pagare le prestazioni entro il giorno 15 del mese successivo.

Il libretto famiglia, gestito on line dall’INPS, è un deposito prepagato contenente dei buoni del valore di 10 euro (8 euro netti), ognuno dei quali potrà essere utilizzato per pagare solo un’ora di lavoro.

Le imprese che possono ricorrere al contratto di prestazione occasionale sono solo le micro imprese, cioè quelle con non più di 5 dipendenti e tutti assunti a tempo indeterminato.

Non possono utilizzare i voucher, invece, le imprese dell’edilizia, quelle del settore minerario e lapideo e le imprese vincitrici di appalti sia di opere sia di servizi.

Ogni datore di lavoro può spendere in voucher, tra tutti i collaboratori che paga in questo modo, fino a un massimo di 5.000 euro in un anno.

Il costo orario è diverso da quello dei collaboratori familiari ed è di 9 euro.

Indipendentemente dalle ore effettivamente svolte, l’importo del compenso giornaliero non può essere inferiore alla misura minima fissata per la remunerazione di 4 ore lavorative, ovvero 36 euro.

Sia che si tratti di una famiglia sia che si tratti di un’impresa, chi paga in voucher da oggi deve iscriversi sul sito dell’Inps o attraverso il call center dell’istituto previdenziale.

Anche il lavoratore deve registrarsi sullo stesso sito e dichiarare come preferisce essere pagato: sul conto corrente, dichiarando l’IBAN; su una carta di credito, su un libretto postale o con un bonifico a domicilio.

Il voucher prevede l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e il pagamento dei contributi volontari nella gestione separata.

Allo stesso tempo il lavoratore pagato con voucher ha dei limiti allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Può guadagnare al massimo 5000 euro in un anno attraverso lo strumento del voucher e può lavorare al massimo per 2 datori di lavoro. Questi redditi non sono tassati ai fini Irpef, ma contribuiscono al calcolo del reddito necessario per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno e non modificano lo status di disoccupato.

Può svolgere al massimo 280 ore in regime di voucher in un anno.

La mancata osservazione dei limiti imposti per legge comporta delle sanzioni.

Continueremo a tenervi aggiornati sull’argomento.

Il lavoro che ci sta a cuore

Che cosa ci fa stare bene nel nostro lavoro? La risposta meno nobile, forse più immediata è “lo stipendio”. Quanto guadagniamo è (troppo) spesso il metro di misurazione della nostra felicità. Ci siamo abituati così soprattutto da quando abbiamo cominciato a trovare soddisfazione nelle cose che compriamo più che nelle esperienze che viviamo. E, si sa, per comprare le cose servono i soldi.

Altri, in maniera più nobile, potrebbero dare come risposta la possibilità di mettere in campo le proprie competenze, di sviluppare la propria professionalità; certamente è uno degli obiettivi che possiamo darci quando lavoriamo ma io credo che non sia sufficiente. Può bastare per il primo periodo, per superare tutta una fase iniziale in cui è più quello che impariamo di ciò che possiamo dare. A un certo punto della propria carriera professionale, seppur frammentata oggi tra esperienze e luoghi diversi, viene da chiedersi un intimo e grande: “perchè”?

Ecco, la risposta a quel perché non può essere trovata solo in noi stessi, dobbiamo allargare l’orizzonte e provare a capire se il senso del nostro lavoro può risiedere anche in altro. Credo (ma non ne sono sicuro perché non è il mio mestiere) che questo senso o motivazione ulteriore, per esempio, un medico lo possa trovare nel guarire le persone, un ricercatore o uno scienziato nel far progredire l’umanità, un insegnante nell’educare. Ma tutti gli altri? La risposta, in parte, si può trovare in questo aneddoto, tornato alla ribalta pochi giorni fa. Quando John Fitzgerald Kennedy visitò la Nasa, vide un uomo delle pulizie con una scopa in mano e gli chiese cosa stesse facendo. L’uomo gli rispose: ‘Signor Presidente, sto contribuendo a mandare un uomo sulla luna’. Avere uno scopo è quella sensazione di appartenere a qualcosa di più grande di noi, di essere necessari, di lavorare per qualcosa di meglio. Lo scopo è ciò che crea la vera felicità.

L’aneddoto è tornato in auge alla notizia che Facebook, secondo un’indagine del sito Grassdoor, risulta essere una delle aziende più apprezzate da chi ci lavora o vuole lavorarci. Il motivo fondamentale, secondo il fondatore del sociale network, è che chi sta in Facebook sente di appartenere a un progetto e a uno scopo che va oltre il denaro, le proprie competenze, la propria persona. Intervistato, un ingegnere di Facebook afferma che “la cosa davvero interessante è che siamo motivati costantemente a risolvere i problemi che ci stanno più a cuore”.

Credo che fare e impegnarsi per le cose che ci stanno più a cuore sia anche il segreto per costruire la propria carriera professionale fin dall’inizio, da quando andiamo a scuola o affrontiamo l’università A volte può sembrare paradossale, altre ci sembrerà di sprecare tempo, altre ancora penseremo che ci stiamo dedicando a qualcosa che è un passatempo e non un lavoro. Ma, sul lungo periodo, occuparci delle cose che maggiormente amiamo sarà un successo.

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Smart Working: come il futuro ci renderà lavoratori intelligenti.

Cosa viene in mente quando si pensa alla parola ” lavoro “? Diciamoci la verità, la maggior parte di noi si figura la classica scrivania sotto la quale dover tenere i piedi dalle 9.00 alle 18.00, o comunque un posto in cui ci si deve recare fisicamente e in cui si deve restare per un periodo  prefissato di tempo.

Il suo opposto (ma è anche molto più di questo) si definisce invece Smart Working.
Ma partiamo dall’inizio: cosa significa Smart Working?

Ringraziando il super smart blog Medium, riportiamo testualmente la definizione che ne dà: ” Lo Smart Working è una pratica che si sta diffondendo sempre di più nelle società che operano nei cosiddetti Knowledge Works, o lavori di ingegno. Cioè tutti quegli ambiti lavorativi (grafica, design, sviluppo software, consulenza) che si basano, prevalentemente, sull’ uso del proprio cervello coadiuvato da strumenti digitali e software e che non hanno necessità, se non saltuariamente, di accedere a strumentazioni fisiche vere e proprie […] “.

Questa nuova (almeno in Italia) forma di lavoro – che dal mese di maggio è ufficialmente regolamentata e tutelata dallo Stato – si regge su alcune caratteristiche:

  • È flessibile: lo smart worker utilizza gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione per lavorare non più solo in ufficio – e nemmeno più solo in casa, perché smart working e telelavoro non sono sinonimi!- ma ovunque ci sia la possibilità di praticare il cloud computing (che, detto in maniera molto povera, sta a significare l’utilizzo di servizi in modalità remota grazie a software e spazi di archiviazione accessibili ovunque, con una semplice connessione Internet. Per chi vuole saperne di più, ecco maggiori info) quindi bar, biblioteche, spazi di coworking e chi più ne ha più ne metta.
    Flessibilità è anche quella oraria: con lo smart working i vincoli di orario perdono un po’ del loro significato, mentre assume molta più importanza il lavorare per un progetto o per un obiettivo.
  • Ha bisogno del supporto di alcune tecnologie: quella del cloud computing, come appena visto, ma anche quella delle mobile business application, applicazioni cioè che consentono di gestire completamente il lavoro, dalla customer relationship management alla logistica, a prescindere dal luogo in cui ci si trova.
    Inoltre, dato che lo smart working vive all’interno della dinamica aziendale e non può prescindere da questa, saranno necessarie tecnologie che consentano la comunicazione e il contatto tra colleghi in maniera costante e praticamente istantanea anche se non ci si trova fisicamente negli stessi luoghi: da qui si comprende quanto sia importante la tecnologia del social computing, cioè della connessione tra individui in rete.

Insomma, lo Smart Working sembra rappresentare il futuro, un futuro che con l’aiuto della tecnologia sta creando un lavoro sempre più agile, snello, connesso, – smart – se si vuole utilizzare l’invidiabile efficacia della sintesi anglosassone. Un lavoro che, pur restando inserito all’interno di una dinamica aziendale, “dona” una libertà abbastanza simile a quella del libero professionista.

Ma il cambiamento che forse non salta agli occhi è sicuramente quello più importante: fatti fuori i vincoli di orario e di presenza in una sede fisica, l’asse portante della definizione di “lavoratore” si sposta dai doveri di tempo e presenza in un dato luogo, a quello di maggiore responsabilità che il lavoratore, grazie alle sue nuove libertà dovrà assumersi, in quanto, ovviamente, la mancanza di “vincoli” non deve impattare sulle performance richieste dall’ azienda.

La direzione intrapresa quindi, sembra proprio quella che renderà i lavoratori più consapevoli e orientati al risultato, piuttosto che al tempo, e anche se questa rivoluzione (perché tale è la portata del cambiamento) non sarà immediata, non dovrà trovarci impreparati, soprattutto chi nel mondo del lavoro dovrà vivere ancora per molti anni.

Dal canto nostro, vi aspettiamo all’Informagiovani, dato che il nostro spazio è utilizzabile anche per lavorare!
Che siate degli smart worker in cerca di un luogo tranquillo o un aspirante libero professionista che ha bisogno di un posto ben attrezzato in cui cercare ispirazione e iniziare a muovere i primi passi, ma anche se fate parte di un gruppo di studio o di persone con in mente un progetto da far decollare, venite a trovarci durante i nostri orari di apertura, perché diventare smart è più facile di quanto sembra!

autovalutazione-competenze

L’autovalutazione delle competenze: viaggio tra realtà e immaginazione.

Quante volte abbiamo letto, detto o sentito: “Se non sei tu il primo ad apprezzarti, non pretendere che lo facciano gli altri”?

Mentre questo è vero per alcune persone, altre non hanno bisogno dell’incoraggiamento della frase sopra citata, in quanto sono fin troppo “abili” a percepirsi come super: in sostanza, l’errata valutazione di se stessi e delle proprie competenze è all’ordine del giorno.

Senza andare a disturbare l’ Effetto Dunning-Kruger – una distorsione del pensiero dalle conseguenze talvolta esilaranti che porta a credere di avere conoscenze e abilità delle quali si è invece totalmente privi o quasi – capita spesso di non riuscire a valutare con la necessaria freddezza ed oggettività le proprie competenze (che, ricordiamo, consistono in quell’insieme di conoscenze ed esperienze tali da permettere di svolgere una certa mansione con risultati efficaci. Niente che si possa improvvisare, insomma).

Quando accade che siamo un po’ troppo benevoli con noi stessi la cantonata è dietro l’angolo e se non si è abbastanza pronti a riconoscere i propri limiti per ridimensionarsi e migliorarsi le cose non potranno che peggiorare; paradossalmente (oppure no?) è stato dimostrato proprio dai due psicologi Dunning e Kruger che la non consapevolezza delle proprie voragini è quasi sempre accompagnata da una assoluta sicurezza nell’atteggiamento, solidità e alta valutazione delle proprie competenze.

Altrettanto drammatica è la situazione inversa: quella dell’insicurezza che porta a sottostimare le proprie capacità (soprattutto in relazione agli altri) e che fa sentire non all’altezza di una determinata prova o situazione, fino ad arrivare a dei blocchi che causano una autentica e costante infelicità.

Ma lasciandoci alle spalle questi due estremi, alla maggior parte delle persone capita di oscillare tra momenti di fiducia nelle proprie abilità e altri in cui si ha l’impressione di trovarsi di fronte a delle prove (esami, colloqui) insormontabili.

Quindi come si fa a raggiungere il Nirvana della giusta percezione delle proprie competenze?

Come tutte le cose belle e durature, dietro c’è sempre tanto lavoro da fare: in questo caso, solo lo studio e la relativa pratica fanno sì che alla fine quelle competenze le facciamo nostre sul serio e sappiamo anche valutarne il livello; questo perché solo sapendo come si fa un certo lavoro si è in grado di sapere se lo si sta svolgendo bene o male.

Lo studio e la pratica daranno inoltre il La per un’altra questione fondamentale, che è quella del confronto con gli altri: se si è in grado di tenere sempre occhi e mente aperti, si potrà mettere in moto quel circolo virtuoso (e sottolineiamo virtuoso!) di confronto con i nostri colleghi e aspiranti tali, dai quali possiamo sia imparare come svolgere al meglio una certa mansione, che acquisire gli strumenti per valutarci in relazione a loro.
Insomma, l’unico modo per non perdere il contatto con la realtà e precipitare in uno dei due estremi è quello di stare sempre a contatto con gli altri, soprattutto di chi potrebbe saperne più di noi.

E voi, come valutate le vostre competenze?

Vi aspettiamo all’Informagiovani  per aiutarvi ad acquisire gli strumenti necessari a valutarsi correttamente e per darvi consigli su come arricchire il vostro bagaglio di esperienze, conoscenze, abilità, insomma di competenze necessarie a non farsi trovare mai più (inconsapevolmente) impreparati!

Riforma dell’università, lavoro ed Europa

Proprio in questi giorni sono usciti alcuni articoli sui risultati della riforma del sistema universitario avviata quasi 20 anni fa, che ha portato il percorso di molti corsi universitari ad essere articolati in due livelli. Il nuovo sistema, basato su due cicli di studi universitari, prevede la conclusione degli studi dopo 3 anni, e la possibilità di specializzarsi poi con ulteriori 2 anni di studio.

Come per altre iniziative e riforme avviate come membri dell’Unione Europea, il nostro sembra essere un atteggiamento passivo, come se l’avessimo fatto solo perché “ce lo chiede l’Europa”.
Vale la pena di ricordare un paio di cose che ci possono aiutare a capire meglio la situazione ed eventualmente a beneficiare dei cambiamenti avvenuti.

Primo: perché lo abbiamo fatto?
La riforma del sistema universitario rientra nel processo di Bologna, un impegno che gli stati membri, tra cui l’Italia, si sono presi per raggiungere degli obiettivi di occupazione e sviluppo a beneficio di tutti i cittadini europei (avrete sentito parlare degli obiettivi di Europa 2020). In particolare, la riforma di cui parliamo oggi è la progressiva omogeneizzazione dei sistemi di istruzione (che non significa avere corsi identici e perdere la nostra specificità).

Secondo: quali sono i risultati che si vogliono ottenere?
La riforma è stata introdotta per facilitare la mobilità degli studenti in Europa, il riconoscimento degli studi fatti e delle conoscenze acquisite (con il sistema dei crediti), per facilitare l’accesso ai corsi di specializzazione che ci interessano di più e che magari vengono offerti in università di altri paesi.
Questo nuovo sistema inoltre mira a rendere più facile e veloce il riconoscimento dei titoli professionali in un paese diverso da quello in cui si vuole lavorare, magari perché ci sono migliori opportunità nel nostro settore.

Fin qui, tutto chiaro. Come mai allora non tutto è risultato in un sistema universitario efficace e nel miglioramento delle condizioni generali del mercato del lavoro, strettamente legato al livello di educazione dei lavoratori?
I fattori sono sicuramente molti e interagiscono tra loro in modo complesso. Possiamo comunque osservare alcuni dati che ci riguardano e che fanno un po’ di luce sul modo in cui abbiamo messo in pratica questa strategia.

Nonostante siamo tutti membri dell’UE, i governi nazionali restano responsabili dei loro sistemi di istruzione e formazione, e le singole università organizzano i rispettivi programmi di studio in autonomia.

Sulle performance del nostro sistema universitario, come osservato anche negli articoli usciti (se si arriva a leggere dopo la prima frase) pesano alcuni fattori “nostrani”. Per nominarne alcuni: un alto numero di abbandoni e di fuoricorso, tagli ai fondi destinati all’istruzione e alle università, e lo spirito di autoconservazione delle università stesse, cioè la difficoltà nell’elaborare corsi di studio adeguati alla durata triennale e alla competizione internazionale.

A questo panorama si aggiungono altri elementi, che incidono negativamente sulla bilancia della nostra crescita, come il peso marginale ancora riconosciuto alle donne nel mondo del lavoro, nonostante il fatto che si laureino di più e meglio. Aggiungiamo anche una cultura del lavoro ancora molto poco basata su merito e risultati.

Allora, qual è la buona notizia?
La buona notizia è che oggi ci possiamo laureare in 3 anni invece che in 4, e questa laurea equivale a quelle rilasciate in altri paesi. Questo significa che abbiamo accesso a tutte le opportunità per laureati, anche fuori dell’Italia. Inoltre con la laurea triennale abbiamo un titolo valido per iscriverci, senza limitarci all’offerta locale, al corso di specializzazione che preferiamo, che risponde di più alle nostre esigenze formative, e che riteniamo più valido e innovativo.

Domande? Perplessità? Cercherò di rispondervi da qui: europa@informagiovaniancona.com

Come lavorare in ristoranti e alberghi

Come ogni anno la richiesta che arriva più o meno in massa in questo periodo è quella relativa alla ricerca di un lavoro per l’estate. Cercano lavoro gli studenti che vedono la fine (più o meno) delle lezioni, i ragazzi e le ragazze che vogliono mettere da parte qualche soldo per realizzare un proprio desiderio; cercano lavoro anche tutte quelle persone che non hanno ancora trovato una situazione lavorativa stabile e sanno che durante l’estate le occasioni possono essere maggiori in contesti turistici come quello in cui viviamo.

Insomma, a dispetto delle aspettative, gli ultimi giorni prima della piena estate, possono essere quelli in cui si può approfittare di occasioni last-minute nel mondo del lavoro. Una di queste occasioni è sicuramente l’evento che abbiamo organizzato in collaborazione con HR staff solution (questa la loro pagina Facebook) in calendario per il prossimo 30 maggio. HR staff solution è un’iniziativa di tre giovani provenienti dal mondo della ristorazione. Il loro obiettivo è quello di mettere in contatto chi sta cercando lavoro nel settore Ho.Re.Ca. (hotel, restaurant e catering, ndr) con gli operatori del settore (bar, ristoranti, alberghi, caffetteria e tutti i posti in cui ci sia bisogno di preparare e servire pasti al pubblico). Nel farlo mettono in campo la loro consocenza del mercato, l’esperienza maturata come operatori del settore e anche la garanzia di un livello di qualità per entrambe le parti (datore e prestatore di lavoro). L’offerta prevede sia lavori di carattere più duraturo, come può essere il lavoro stagionale, ma anche esperienze più brevi come quelli di lavoro extra.

Che cosa accadrà il prossimo 30 maggio? Ci sarà l’occasione di conoscere meglio e più da vicino le attività di HR staff solution: saranno presenti i fondatori di questa iniziativa che presenteranno le figure che stanno cercando e le posizioni ancora aperte per le quali ci si può candidare. A loro potrete rivolgere domande e chiedere chiarimenti sugli aspetti della proposta e il contenuto di lavoro e mansioni offerte. Ma non finisce qui! Perché durante l’evento sarà possibile candidarsi per le posizioni per le quali è aperta la ricerca e fare subito un primo colloquio di selezione. Alcuni di voi potrebbero essere scelti fin da subito per lavorare! In un’unica occasione avrete la possibilità di entrare in contatto con gran parte del mondo fatto di ristoranti e alberghi senza la necessità di doverli contattare singolarmente o andare a caccia di annunci di lavoro singoli.

Che cosa fare per approfittare?

  1. vai all’indirizzo informagiovaniancona.com/horeca e prenota il tuo posto (è gratuito ma i posti sono limitati!)
  2. prepara il tuo cv nel migliore dei modi e stampane una copia (se non sai come farlo chiedi a noi o vieni a trovarci!)
  3. segna in agenda l’appuntamento: martedì 30 maggio alle 16.30 presso l’Informagiovani

Potrebbe essere l’occasione che aspettavi da tempo, non mancarla! Ti aspettiamo !

Attenzione: per partecipare alla selezione è necessario essere maggiorenni

In Danimarca per lavoro

La Danimarca ha un mercato del lavoro flessibile, che al tempo stesso offre numerose garanzie ai lavoratori, e un tasso di disoccupazione stabile intorno al 6%, più basso rispetto alla media UE (in Italia ufficialmente siamo attorno al 12%). Nonostante la dimensione ridotta del paese, la Danimarca è la patria di multinazionali di successo, come la Lego, che sono costantemente alla ricerca di lavoratori qualificati da inserire nel proprio staff.

Secondo l’ultimo World Happiness Report, i danesi sono tra i popoli più felici al mondo: tra gli elementi che incidono maggiormente sul benessere delle persone risulta fondamentale la condizione lavorativa e l’equilibrio tra lavoro e vita privata, che in Danimarca è molto importante.

Ci sono davvero buoni motivi per considerare questo paese come meta possibile per i vostri progetti futuri!
Ecco alcune cose da sapere subito, e facili indicazioni che vi posso dare dopo aver avuto un incontro sul tema con Helena Nielsen, una referente Eures danese, ospite ad Ancona in occasione dell’International Career Day.

Le figure professionali più ricercate sono quelle nei settori dell’IT, della robotica, dell’impiantistica per riscaldamento e condizionamento, delle biotecnologie e della sanità, ma ci sono opportunità anche per lavoratori specializzati dei settori della ristorazione e delle costruzioni.

Il cv, come sempre, è molto importante, e i selezionatori sono molto attenti a quello che ci inseriamo.
E’ consigliabile indicare lo stato civile, inserire una foto e dedicare cura particolare nella descrizione del Personal Profile, nel quale indicheremo le nostre competenze professionali ma anche le nostre qualità personali e sociali.

Anche alla lettera di accompagnamento, o covering letter, va dedicata molta attenzione, perché i selezionatori la considerano una fonte di informazioni di fondamentale importanza. La covering letter rivela quanto a fondo ci siamo informati sull’azienda, se abbiamo letto con la dovuta attenzione l’annuncio pubblicato, e per valutare la nostra motivazione a candidarci per quella posizione.

E’ consuetudine, in Danimarca, telefonare in azienda per sapere se la posizione è ancora disponibile e per valutare velocemente con il responsabile della selezione se è il caso che ci candidiamo, nel caso avessimo dei dubbi sulla nostra preparazione o sulle nostre esperienze.
Per quanto riguarda il colloquio di lavoro, a differenza da quanto siamo abituati a fare, è importante essere preparati a rispondere a domande relative al compenso desiderato per quella posizione.

Tutte queste informazioni e molti buoni consigli potete trovarli sul sito WorkinDenmark, molto ben fatto e dedicato ai lavoratori stranieri. Vi consiglio, per cominciare, i brevi tutorial sulla candidatura di lavoro.
Dal sito WorkinDenmark potete anche partire per la ricerca di una offerta adatta al vostro profilo, per trovare i servizi dedicati al lavoro, per avere indicazioni su come trovare e contattare le maggiori aziende del paese.
Vi ricordo inoltre che la rete Eures, servizio pubblico e gratuito per la mobilità dei lavoratori in Europa, è a vostra disposizione per informazioni personalizzate e aggiornate.
E se siete giovani, intraprendenti e pronti a partire, c’è anche il programma di sostegno e finanziamento Your First Eures Job!

Corpo europeo di solidarietà, si parte!

Sono già all’opera i primissimi partecipanti al Corpo europeo di solidarietà, creato per coinvolgere i giovani europei in azioni di sostegno, aiuto e collaborazione in situazioni di necessità, e allo stesso tempo con lo scopo di costruire una società più inclusiva, prestare aiuto a persone vulnerabili e rispondere ai problemi sociali attualmente più pressanti.

Ai giovani partecipanti il Corpo europeo di solidarietà offre anche la possibilità di vivere un’esperienza formativa, ispiratrice e arricchente, a contatto con operatori professionisti del settore sociale e in contesti in cui sperimenteranno la possibilità di portare aiuto e fare la differenza.

Abbiamo già parlato di come funziona il Corpo di solidarietà, istituito dalla Commissione Europea a dicembre 2016, ma nel corso degli ultimi mesi sono state definite meglio le modalità di partecipazione delle organizzazioni che possono aderire e contattare gli iscritti e sono state messe a punto le modalità operative dell’iniziativa, per la vera e propria attivazione delle esperienze.

Partendo dalla banca dati del Corpo infatti le organizzazioni accreditate, cioè che hanno aderito alla missione e ai principi del Corpo e che garantiscono attività di qualità, possono contattare i giovani iscritti e proporre loro di partecipare ad un progetto in qualità di volontari, tirocinanti o lavoratori. A marzo sono stati contattati i primi iscritti che stanno già prestando la loro opera dove c’è bisogno.

Ricordo qui che in ogni caso i partecipanti vengono sostenuti economicamente, offrendo loro uno stipendio, un rimborso, vitto e alloggio o altri tipi di agevolazione, in base al tipo di inquadramento all’interno dell’organizzazione promotrice e alle leggi del paese in cui vanno a prestare servizio. Sul sito ufficiale del Corpo di solidarietà ci sono risposte a molte domande, sia per i partecipanti che per le organizzazioni.
Se vuoi partecipare e condividi anche tu i principi e la missione del Corpo… non ti resta che iscriverti!
Potrai definire i periodi in cui saresti disponibile, elencare le tue conoscenze ed esperienze se ne hai, e avere la possibilità di ricevere una proposta di partecipazione a un progetto.

Per rendere tutto più facile e per festeggiare insieme la Settimana Europea della Gioventù 2017, che si festeggia ogni anno dal 1 al 7 maggio, qui all’Informagiovani dedicheremo la mattinata di martedì 2 maggio alle iscrizioni al Corpo di solidarietà: chi volesse aiuto, assistenza, o anche solo informazioni, potrà venire ed utilizzare i pc disponibili al pubblico o la nostra wifi per registrarsi!

Portate entusiasmo e voglia di fare, vi aspetto!

voucher

Voucher aboliti ma sopravvivono

I voucher o buoni lavoro sono ormai da un po’ di tempo oggetto di particolare attenzione e notizia in continua evoluzione.

Ripercorrendo velocemente le tappe fondamentali, i voucher sono stati introdotti dalla legge Biagi nel 2003 allo scopo principale di far emergere il lavoro sommerso. Inizialmente rivolti a disoccupati di lunga durata studenti, pensionati, casalinghe utilizzabili per una particolare tipologia di lavori ad esempio: piccoli lavori domestici, lezioni private, pulizia di edifici. Poi negli anni  è stato legittimato l’uso per quasi tutti i tipi di lavoro, infatti nel 2012 la legge Fornero ha escluso qualsiasi vincolo nell’impiego del voucher.

Il Jobs Act 2015 ha previsto l’innalzamento del limite economico massimo annuo di compenso percepibile da cinque mila a sette mila euro netti  (due mila euro per committente), con il divieto di utilizzo nell’esecuzione di appalti e con obbligo di tracciabilità.

In parole semplici il voucher viene  acquistato dal datore di lavoro ad un valore di 10 € e alla riscossione il lavoratore percepisce 7,50 €, la differenza si concretizza in contributi.

Inoltre con il Job Acts è stata confermata la possibilità, per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, di effettuare prestazioni di lavoro accessorio, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro (lordo 4.000 euro) di compenso per anno.

La liberalizzazione nell’utilizzo dei voucher ha portato sicuramente ad una emersione del lavoro nero ma anche a molti abusi. Infatti molti datori di lavoro attivavano il buono solo quando scattavano i controlli, in modo che il lavoratore risultava in regola in quel momento e quindi con un solo buono venivano retribuite molte ore di lavoro.

Ecco che a marzo 2017 nel decreto legge n.25, pubblicato a tempo di record in Gazzetta Ufficiale, vengono aboliti i voucher, quindi dal 17 marzo è vietato l’acquisto dei voucher.

Quelli già acquistati possono essere utilizzati fino al 31 dicembre 2017.

Come specificato nella nota del sito Inps, è attivo il servizio on line per attivazione, riscossione e rimborso dei voucher fino a fine anno.

Colpo di coda finale, ripristinata l’emissione dei voucher baby sitting, con una nota dell’INPS emessa ieri,  30 marzo 2017, a seguito  di una risposta affermativa ricevuta dal Ministero del Lavoro e dal Dipartimento Politiche per la Famiglia.

L’Istituto comunica di aver modificato la procedura in modo da consentire l’emissione dei voucher baby sitting – contributo asilo nido visto che non è stata prevista l’introduzione di strumenti alternativi per l’erogazione del beneficio dopo l’abrogazione dei voucher.

Quindi resta la possibilità per la madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, di scegliere la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting o per gli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.

Contributo prorogato per il 2017 e 2018 che continuerà con la stessa modalità dei voucher corrisposti in modalità telematica, secondo le istruzioni fornite dall’INPS con la circolare n. 75/2016, che contiene anche la procedura da seguire per l’utilizzo telematico dei buoni lavoro.

Per ulteriori aggiornamenti dedicheremo spazi ad hoc nel nostro blog visto il tema caldo.

Professionisti delle vacanze: secondo appuntamento!

Tutto pronto per il secondo appuntamento di Professionisti delle vacanze, il format dell’Informagiovani di Ancona pensato per far incontrare i potenziali professionisti delle vacanze con gli operatori del settore.

Durante l’incontro avrete modo di conoscere da vicino 4 agenzie di animazione e la loro offerta per la stagione estiva.

Ciascuna agenzia, infatti, presenterà le figure ricercate e le proprie attività e rimarrà a vostra disposizione per chiarire tutti i vostri dubbi e le vostre curiosità.

Alla fine della presentazione, i partecipanti potranno sostenere i colloqui di selezione con tutte o solo con alcune delle 4 agenzie.

Per partecipare ai colloqui occorre avere un c.v. con foto da lasciare alle agenzie.

Se no lo avete o semplicemente volete qualche consiglio su come migliorarlo, potete rivolgervi all’Informagiovani.

Le figure ricercate sono non solo quelle strettamente attinenti all’animazione turistica ma anche figure di altri tipo. Quali? Lo scoprirete giovedì.

Gli aspiranti professionisti delle vacanze dovranno possedere il requisito della maggiore età entro giugno 2017.

L’appuntamento è per giovedì 16 marzo all’Informagiovani.

L’incontro è gratuito ma è necessario iscriversi a questo link.