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Cosa succede dopo la Brexit?

Dopo più di tre anni di passi avanti e passi indietro, quello che non avremmo mai voluto vedere purtroppo è successo: il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio scorso, dopo averne fatto parte per 47 anni.

Cosa significa? Che cosa cambia per chi vuole viaggiare, studiare o lavorare in UK? Vediamo quali sono le prospettive e, soprattutto, quali sono le fonti di informazione da tenere presenti per rimanere aggiornati, dato che tutto in questo momento è in fase di definizione.

La pagina dedicata del sito del Ministero degli esteri italiano riporta i passaggi finora avvenuti di questa triste storia e chiarisce che uno degli aspetti fondamentali su cui lavorare è lo status dei cittadini italiani residenti nel Regno Unito (oltre a quello dei cittadini britannici in Italia) per i quali si spera vengano riconosciuti i diritti già acquisiti).

Intanto diciamo subito che fino al 31 dicembre 2020 continueremo a essere nel periodo di transizione, chiamato transizione post-Brexit, durante il quale le norme che regolano le attività di cittadini, consumatori, imprese, investitori, studenti e ricercatori, sia in Europa che in UK, non subiranno sostanziali cambiamenti. Durante questo periodo di transizione, che potrà essere prolungato, UK e UE si impegneranno a negoziare gli accordi che definiranno le relazioni future tra i due, dato che comunque l’UE rimane un partner importante per il Regno Unito, e viceversa. 

L’uscita del Regno Unito naturalmente porterà una maggiore difficoltà, sia in uscita che in entrata, di circolazione delle persone, delle merci e dei capitali, con svantaggi, probabilmente sottovalutati da chi ha spinto in questa direzione, per entrambe le parti. Mentre aspettiamo di capire come cambieranno le cose nei dettagli, ecco alcune ipotesi su cui cominciare a ragionare, dal punto di vista di chi è interessato ad andare in UK nel prossimo futuro. 

Dal momento in cui il Regno Unito non fa più parte dell’UE, e terminato il periodo di transizione, per andare in UK diventerà necessario il passaporto e si dovrà chiedere, e ottenere, un visto d’ingresso.  Il visto è un documento che un cittadino di un altro paese deve chiedere prima di partire, e che viene rilasciato, se ci sono le condizioni, per scopi ben definiti: può essere per turismo, lavoro, ricongiungimento familiare, per studio, per affari, ma ce ne sono tante altre tipologie.

Entrare nel Regno Unito per turismo resterà probabilmente la motivazione per cui sarà relativamente facile ottenere un visto, soprattutto per i cittadini dell’UE. Il turismo è infatti uno dei settori economici in crescita, che contribuisce in maniera notevole alla ricchezza del paese. Bisogna però ricordare che in genere i visti di questo tipo non permettono né di studiare né di lavorare nel paese che li ha concessi.

Per quanto riguarda studiare in una università in UK, il sito ufficiale dedicato ha già preparato una serie di informazioni e risposte per chi sogna una formazione in stile Harry Potter. Se da un lato le università hanno tutto l’interesse di avere un alto numero di iscritti anche tra gli studenti internazionali (la formazione è anch’essa un business), dall’altro le restrizioni imposte potrebbero causare, tra l’altro, un aumento delle rette universitarie. Ricordiamo che al momento i cittadini UE hanno accesso non solo alle università ma anche a benefici di tipo finanziario (borse, agevolazioni, fondi dedicati).

Le università hanno, in UK come altrove, un ruolo fondamentale nella crescita non solo economica del paese e dell’area in cui si trovano, oltre che nelle relazioni culturali internazionali. Chi si trova al momento in UK e sta studiando là non vedrà cambiamenti nel proprio status di immigrato per tutto il periodo di transizione. Chi si iscriverà a corsi universitari ancora per gli anni accademici 2019/2020 e 2020/2021 si vedrà riconosciuti gli stessi diritti che avevano gli studenti cittadini dell’UE prima della Brexit, senza un aumento, per ora, dei costi di ammissione. Anche il programma Erasmus+ continuerà a funzionare come prima fino alla fine del 2020, e chi ha ottenuto una borsa o un finanziamento con questo programma continuerà a beneficiarne fino alla fine del periodo previsto, mentre per gli anni successivi al 2021 non sappiamo ancora se il Regno Unito resterà uno dei partner del programma o meno. Lo stesso sarà per il programma europeo Horizon, che interessa i ricercatori: fino a tutto il 2020 il Regno Unito ne beneficerà ancora.

L’argomento che solleva maggiori problemi è la circolazione dei lavoratori, che con la Brexit verrà sostanzialmente modificata. Come già detto, chi è già residente nel Regno Unito da almeno 5 anni ha garantita la possibilità di rimanere a tempo indeterminato (settled status). Per chi non ha ancora raggiunto i 5 anni di residenza, o entrerà nel Regno Unito entro la fine del 2020 c’è la possibilità di fare domanda per ottenere lo stesso permesso (pre-settled status).

Secondo quanto dichiarato proprio in queste ore dal governo britannico, in futuro la concessione dei visti per lavoro sarà determinata da diversi fattori, tutti piuttosto restrittivi. Anche nel caso in cui una persona abbia trovato un datore di lavoro disposto ad assumerlo, per ottenere il visto saranno necessarie altre condizioni. Il nuovo sistema di concessione dei visti per lavoro si chiama UK’s point-based immigration system e prevede un sistema a punti. Chi vorrà andare a lavorare nel Regno Unito ne dovrà totalizzare almeno 70: i punti si acquisiscono con la conoscenza della lingua inglese, un livello di istruzione elevato (saranno favoriti i ricercatori), un’offerta di salario che superi un certo livello e qualifiche professionali relative ai settori di interesse per il Regno Unito, nei quali c’è carenza di personale. 

In breve, l’idea è quella di allinearsi alle politiche di immigrazione, piuttosto rigide, di paesi come l’Australia. Da più parti è stato messo in evidenza che lasciare fuori lavoratori meno qualificati, e definire come low-skilled (poco qualificati) certi tipi di lavoratori, avrà un impatto negativo, soprattutto in quei settori che finora ne hanno fatto largo utilizzo (turismo, accoglienza, ristorazione, agricoltura e servizi alla famiglia) che non disporranno della manodopera necessaria. Già nel 2019 gli agricoltori lamentavano un calo dell’arrivo di lavoratori dall’UE, probabilmente scoraggiati dalle notizie sulla Brexit o che hanno deciso di non investire energie e tempo in un paese che non sembra voler loro offrire un futuro sicuro e dignitoso.

Nell’attesa di accordi negli altri ambiti che ci auguriamo vantaggiosi per tutti i cittadini UE e UK, non abbiamo che da prendere esempio da questa vicenda, per capire il valore delle libertà conquistate con l’Unione europea, e i vantaggi offerti ai cittadini dei paesi membri.

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Informazioni e recruitment per le professioni sanitarie

Tra le professionalità più ricercate in paesi verso cui molti giovani vorrebbero emigrare, come UK e Germania, ci sono tutte quelle legate al settore sanitario e assistenziale.

Il generale innalzamento dell’età media e l’aspettativa di vita sempre più lunga che interessano soprattutto i paesi occidentali comportano una crescente necessità di personale dedicato all’assistenza di persone anziane con varie patologie. Questo significa che per chi sta studiando nel settore sanitario o ha già una preparazione professionale ha buone opportunità di lavoro in vari paesi.

I servizi per il lavoro del Regno Unito, ad esempio, segnalano nella shortage occupation list ufficiale (cioè un elenco di professioni per le quali nel paese non si trovano lavoratori) proprio le professioni sanitarie, cioè i medici con varie specialità, gli addetti all’assistenza alla persona a tutto tondo e gli infermieri. Diversamente dall’Italia, sia le strutture pubbliche che quelle private assumono personale prevalentemente rivolgendosi ad agenzie specializzate nella selezione di personale sanitario.

Gli studenti e i laureati delle università italiane, in questo ed altri settori, sono molto apprezzati per la loro preparazione, e ogni anno diverse agenzie da vari paesi europei girano le città universitarie e partecipano a fiere ed eventi specifici per conoscere potenziali candidati da assumere.

Ed è proprio con questo scopo che abbiamo organizzato, per venerdì 23 marzo, un evento di informazione e reclutamento dedicato agli studenti, ai laureandi e ai neolaureati delle Facoltà sanitarie dell’Università Politecnica di Ancona, in collaborazione con l’agenzia Jark Recruitment Belfast.

Le posizioni offerte sono in Irlanda del Nord e UK e riguardano infermieri, fisioterapisti, ostetriche e altre specializzazioni mediche, ma anche OSS e addetti all’assistenza alla persona.

L’agenzia offre anche la possibilità agli studenti di svolgere un tirocinio estivo retribuito come care assistant, della durata di due mesi, un’ottima opportunità per migliorare il livello di conoscenza dell’inglese, sperimentare un contesto lavorativo nuovo, fare un’esperienza professionale e umana formativa.

L’evento si terrà qui all’Informagiovani di Ancona, la partecipazione è gratuita e qui c’è il form per iscriversi e assicurarsi un posto in sala, a presto!

Professioni sanitarie all'estero

Professioni sanitarie all’estero

Lo sapevate che i nostri medici e infermieri sono molto ricercati all’estero per la loro preparazione?

Da tempo infatti ospedali e strutture private di paesi che abitualmente sono mete di migrazione per lavoro si sono organizzati per una ricerca efficace delle professioni sanitarie di cui hanno bisogno, reclutando professionisti in altri paesi, spesso attraverso agenzie specializzate.

Ma chi sono i candidati ideali e quali sono le professioni sanitarie più richieste?

I candidati che possono essere presi in considerazione sono ovviamente laureati, possibilmente con un po’ di esperienza (ma non è sempre richiesta) e naturalmente con una conoscenza almeno intermedia della lingua del paese di destinazione, o almeno la disponibilità a frequentare un corso di lingua prima dell’assunzione.

Le professioni sanitarie più ricercate sono naturalmente gli infermieri, ma anche le ostetriche e altri medici specializzati, ad esempio nelle specialità attinenti le malattie legate all’invecchiamento della popolazione, tendenza piuttosto diffusa in Europa.

Se state studiando medicina o infermieristica e siete pronti a valutare buone opportunità di lavoro e carriera anche fuori dall’Italia (dove a dire il vero anche questo settore non brilla per ricchezza di possibilità di impiego e soddisfazione professionale), ecco due buone occasioni da non perdere.

Recruiting Day a Civitanova Marche con 2b1 International, per posizioni di infermieri, infermieri pediatrici e ostetriche, il prossimo 21 settembre. Gli impieghi proposti sono in Germania e nella Svizzera tedesca. I selezionati saranno avviati ad un corso di tedesco di 5 mesi che si svolgerà a Civitanova.
Attenzione è necessario inviare il proprio cv entro il 10 settembre!

Incontro informativo e di recruiting “Come and wok in the UK!” qui all’Informagiovani il 20 ottobre, con la referente italiana dell’agenzia Kate Cohwig. Le professioni sanitarie ricercate per posizioni in UK sono infermieri e infermieri pediatrici, anche senza esperienza. Durante l’incontro verranno spiegate tutte le modalità di accesso a queste opportunità, i tempi necessari e i vantaggi.

Vi aspettiamo!

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Brexit, keep calm and…parliamone

L’esito del referendum del giugno 2016 in UK, che ha preso il nome di Brexit, ha sollecitato molte discussioni sul presente e sul futuro di tutte le persone straniere presenti sul territorio britannico, e sulle limitazioni e possibilità per coloro che vorranno andarci a studiare e lavorare in futuro.

Vale la pena di ricordare che l’esito di un referendum, in Italia come altrove, non è immediatamente operativo, ma va tradotto in leggi e regolamenti integrativi (o sostitutivi) di ciò che esiste già.

Nel caso della Brexit, termine creato dall’unione di Britain ed exit, il referendum ha dato l’avvio a una serie di atti che porteranno, in un tempo relativamente breve, ad un nuovo stato di cose nelle relazioni dell’antica Albione con il resto dell’UE.

L’uscita dall’Unione, anche se nessuno si aspettava che accadesse, è prevista e regolamentata dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea. La procedura prevede che dalla data della notifica dello stato membro uscente (nel nostro caso il 29 marzo 2017) passino due anni. In questo periodo di tempo Regno Unito e UE dovranno negoziare un accordo che disciplini le modalità dell’uscita (aggiornamento: la data dell’uscita della Gran Bretagna dall’EU è stata prorogata dal 29 marzo 2019 al 31 ottobre 2019).

In pratica significa che si comincia ora a definire le condizioni che regoleranno i reciproci rapporti. L’accordo dovrà tenere conto di molti aspetti che riguardano le relazioni tra paesi: l’immigrazione, certo, ma anche le questioni commerciali, fiscali, giuridiche.

Per chi si trova già in UK, le condizioni non sono cambiate e si sta già parlando di mantenere immutati i diritti e le condizioni di cui si è goduto finora. Le autorità britanniche hanno dichiarato che intendono garantire il diritto di residenza permanente ai cittadini che siano legalmente residenti prima di una certa data, la cosiddetta cut-off date, che però è stata più volte posticipata.

Ma rimaniamo a quello che nell’immediato ci interessa di più: potremo ancora andare a lavorare o studiare in UK? E quanto sarà difficile? La risposta in generale è sì, solo le modalità potranno essere un po’ diverse e più complesse rispetto a quelle adottate finora. Spesso infatti non ci rendiamo conto di quali vantaggi ci garantisca il fatto di essere parte dell’UE.

Come succede già per altri paesi extra UE, mete di migrazioni da paesi con condizioni economiche svantaggiate, le limitazioni potrebbero essere relative soprattutto all’ingresso per motivi di lavoro. E’ probabile che si prevedano agevolazioni per l’immigrazione di persone qualificate, che conoscono la lingua del paese dove vogliono trasferirsi, piuttosto che per chi non ha specifiche professionalità e va un po’ allo sbaraglio sperando di cavarsela comunque.

Per quanto riguarda andare a studiare in UK invece non dobbiamo dimenticare che la formazione è anche e sempre più una fonte di ricchezza per chi la fornisce, e quindi è difficile che venga realmente ostacolato l’ingresso di studenti. Chiaramente stiamo facendo delle supposizioni di quelli che saranno gli scenari futuri, dato che di certo e deciso non c’è ancora molto.

Per il momento di certo sulla possibilità di studiare in UK c’è che per l’anno accademico 2017/2018 saranno garantiti per tutti gli studenti UE aiuti economici e sussidi come in precedenza. Restano inoltre immutate le possibilità di usufruire di finanziamenti del programma Erasmus+ a cui la Gran Bretagna aderisce indipendentemente dalla Brexit.

Sicuramente rimangono valide le considerazioni che facciamo di solito per chi pensa di andare all’estero per un periodo più o meno lungo. Prima di tutto, prepararsi per tempo e informarsi bene per quanto riguarda i documenti da presentare. Consiglio in particolare di non improvvisare, dato che le regole per l’immigrazione, escluso lo spazio europeo, cambiano anche molto rapidamente.

Se l’argomento vi interessa, vi consiglio queste due risorse ufficiali da seguire: la pagina dedicata alla Brexit dell’Ambasciata d’Italia, e la pagina ufficiale UK sull’immigrazione.

In conclusione, keep calm and good luck everybody!