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Cv per l’estero

Tra le prime questioni da affrontare per andare a fare una esperienza di lavoro all’estero c’è il cv!

Preparare un cv per candidarsi o rispondere a un’offerta di lavoro all’estero presenta difficoltà aggiuntive, rispetto a quando se ne crea uno per il proprio paese. Solo per elencare le principali, ci sono la lingua, la traduzione delle proprie mansioni e titoli di studio e la differenza culturale. Ma non ci facciamo scoraggiare prima del dovuto.

Come si fa? Da dove si comincia?
Intanto diciamo subito che non bisogna semplicemente tradurre il cv italiano nella lingua del paese di destinazione. Va fatta una vera e propria trasposizione (come quando si trasforma un libro in un film) dei contenuti da una cultura a un’altra, adattando parole, espressioni, mansioni, formati e, soprattutto, l’approccio alla candidatura di lavoro.

Il primo strumento che ci viene in aiuto è il cv Europass, o formato europeo, studiato proprio per facilitare la creazione di un documento utile per la mobilità dei lavoratori in Europa, come abbiamo già detto qui, che sia comprensibile e riconoscibile nei vari paesi.

Ci sono però due aspetti per quanto riguarda il cv europeo, che non sempre lo rendono la miglior soluzione se state per creare il vostro cv per l’estero.
Il primo elemento da considerare è il destinatario: il cv infatti non è vostro ma, si potrebbe dire, del lettore! Cosa significa? Significa che mentre lo scrivete pensate alle vostre esperienze, studi e abilità, ma che vi dovete concentrare allo stesso modo sul destinatario. Che cosa cerca? Che cosa vuole sapere? E questo, come ripetiamo spesso, vale sempre quando preparate il cv, non solo per l’estero!

Il secondo elemento è la cultura della candidatura dei diversi paesi, cioè qual è la prassi, l’abitudine, come si fa di solito il cv nel paese dove volete andare.

Il cv europeo in genere è accettato nei paesi dell’Europa continentale, come la Francia, la Germani e la Spagna.
Sul sito ufficiale Europass c’è il form dedicato (nelle varie lingue)per inserire passo passo le informazioni e per scaricarlo una volta completato.

Non è invece apprezzato nei pesi anglosassoni e scandinavi, che preferiscono il cv detto appunto all’inglese. Vediamo come è fatto, partendo dalla struttura, che è abbastanza diversa, a partire dalla lunghezza (se non avete tantissime esperienze una pagina può bastare) e dall’organizzazione abbastanza schematica delle informazioni.

Vediamo come è fatto, partendo dalla struttura, che è abbastanza diversa, a partire dalla lunghezza (se non avete tantissime esperienze una pagina può bastare) e dall’organizzazione schematica delle informazioni.
Per cominciare viene dedicato molto meno spazio ai dati personali, che possono essere usati in maniera discriminatoria, oltre al fatto che spesso non hanno a che vedere con le vostre capacità e la posizione per cui vi presentate. Quindi nome, cognome e contatti in genere sono sufficienti.

La seconda sezione nel cv all’inglese è il Profile o Professional objective, poche righe di presentazione di delle proprie capacità, interessi, progetti per il futuro. Per noi spesso questa parte è difficile perché non siamo abituati a sintetizzare il nostro profilo professionale in questo modo, ma dopo aver visto alcuni esempi tutto è più facile.

Per quanto riguarda le esperienze professionali e la formazione, spesso si usa indicare mese e anno, a volte solo l’anno. Le informazioni vengono sintetizzate al massimo, usando parole chiave molto precise per definire mansioni, titoli, responsabilità e risultati.

Una parte rilevante, importante, è quella delle competenze trasversali, o soft skills, di cui abbiamo parlato tantissimo e in varie occasioni, e a cui abbiamo dedicato anche un format specifico, il nostro Be Smart. Sono tutte quelle capacità che non sono strettamente connesse al settore di cui ci occupiamo o alla nostra mansione, ma che definiscono e danno valore al modo in cui facciamo il nostro lavoro. Sono sempre più importanti in tutti i settori e in ogni paese, e qui ce ne sono solo alcune, in inglese, come esempio.

Nel cv all’inglese un ruolo importante ce l’hanno anche le attività extra-lavorative, ad esempio volontariato, sport, interessi personali, associazioni e gruppi di cui facciamo parte. Attività che riguardano la nostra sfera sociale, ricreativa, e che in breve ci definiscono meglio come persone, e non solo come lavoratori.

Vediamo anche qualche breve indicazione per preparare il cv per andare a lavorare in altri paesi, secondo quanto ci è stato indicato dai referenti Eures.
Il cv spagnolo, un po’ come quello italiano, deve essere creato pensando al destinatario: è importante che sia ben strutturato, di facile (e se possibile anche gradevole) lettura, sintetico ma completo delle informazioni rilevanti. L’ideale è non superare le due pagine di lunghezza, ed evitare (come sempre) errori di ortografie e battitura. Per questo è sempre utile farlo leggere ad un’altra persona, prima di inviarlo.

Il cv preparato per un lavoro in Svezia richiede un po’ di creatività: è importante che sia semplice, accattivante, con una particolare attenzione anche al layout, possibilmente personale, originale. Si può scegliere, un po’ come facciamo anche noi, se mettere prima le esperienze di lavoro o la formazione, e si preferisce l’ordina cronologico inverso (prima le esperienze più recenti e poi via via più datate, ma senza andare troppo indietro nel tempo). Le date vanno scritte indicando anno, mese, giorno, ed è consigliabile includere solo le informazioni rilevanti per la posizione desiderata.

In Olanda si preferisce un cv breve, semplice e to the point, cioè che sia creato appositamente per la posizione e includa solo le informazioni rilevanti. A differenza di molti altri paesi, esperienze e formazione vanno elencate seguendo l’ordine cronologico. Anche in Olanda i selezionatori sono interessati a sapere in quali attività vi occupate nel tempo libero, meglio se in qualche modo collegate al settore o alla mansione desiderata. E’ importante poi che il cv, anche qui di una, massimo due pagine, contenga dati e informazioni, mentre le motivazioni, le aspirazioni e simili vanno espresse nella lettera di accompagnamento. La lettera va scritta in olandese, a meno che nell’annuncio non sia specificato diversamente.

Il cv per la Danimarca può estendersi alle due pagine ma è importante che sia ben focalizzato sulla posizione desiderata e sulle richieste dell’azienda. Nella lettera di presentazione assicuratevi di includere le informazioni che rispondono accuratamente ai requisiti richiesti nell’annuncio, e di specificare che cosa l’azienda guadagnerà assumendo voi, più che quello che voi vi aspettate di imparare o ottenere dalla posizione. Naturalmente i selezionatori si aspettano anche di capire come mai avete scelto proprio quell’azienda.

Per la Norvegia il cv può essere scritto in inglese o in un’altra lingua scandinava. Pur non dovendo includere allegati e documenti, bisogna essere pronti a fornirli, dato che potrebbero essere richiesti, una volta visionato il cv. La lunghezza consigliata è sempre quella tra una e due pagine, e anche qui tra i dati personali sono sufficienti il nome e il cognome, l’indirizzo, e i contatti. Non è richiesta la foto.

Ultime indicazioni per facilitarvi il lavoro, in particolare per quanto riguarda la traduzione e la trasposizione delle figure professionali e dei titoli di studio.
Per le figure professionali vi suggerisco di utilizzare il portale europeo ESCO, che raccoglie le definizioni, complete di mansioni e competenze, della totalità (o quasi) delle figure professionali in Europa. Attraverso la maschera di ricerca potete trovare la descrizione della posizione che vi interessa e vedere le stesse informazioni nella lingua di destinazione, selezionandola dall’elenco nella parte gialla al centro.

Per l’equiparazione dei titoli di studio, cioè per capire ed esprimere correttamente a quale livello della classificazione internazionale il vostro titolo corrisponde, c’è il sito dell’ENIC-NARIC.

Bene, non vi resta che cominciare!

 

Cv a puntate: esperienze di lavoro

Cv a puntate: esperienze di lavoro

Abbiamo visto come gestire le sezioni del cv che riguardano i dati e contatti personali e la formazione: è ora di occuparci delle esperienze di lavoro!

Nel cv le esperienze di lavoro sono sicuramente tra le più importanti e spesso le prime che si vanno a guardare, soprattutto se ce ne sono diverse. Ma cosa devi metterci? E come? Ecco alcune linee guida.

Prima di tutto è necessario ricordare un concetto fondamentale, e cioè che il cv non è un elenco di contratti di lavoro. Non serve, e anzi è una pessima mossa, copiare i tutti i dati relativi ai contratti che hai avuto in questa sezione del cv. Nel caso un datore di lavoro sia interessato a questi dati, c’è la scheda professionale, quella serie di fogli illeggibili (diciamolo) che ti rilascia il Centro per l’impiego, e nei quali vengono riportati i giorni precisi di durata dei tuoi contratti, il tipo di contratto collettivo nazionale applicato, il livello, la mansione contrattuale, la ragione sociale del datore di lavoro, e tanto altro.

Molti inciampano, per così dire, proprio qui. Questa parte del cv si chiama, non per niente, esperienze di lavoro, o esperienze professionali, ed è così per almeno due motivi.

Il primo è la chiarezza e la necessità di far capire a chi legge quali competenze hai in pratica: bisogna indicare le esperienze e le mansioni effettivamente svolte (quante volte nel contratto sono scritte mansioni che non dicono niente di quello che effettivamente hai fatto?) nelle varie occasioni. Se sul tuo contratto c’è scritto “operaio” ma tu hai fatto il banconista in una pizzeria, come fa a capirlo il tuo prossimo datore di lavoro, se sul cv riporti solo la mansione del contratto? Pensaci.

Il secondo è che non a tutte le esperienze corrisponde un contratto. Eh no, vero? Non ci giro intorno, perché il lavoro nero è una diffusissima (triste) realtà, e non dal tempo della cosiddetta crisi, ma da ben prima. A molti, soprattutto giovani, capita di lavorare in nero, cioè senza nessun tipo di contratto formale che regoli gli accordi tra lavoratore e datore di lavoro. Queste sono comunque esperienze lavorative, esperienze che stai facendo o che hai fatto e che ti hanno permesso (oltre che di mantenerti, o di poterti permettere un viaggio o qualche spesa ) di imparare a fare qualcosa, di capire come funziona un certo settore, cosa significa lavorare, come funziona un call center o l’organizzazione di un ristorante.

La risposta quindi è sì, puoi inserire nel cv i lavori che hai fatto in nero, occasionalmente o meno, ma che sono significativi per la tua personale formazione o percorso, o che servono per dimostrare che non hai passato gli ultimi mesi o anni senza fare niente. Spesso chi ha lavorato in nero non vuole inserire nel cv queste esperienze perché teme sanzioni: ricordo qui che le sanzioni per la mancata assunzione riguardano il solo datore di lavoro, responsabile di non aver regolarizzato la posizione del dipendente, e di conseguenza di non aver pagato tasse e contributi. L’unico caso in cui il lavoratore viene sanzionato è se allo stesso tempo lavora in nero e percepisce sostegni al reddito, ad esempio la NASpI (che è per i disoccupati): in questo caso si tratta di truffa ai danni dell’INPS.

Il cv poi è uno strumento che serve a far capire al prossimo datore di lavoro che cosa so fare. Di fatto chi legge non è interessato a questo aspetto: certo poi dovrai saper comunicare che hai effettivamente svolto quel lavoro, descrivendo le attività e le mansioni. Se preferisci puoi evitare di inserire il nome del datore di lavoro, e rimanere sul generico descrivendo solo il tipo di azienda.

Poi ci sono tutte quelle esperienze diverse da un vero e proprio lavoro ma che ti hanno fatto crescere personalmente e professionalmente o ti hanno permesso di sviluppare qualche competenza personale. Parliamo ad esempio di esperienze di volontariato, tirocinio, alternanza scuola lavoro. Anche queste sono da inserire, soprattutto per i più giovani che, naturalmente, non hanno solide e consistenti esperienze lavorative.

Come vanno descritte e ordinate le esperienze? Per ogni esperienza di lavoro è consigliabile indicare:

  • quando (mese e anno di inizio e di fine dell’esperienza sono sufficienti), che serve a far capire quanta esperienza hai in quel tipo di lavoro
  • la mansione effettiva: è la parola chiave della riga, sceglila bene per far capire cosa hai fatto, ricordati che chi legge non ti conosce, non c’era e probabilmente non è mai stato nel tuo luogo di lavoro. A volte si possono aggiungere le principali mansioni svolte, per specificare ulteriormente: addetto segreteria può significare aver fatto molte cose diverse, meglio spiegare per rendere l’idea del lavoro pratico svolto.
  • dove: in quale tipo di azienda, come si chiama, e in quale città si trova. Nel caso di un lavoro che non ha una sede fissa, scrivi per quale azienda lo hai svolto.

Il modo più diffuso di ordinare le esperienze di lavoro è dalla più recente alla più vecchia, ipotizzando che il lavoro che hai fatto per ultimo sia più professionalizzante dei primi, o più vicino a quello che ti interessa al momento, o sul quale sei più aggiornato/a. Nel caso tu abbia molte esperienze di lavoro, consigliamo sempre di scegliere quelle più pertinenti al tipo di lavoro per cui ti stai presentando, o almeno di accorpare e sintetizzare quelle meno rilevanti.

Molti di noi hanno percorsi non lineari, che includono lavori in settori molto diversi: nel momento della scelta di quali esperienze inserire e come descriverle, il principio che deve guidarci è quello di pensare a che cosa può interessare al possibile datore di lavoro a cui mi rivolgo. E quindi, no al cv fatto una volta per tutte e inviato, senza modifiche o revisioni, a tutti i datori di lavoro e le offerte a cui rispondo. Ogni candidatura va studiata e considerata a sé, anche se il cv è sempre della stessa persona.

Per concludere, anche per la sezione esperienze di lavoro valgono le regole che si applicano a tutto il cv: bisogna essere chiari ma sintetici, dettagliati ma non prolissi. Se ti trovi in difficoltà nel rispettare queste indicazioni, puoi sempre venire a chiedere un confronto con uno di noi.